I Tre Moschettieri – D’Artagnan, la recensione

Il giovane Charles D’Artagnan si reca dalla campagna alla città di Parigi, provvisto di una lettera di raccomandazione, per incontrare il capitano de Tréville e provare ad entrare tra i moschettieri, uno speciale corpo di protezione del Re Luigi XIII. Durante il suo percorso, il ragazzo tenta di sventare un’aggressione rimanendo quasi ucciso e raccoglie la sfida a duello di ben tre uomini che scoprirà ben presto essere proprio i tre moschettieri del Re: Athos, Porthos e Aramis. Ma l’avventura di D’Artagnan è solo all’inizio perché a Parigi si respira un clima di tensione, sia tra le strade che nei luoghi di potere, dove è in atto una cospirazione per indurre a una sanguinosa guerra e ribaltare le sorti della corona.

Stando a Wikipedia sono oltre 20 le trasposizioni cinematografiche del capolavoro letterario di Alexandre Dumas, a cominciare dal cortometraggio di Mario Caserini del 1909; un numeroso stuolo di adattamenti che si è esteso anche al settore dei fumetti (Marvel Comics!), dei musical e, ovviamente, della serialità televisiva. In fin dei conti, quello pubblicato nel 1844 non è solo uno dei caposaldi della letteratura avventurosa e tra i più noti romanzi francesi nel mondo, ma è anche un’opera capace di risultare sempre attuale e d’appeal pur rimanendo necessariamente ancorata a un contesto storico come quello della Francia del XVII secolo. Questo accade perché Dumas era stato capace di tratteggiare dei personaggi che oggi definiremmo evergreen, con dei caratteri e mossi da motivazioni che possono appassionare facilmente lettori di epoche differenti. Questo deve averlo ben compreso Martin Bourboulon, regista del nuovo adattamento per il cinema de I Tre Moschettieri che rimane fedele il più possibile allo spirito, alle atmosfere e – nonostante importanti libertà – alla storia scritta da Dumas.

Il primo dei due lungometraggi che compongono I Tre Moschettieri è dedicato a D’Artagnan (il secondo, in uscita a dicembre, ovviamente porta il titolo Milady), protagonista caparbio ed eroico che – proprio come nel romanzo – si fa occhi e orecchie dello spettatore per scoprire a poco a poco una Parigi irta di pericoli e complotti, per lo più ai danni di Luigi XIII e popolata da personaggi sinistri, misteriosi, ma anche coraggiosi e teneri. L’inizio coincide proprio con l’arrivo di Charles D’Artagnan a Parigi, al suo primo incontro con Milady, e poi al paradossale triplo duello con Athos, Porthos e Aramis, esattamente nelle modalità che conosciamo dalla carta stampata. Quello che Bourboulon e i suoi sceneggiatori Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière decidono di ampliare, è tutta una serie di vicende legate ad Athos e alla cospirazione regale, rendendo il primo più protagonista con un episodio che lo riguarda in prima persona e modificando parzialmente il piano del Cardinale Richelieu per smascherare il tradimento della Regina, con contorno di nozze nobiliari invece che di ballo in maschera. Insomma, piccoli ma significativi cambiamenti che in maniera irrilevante portano anche il moschettiere Porthos a mostrarsi aperto alle relazioni bisessuali.

Lo spirito generale de I Tre Moschettieri – D’Artagnan, però, è esattamente quello che ci aspetteremmo da un film tratto da Dumas, con un senso dell’avventura squisitamente classico, quasi retrò, che ci riporta alla mente i film cappa e spada di un tempo, avvicinandosi più di ogni altro al classico di Richard Lester del 1973, con il quale – non a caso – condivide un Cassel: lì Jean-Pierre Cassel era Luigi XIII, qui il figlio Vincent è Athos!

Bourboulon, che ha diretto anche il dramma storico Eiffel, riesce a mettere in scena dei grandi momenti d’azione che uniscono elaborate coreografie spadaccine con una regia moderna che in alcuni punti osa evoluzioni e pianosequenze; inoltre, c’è un intervento davvero minimo di effetti speciali digitali, con un lavoro imponente di stunt e location dal vivo, con una ricchezza scenografica e di costumi che rende giustizia all’ingente budget del film (70 milioni di euro!).

Anche il cast non delude con François Civil (Bac Nord, Wolf Call) che risulta un’ottima scelta per dar volto a D’Artagnan, ben affiancato da Vincent Cassel, Romain Duris e Pio Marmaï nei ruoli, rispettivamente, di Athos, Aramis e Porthos. Anche Vicky Krieps (Il filo nascosto, Old) appare un’ottima incarnazione della Regina Anna d’Austria e, nella sua grottesca rappresentazione, Louis Garrel funziona come Luigi XIII. Anche se, più di ogni altro, a lasciare il segno è Eva Green come Milady, peccato che in questo primo capitolo abbia poco spazio. Poco spazio che ha anche il Cardinale Richelieu di Eric Ruf e, in un certo senso, Constance, anche se in questo caso Lyna Khoudri sembra meno coinvolta del resto del cast.

Ovviamente, se cercate qualcosa di nuovo o innovativo non è in questa direzione che dovete guardare, I Tre Moschettieri – D’Artagnan è molto classico, quasi in controtendenza se guardiamo al cinema action/avventuroso contemporaneo, caratteristica che potrebbe perfino renderlo poco appetibile al pubblico più giovane. Ma il film di Bourboulon lascia un sentimento positivo a fine visione e, soprattutto, quel “continua” prima dei titoli di coda fa venire voglia di guardare immediatamente il proseguo della storia.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Riesce ad evocare lo spirito e le atmosfere dell’opera di Dumas.
  • È un cinema avventuroso classico, come oggi se ne vede pochissimo.
  • Un bel cast, variegato e per lo più ben scelto.
  • Quel senso di classicità potrebbe risultare indigesto ai più giovani.
  • Rimane tutto in sospeso… in attesa della seconda e ultima parte.
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I Tre Moschettieri - D'Artagnan, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

One Response to I Tre Moschettieri – D’Artagnan, la recensione

  1. Vincenzo Giannone ha detto:

    Bellissimo film incollati alla poltrona con mia moglie

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