Lion – La strada verso casa, la recensione
Anni ’80, India. Saroo ha appena 5 anni quando finisce per sbaglio su un treno diretto a Calcutta, città terribilmente lontana da casa sua. Lì, dopo varie peripezie, si ritrova in un sordido orfanotrofio, dal quale si salva grazie all’adozione da parte di una coppia australiana. Passano 25 anni e Saroo si rimette alla ricerca della propria famiglia biologica, grazie all’aiuto di vaghi ricordi e di Google Earth.
Mentre si legge la sinossi di Lion è impossibile non pensare “sicuramente riceverà qualche nomination ai prossimi Oscar”. Eppure il film diretto da Garth Davis non è propriamente in stile Oscar: nonostante la materia trattata, infatti, non incappa nel facile melodramma ma si fregia di uno stile asciutto, raccolto. Ma tanto piangerete lo stesso, vi avverto.
Del resto, sfido chiunque a non emozionarsi vedendo la prima parte di Lion. L’odissea di Saroo bambino, perso in una città tentacolare come Calcutta, risulta tanto angosciante quanto avvincente, pur venendo raccontata senza orpelli di sorta. Anche la fase post-adozione si discosta dagli stilemi della “bella favoletta”: ciò si nota soprattutto nella rappresentazione della figura di Mantosh, fratello adottivo di Saroo, il quale non riesce a superare i traumi infantili nonostante le cure amorevoli della nuova famiglia. Finalmente un film che mostra tutte le sfaccettature dell’adozione; perché non basta una bacchetta magica per far sparire il dolore, anche se si prova a rimuoverlo come fa Saroo.
Il protagonista, infatti, anche per non far soffrire i genitori adottivi già angosciati dalla condizione di Mantosh, ha sotterrato per anni i propri ricordi della famiglia d’origine, impegnandosi a diventare un figlio modello. Ma una sera, a casa di amici indiani, accade il risveglio proustiano, e Saroo (interpretato in questa fase da Dev Patel) ripiomba nel passato. Di colpo è come se non fosse mai cresciuto: ridiventa scarmigliato e solitario come quando viveva a Calcutta, impegnato nella ricerca infruttuosa della propria famiglia d’origine.
Purtroppo questa parte del film risulta senza dubbio la più debole: sullo schermo non si succedono episodi particolarmente pregnanti, più che altro assistiamo a lunghe scene in cui si insiste troppo sullo sguardo stralunato di Saroo mentre utilizza Google Earth. Insomma, non c’era molto materiale da racconto e quindi nell’attesa della “carrambata finale” il regista e lo sceneggiatore hanno allungato il brodo, per dirla in breve. Peccato, perché in questo modo Lion risulta un film riuscito solo in parte.
Lion uscirà nelle sale italiane il 22 dicembre, distribuito da Eagle Pictures.
Giulia Sinceri
PRO | CONTRO |
Lion si fregia di uno stile registico pulito e di una prima parte avvincente. | La sezione centrale è piuttosto moscia. |
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