Lo Hobbit – La Battaglia delle Cinque Armate, la recensione
Dopo sedici anni di intenso e lungo lavoro che Peter Jackson ha dedicato alle impegnative opere di Tolkien, si arriva alla conclusione delle avventure di Bilbo Baggins, con questo ultimo capitolo de Lo Hobbit, La Battaglia delle Cinque Armate. E si chiude in maniera epica e spettacolare. Quest’ultimo film, infatti, è sicuramente quello più movimentato dei tre con le sue due ore e venti di magnifici combattimenti ben coreografati e mai noiosi tra elfi, nani, uomini, orchi e draghi. Una seconda saga che, a distanza di più di dieci anni dalla prima, si prepara ad entrare nell’immaginario di una nuova generazione di fans e che, ormai, è giunta alla fine.
Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate è il più potente della trilogia ed è incentrato, quasi nella sua totalità, su un’epica battaglia che rende giustizia a tutti i personaggi finora conosciuti durante le precedenti pellicole.
Il terribile drago Smaug, che purtroppo fa solo una breve puntatina all’inizio della pellicola, è stato sconfitto. La montagna rifugio e fortezza dei nani, capitanati come sempre dal loro re Thorin Scudodiquercia, è libera di nuovo ma le sue ricchezze richiamano anche gli elfi del re Thranduil, nonché gli uomini di Pontelagolungo, che hanno combattuto al fianco dei nani contro Smaug uscendone distrutti e che adesso pretendono la loro parte del tesoro di Erebor, promessagli da Thorin nel precedente capitolo della saga. Peccato, però, che Thorin non sia più il re di un tempo: la malattia del drago lo sta distruggendo tanto che l’unica sua preoccupazione è proteggere il suo immenso tesoro e il recupero dell’Arkengemma, mettendo da parte l’onore e il coraggio che sono, invece, vanto della razza nanica da sempre nei secoli. Ma un altro pericolo si avvicina alla Montagna Solitaria: Sauron sta radunando un vasto esercito formato da orchi e mannari, capitanati dal terribile Azog il profanatore, per sopraffare tutti gli abitanti della Terra di Mezzo. Ed ecco che uomini, nani, elfi, hobbit e stregoni sono costretti ad unire le forze verso un pericolosissimo nemico comune dando così vita all’epica battaglia delle cinque armate.
La pellicola non ci dà un attimo di respiro e ci incolla alle poltrone. Ha una durata minore dei film precedenti, ma ha sicuramente un ritmo più serrato e avvincente tanto da farlo sembrare più un action che un fantasy vero e proprio. Le dinamiche personali dei protagonisti di questa seconda trilogia sono state abbondantemente sciorinate prima di quest’ultimo capitolo, adesso quello che rimane è la battaglia vera e propria. Scontri violenti, voli fantasiosi e uccisioni sono giostrate da Jackson con ingegnosa eleganza e vivacità, con picchi che farebbero rizzare i peli di qualsiasi spettatore coinvolto nella storia. I combattimenti che vedono protagonista Legolas sono sempre, come è già accaduto per i precedenti film Signore degli Anelli compreso, i più spettacolari. Quelli di Thorin, invece, i più spietati: proprio il duello di quest’ultimo con Azog è già entrato nella classifica dei migliori della storia del cinema.
Già dall’introduzione dal ritmo sincopato si capisce il taglio narrativo che Jackson ha deciso di dare al capitolo finale de Lo Hobbit: azione, forza, conflitti, ossessioni e un pizzico d’umorismo. E lo spettatore non rimane mai deluso. Si percepisce in pieno la volontà del regista di trasformare questo film in un ponte con la precedente trilogia de Il Signore degli Anelli, narrativamente successiva ai fatti. Nomi ed eventi ci vengono “anticipati” con una pesante strizzatina d’occhio ai fan.
Finisce così, quindi, la nostra ultima avventura nella Terra di Mezzo che Peter Jackson ha voluto ricostruire sul grande schermo con addosso tutto il peso dell’eredità di Tolkien, un desiderio che il regista aveva fin da quando da bambino lesse le sue opere e che adesso è stato ampiamente esaudito. Già dal 1995, il regista aveva in mente di adattare il romanzo Lo Hobbit per il grande schermo, seguito poi dalla saga de Il Signore degli Anelli. Il percorso, invece è stato inverso, ma il risultato è stato ugualmente epico.
Il prossimo 17 dicembre 2015, quindi, dovremmo prepararci a salutare per sempre una delle opere cinematografiche che entreranno di forza nella storia del cinema.
Rita Guitto
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