La Fratellanza, la recensione

Il cinema carcerario è un filone praticato da majors e realtà più indipendenti con cadenza periodica, a testimonianza che riesce a risultare sempre di tendenza senza la necessità di cavalcare essenzialmente nessuna tendenza. In questi ultimi mesi, poi, grazie al successo di critica di pubblico della miniserie di HBO The Night Of, questo genere ha guadagnato popolarità anche sul piccolo schermo, consacrandolo su un’audience ancora più vasta. In questo panorama, senz’altro positivo per il prison-movie, va ad inserirsi La Fratellanza, solido dramma carcerario (ma non solo) che riesce a fornire una visione originale sul genere.

La Fratellanza, che in originale si intitola Shot Caller, può essere considerato l’ideale compimento di una trilogia iniziata nel 2008 con Felon – Il colpevole e proseguita, nel 2013, con Snitch – L’infiltrato. A dar vita a questo arco narrativo di genere lungo nove anni è Ric Roman Waugh, ex poliziotto che ha mosso i primi passi nel cinema in veste di stuntman. Waugh ha lavorato sotto copertura in una prigione della California per due anni e conosce molto bene il sistema giudiziario e la cruda vita che i detenuti conducono dietro le sbarre, dove a dettar legge non è lo Stato, bensì un sistema interno guidato dalle gang.

Jacob Harlon è un uomo d’affari di Pasadena: ha una vita praticamente perfetta, con una bella moglie e un dolcissimo bambino appena nato. Tutto questo crolla nel momento in cui, ubriaco al volante, Jacob causa un incidente mortale in cui perde la vita il suo migliore amico. Accusato di omicidio colposo, l’uomo è condannato a scontare due anni in prigione, ma qui la sua vita e la sua morale sono messe in discussione e Jacob si vede costretto a cedere alle logiche delle gang criminali per sopravvivere. Ribattezzato Money per il suo passato nella finanza, Jacob dovrà tirare fuori un aspetto di se che non conosceva, aderendo alla gang della Fratellanza Ariana.

Guardando La Fratellanza si nota immediatamente che è il film è scritto con cognizione di causa. Non si tratta di un prison-movie sensazionalistico alla maniera di Hollywood, ma siamo di fronte a un dramma molto crudo che riflette sulla forza di adattamento dell’essere umano e sullo spirito di sopravvivenza che può cambiare un uomo rendendolo irriconoscibile a chi gli sta attorno e perfino a se stesso. Waugh, che ha anche scritto la sceneggiatura, non rinuncia a un racconto narrativo costruito in tre atti, con tanto di colpo di scena, ma riesce a rimanere incredibilmente ancorato alla realtà, senza perdere mai di vista il fulcro primario del film.

 

In questo contribuisce molto l’intensa interpretazione di Nikolaj Coster-Waldau, che aveva già dimostrato di essere uno straordinario attore drammatico in Second Chance di Susan Bier e qui conferma la sua bravura al di fuori del fandom di Game of Thrones. Il suo Jacob Harlon è la perfetta sintesi della schizofrenia insita naturalmente in ogni uomo: da mansueto, educato e anche un po’ snob uomo d’affari a spietato esponente di una gang neonazista; un’escalation che lo porta a commettere gli atti più estremi, compreso l’omicidio, con una determinazione dettata solo dalla voglia di sopravvivere e poter riabbracciare, un giorno, moglie e figlio. Nei suoi occhi si vede perfettamente che quel mondo non gli appartiene e che ogni deplorevole azione è commessa con sdegno e schifo, ma va comunque avanti per la strada della “perdizione” per non essere sottomesso a un sistema che, paradossalmente, non riabilita i criminali, ma ne forma di nuovi.

Sotto questo punto di vista, La Fratellanza ha molto in comune con The Night Of, come si accennava, mostrando la trasformazione netta e irreversibile di una persona a causa del sistema carcerario (americano?). Gli anni che Waugh ha passato sottocopertura in prigione hanno fatto si che cogliesse le dinamiche criminali che si estendono al di fuori dei carceri ma legate ai boss reclusi, un dato disarmante che mette i brividi e che in La Fratellanza è mostrato con una lucidità e chiarezza esemplare.

 

Ovviamente qualche neo nel film c’è ed è legato soprattutto all’esperienza di Jacob fuori dal carcere e alle dinamiche con l’agente Kutcher, che tendono a complicare inutilmente una vicenda mai lineare (il film è costruito su due piani temporali incastrati) ma sempre chiarissima.

Un piccolo (è costato “solo” 10 milioni di dollari) grande film che porta a compimento un percorso cinematografico legato all’esplorazione del mondo carcerario: La Fratellanza non solo è il miglior capitolo della trilogia di Waugh (e il suo miglior film in generale), ma anche uno degli esempi più felici e compiuti di prison-movie contemporaneo.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un dramma carcerario intenso, credibile e coinvolgente.
  • Nikolaj Coster-Waldau dà un’ottima prova d’attore.
  • Qualche inutile complicanza narrativa.

 

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La Fratellanza, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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