La sala professori, la recensione
“Ǫuello che succede nella sala professori, rimane nella sala professori!”
Puoi studiare quanto vuoi, ma per diventare un bravo insegnante devi imparare facendo. E mettendoci la faccia.
Carla Nowak (Leonie Benesch) sembrerebbe averlo capito bene, trasferitasi da poco dalla Polonia in Germania, insegna matematica ad una classe di seconda media. Nonostante si approcci ai propri studenti con rispetto, attenzione e delicatezza si renderà conto che, pur essendo una professoressa fantastica, insegnare e soprattutto mantenere la fiducia dei propri alunni è estremamente difficile.
Il contesto scolastico in cui si snoda la vicenda è fin da subito carico di tensione, nella scuola infatti opera indisturbato da molto tempo un ladro che, senza ritegno, ruba sia al corpo docenti che agli alunni. Immediatamente i sospetti si direzionano verso gli studenti. Chi ruberebbe se non un ragazzino? Iniziano così gli interrogatori e le perquisizioni che, come un piccone, iniziano a scalfire la fiducia degli alunni verso chi dovrebbe istruirli e proteggerli.
Dopo che Carla, stufa della situazione di tensione e in disaccordo con la teoria che il ladro si nasconda tra gli studenti, filma di nascosto quello che accade all’interno della sala professori, la verità viene a galla smascherando l’insospettabile ladro. La sua autorità viene messa a dura prova e i suoi alunni, che lei tanto ama e protegge, le voltano le spalle diventandole apertamente ostili.
Alcune volte, i preadolescenti possono diventare la cosa più spaventosa del mondo, capaci di una meschinità rara e sorda e che impedisce ogni tentativo di riconciliazione e comunicazione da parte dell’adulto.
La sala professori gioca molto con lo spettatore e si diverte a confonderlo sul piano della verità. Chi vede il film scopre, insieme a Carla, chi sia il colpevole. Non c’è dubbio, le prove sono filmate. Ma, durante la visione e man mano che la storia progredisce, viene da chiedersi se la verità che si conosce sia la realtà delle cose. Come Carla, anche lo spettatore è attanagliato da dubbi, rimpianti, ripensamenti. Ne viviamo la tensione, la frustrazione e la sensazione che la situazione sia sfuggita di mano, diventando un’onda troppo grande da controllare.
Il film di İlker Çatak, a primo impatto, sembra allinearsi sul filone dei “professori magici” ovvero quei film a lieto fine e ottimisti che raccontano il potere positivo che hanno i bravi docenti, anche sugli alunni più problematici (Mona Lisa Smile e L’attimo fuggente ne sono due esempi lampanti). La sala professori è invece una forte richiesta di autoanalisi sul modo in cui viene concepita la scuola, sul rapporto che viene a instaurarsi tra insegnanti e adulti e sulla fragilità di tale rapporto. È una fotografia delle nostre dinamiche sociali, in cui tutto non è nero o bianco ma il più delle volte si compone di una scala di grigi.
La sala professori, selezionato alla 48ª edizione del Festival di Toronto e candidato agli Oscar 2024 come miglior film straniero per la Germania, è in uscita in Italia il 29 febbraio, distribuito da Lucky Red.
Agata Brazzorotto
PRO | CONTRO |
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La storia mi ha tenuto incollato allo schermo per tutto il tempo,ma i dubbi che lascia su chi fosse realmente il ladro,mi hanno lasciato l amaro in bocca.