Karate Man, la recensione del film di Claudio Fragasso

Mentre su Netflix spopola Cobra Kai, la serie che ha incredibilmente riportato a nuova popolarità il franchise di Karate Kid anche tra chi oggi è troppo giovane per essere cresciuto con quei film, il cinema non sembra troppo interessato a (ri)mettere mano alla nobile disciplina del karate che tra gli anni ’80 e i primi ’90, complici proprio i film con Ralph Macchio, era diventato popolarissimo nella quotidianità di molti ragazzi. Eppure, un outsider come Claudio Fragasso non si sottrae alla causa e dirige Karate Man, un dramma sportivo dagli innesti action e melò che racconta la vera storia di Claudio Del Falco.

Campione europeo di kick-boxing e recentemente anche campione mondiale di karate w.t.k.a., Claudio Del Falco alterna la sua fortuna come atleta marziale con l’attività di attore che in passato lo ha portato a lavorare con Tinto Brass e Ricky Tognazzi. Oggi, però, Del Falco è un divo del cinema action indipendente, dove può mettere in pratica le sue abilità da atleta. E dopo il dramma sportivo sulle arti marziali miste MMA: Love Never Dies (2016) e le collaborazioni con Stefano Calvagna (Rabbia in pugno, Cronaca di un assurdo normale, Non escludo il ritorno), Del Falco è protagonista di un film che racconta la sua stessa vita, Karate Man, per la regia di un mago del b-movie ottantiano come Fragasso.

Mettiamo subito le carte in tavola, però: Karate Man non è un film riuscito ed è lontanissimo sia dal glorioso cinema di genere a cui Fragasso ci ha abituato (Monster Dog, After Death, La Casa 5, Trolls 2) nonché alle sue più ricche e valide produzioni action/drama anni ’90 (Teste rasate, Palermo – Milano: sola andata).

Claudio è un campione di arti marziali ed è titolare, insieme all’amico Valerio, di una palestra a Roma, ma la sua più grande sfida l’ha sempre combattuta con una aggressiva forma di diabete che lo affligge fin da bambino ed ha ereditato da suo padre, maestro di karate. Quando Claudio rimane gravemente ferito durante un incontro e finisce in coma, due strozzini ne approfittano per appropriarsi della sua palestra con dei raggiri illeciti. Ma quando Claudio riesce ad uscire dal coma grazie alla sua forza di volontà e alle cure della sua fisioterapista Laura, il suo unico obiettivo sarà far valere le proprie ragioni e riappropriarsi della palestra, anche se questo vuol dire partecipare a un ultimo incontro che potrebbe essergli fatale.

Ispirato alla vera storia dell’attore protagonista, che davvero soffre di diabete e, nonostante ciò, ha scalato le classifiche mondiali nei campionati di arti marziali, Karate Man può affidarsi a due fattori di successo: la regia di Fragasso, che soprattutto nelle scene di combattimento è vivace e inventiva, e la performance di Del Falco, che ha la classica faccia da “cattivo ragazzo” che al cinema funziona alla grande e ci mette intensità e professionalità nelle scene più fisiche.

Tutto qui. Per il resto Karate Man crolla inesorabilmente sotto il peso di una produzione vistosamente poverissima che deve “accontentarsi” di troppi “ce lo facciamo andar bene”, dagli attori alla messa in scena.

Se escludiamo Stefano Calvagna, che interpreta il poco di buono Pericle, tarato nella comfort zone del romanaccio aggressivo, il giovane Niccolò Calvagna che è Claudio da ragazzino e Stefano Maniscalco, che non è un attore ma un karateka professionista e se la cava molto bene, il cast di Karate Man è alquanto discutibile.

Tra improbabili “cravattari” che appaiono la parodia di se stessi, un’adolescente hacker dal look emo-goth caratterizzata senza avere la più pallida idea di cosa sia un hacker, e una fisioterapista frutto di un casting auto-sabotatorio, Karate Man annaspa nel ridicolo involontario più clamoroso. Non aiutano alcuni espedienti di sceneggiatura – scritta, comunque, dal solido mestiere di Rossella Drudi – troppo macchinosi (il coinvolgimento della hacker con un piano inverosimile) e alcune incursioni nel melò da telenovelas gestite molto male (il fidanzato abuser della fisioterapista, ostacolo a farle vivere la storia d’amore con Claudio). Metteteci anche alcune evitabili cadute nel kitsch (l’allenamento di Claudio per il combattimento finale, fatto di vfx e compositing agghiaccianti) e una gestione del footage sportivo e dei filmati d’archivio molto grezza (ad un certo punto si vede anche un Iron Man della Marvel in CGI di dubbia provenienza per giustificare il soprannome del protagonista).

Da citare la colonna sonora di Demo Morselli che nel tema principale riecheggia note che ricordano il classico dei classici, Rocky, proprio come si faceva nel cinema italiano negli anni ’80.

Curiosa citazione all’inizio del film: l’avversario del protagonista sul ring si chiama Olivier Assayas, come il regista di Personal Shopper e Sils Maria.

Insomma, se a fine anni ’80 Karate Kid diede vita in Italia alla saga di successo Il ragazzo dal kimono d’oro con Kim Rossi-Stuart, oggi il rinnovato interesse per il karate probabilmente generato da Cobra Kai ha fatto sì che Karate Man diventasse realtà. Ma il confronto tra il dramma adolescenziale anni ’80 e il dramma maturo di oggi è vinto per k.o. tecnico a favore del primo.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’innegabile presenza scenica di Claudio Del Falco.
  • L’estro registico di Claudio Fragasso.
  • Il 95% degli interpreti.
  • Alcuni espedienti di sceneggiatura, improbabili e macchinosi.
  • La gestione del footage, l’utilizzo degli effetti.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Karate Man, la recensione del film di Claudio Fragasso, 5.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.