Lo sguardo che graffia: introduzione al cinema di Simone Scafidi
Il cinema italiano contemporaneo vive una situazione complessa, nonostante periodici segnali di rinascita. Ma sotto la macchina produttiva che segue le spietate leggi del mercato, esiste un cinema indipendente, nascosto, coraggioso, che spesso riesce ad approdare a festival importanti, per essere poi distribuito in sala e in home video. E non parliamo solo dei generi (horror, poliziesco, commedia, etc.), ma anche di un cinema d’autore dalla connotazione squisitamente artistica.
È questo il caso del regista lombardo Simone Scafidi, di cui si è tornato a parlare di recente per la partecipazione a Venezia 76 con il docu-film Fulci for fake (2019). Definito dall’autorevole penna di Davide Pulici “Un filmmaker acuto e feroce, con il sano, vecchio gusto della provocazione e del graffio”, è un regista “anarchico”, coraggioso e controcorrente, dotato di uno sguardo particolare, che fa deflagrare i confini (dramma, commedia, documentario, thriller, etc.) rendendo impossibile rinchiudere i suoi film in un genere specifico: è insomma un regista che può essere definito, senza timore di smentita, un Autore a 360 gradi. Uno dei pochi, nel cinema italiano di oggi.
La filmografia di Scafidi non è vastissima, ma è in continuo divenire e con una cura certosina prestata a ciascun film, ognuno dei quali è un tassello attraverso cuIi il regista compone il suo universo cinematografico e umano. L’esordio illuminante nel lungometraggio, dopo alcuni mediometraggi fra cui ricordiamo Cos’è l’amore, avviene nel 2007 con il dramma mistico Gli arcangeli, distribuito in sala e poi in Dvd.
Scafidi sperimenta di continuo varie forme narrative, talvolta mescolando il cinema con il documentario: prima ancora di Fulci for fake, aveva diretto nel 2009 la docu-fiction Appunti per la distruzione, che partendo dalla figura controversa e misteriosa dello scrittore Dante Virgili estende il discorso alla dicotomia fra il Bene e il Male. Dopo il thriller La festa (2013), distribuito legalmente online in modalità free, Scafidi raggiunge la maturità artistica con Eva Braun (2015), rivisitazione in chiave grottesca e surrealista degli scandali sessuali e politici del Bunga-Bunga, distribuito in Dvd sia in Italia sia all’estero. Una maturità che è però in continua evoluzione, come dimostra la partecipazione di Fulci for fake (docu-film sul grande regista Lucio Fulci) a Venezia 76. Da segnalare, infine, anche un excursus di Scafidi in un cinema più commerciale con il documentario sportivo Zanetti Story (2015) sul capitano dell’Inter Javier Zanetti, co-diretto con Carlo A. Sigon.
Parlare del cinema di Scafidi non è semplice, perché vuol dire confrontarsi con un universo artistico, (anti)narrativo, esistenziale e simbolico, nonché con uno sguardo cinematografico complesso e anticonformista. È un cinema d’arte dai contenuti molto forti, un tipo di cinema che non può lasciare indifferenti: suscita scalpore (anche scandalo), fa parlare di sé e divide pubblico e critica.
Come si evince da ogni sua opera, la concezione che Scafidi ha del cinema è quella di un’arte che deve porre dubbi nello spettatore, interagire con lui: il cinema non deve raccontare la realtà, ma reinterpretarla. Gli arcangeli, Appunti per la distruzione ed Eva Braun possono essere considerati un’ideale trilogia, magari non nelle intenzioni, ma sicuramente nei risultati e nelle fonti di ispirazione, per vari motivi: la presenza del bravissimo attore protagonista Andrea Riva De Onestis, una forte tematica sessuale e un’atmosfera di fondo pasoliniana e surrealista.
Il regista è impregnato infatti di una vasta cultura, cinematografica e non solo: nei suoi film troviamo echi da Pier Paolo Pasolini (Salò innanzitutto, ma anche Teorema nell’immagine dell’uomo che corre urlando verso lo schermo), Robert Bresson, Luis Bunuel, Alberto Cavallone, maestri della letteratura come Dostoevskij, Artaud, Bataille e De Sade accanto a scrittori moderni come Bret Easton-Ellis. Dunque, un cinema improntato al grottesco, alla deformazione e reinterpretazione della realtà, dove si alternano e si mescolano i riferimenti a un ricco sostrato cinematografico e letterario. Ma quello di Scafidi non è puro cinema metafisico, in quanto è strettamente connesso alla realtà umana. È un surrealismo che si sovrappone e si affianca a scene crude e crudeli – fondamentale è l’uso del corpo, dunque il nudo e la sessualità – di ispirazione pasoliniana e sadiana, mai fini a se stesse ma funzionali alla rappresentazione dell’Uomo, della natura umana nei suoi lati più meschini e sofferenti: il cinema di Scafidi è profondamente nichilista, mette in scena la crisi di valori di un essere umano senza speranza, è un cinema che scava nella (ir)rappresentabilità dell’Orrore.
Con il thriller meta-cinematografico La festa e con Fulci for fake, Scafidi – pur mantenendo il suo sguardo radicalmente anticonformista – intraprende invece nuove strade, in nome di una continua evoluzione ed esplorazione del linguaggio cinematografico.
Davide Comotti
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