Necropolis – La città dei morti, la recensione

Cosa si nasconde nel sottosuolo è da sempre una delle curiosità che ha fatto viaggiare la fantasia degli esseri umani. Jules Verne immaginava che al centro della Terra ci fossero esseri giganteschi e preistorici, Dante Alighieri che lì fossero ubicati gli Inferi. Ed è proprio a questa seconda visione, pur carpendo dalla prima il pretesto dell’alchimia, che si ancora Necropolis – La città dei morti, il nuovo horror di John Erick Dowdle che fa dei sotterranei di Parigi un inquietante regno di paure.

La studiosa di archeologia e lingue antiche Scarlett ha un obiettivo nella vita: trovare la leggendaria pietra filosofale. Dopo una spedizione in territorio mediorientale, durante il quale suo padre ha perso la vita, la ragazza è venuta a conoscenza del luogo in cui è sepolto l’alchimista che avrebbe scoperto il segreto relativo alla pietra che può trasformare i metalli in oro e donare la vita eterna. La tomba dell’alchimista, infatti, dovrebbe essere a Parigi, nella fitta rete di catacombe che si intreccia sotto la città. Scarlett, allora, insieme al suo amico cameraman Benji, decide si avventurarsi in questa ricerca ma ha bisogno di George, suo vecchio collaboratore e unico in grado di tradurre l’aramaico che ricopre le iscrizioni della necropoli. I tre, però, hanno bisogno di una guida che possa aiutarli a non perdersi nei sotterranei e così ingaggiano Papillon e il suo gruppo. Ma quello che si nasconde nei sotterranei di Parigi è ben più terribile di quello che i ragazzi avrebbero potuto immaginare.

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Molte civiltà attribuiscono alla terra e al sottosuolo un valore necroforo, il luogo predestinato ad accogliere i resti dei defunti, una porzione sacra e rispettata del pianeta, dunque, che però si tinge di inquietante nel momento in cui si immagina una vita dopo la morte legata proprio al sottosuolo. Che si tratti di morti viventi o dannati degli Inferi, chi vive o emerge dalla terra o ha cattive intenzioni o è simbolo del male causato in vita. Un isolamento voluto o forzato che ha favorito la creazione di un immaginario orrorifico piuttosto consistente, basti pensare alla mole di film horror che raccontano di mostri o creature assassine che vivono nel sottosuolo: dai clochard assassini di Non prendete quel metrò al mostruoso scherzo della natura che abita l’underground londinese in Creep – Il chirurgo, i terribili mostri cannibali del dittico The Descent e i mutanti incestuosi di Hemoglobin – Creature dell’inferno, gli uomini talpa del francese La Meute e quelli del classico Nel tempio degli uomini talpa, il “rattistrello” kingiano di La creatura del cimitero e i draghi di Il nascondiglio del Diavolo. Per non parlare dell’inquietante killer che minaccia i protagonisti di Catacombs – Il regno dei morti, che con Necropolis condivide anche l’ambientazione parigina.

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John Erick Dowdle, che ha anche scritto il film insieme al fratello Drew e con l’horror si era già cimentato firmando Quarantena e Devil, decide di svincolarsi dal preesistente e non sceglie la facile strada delle creature mostruose che potrebbero abitare il sottosuolo, bensì la più rischiosa via di lasciare la minaccia su un piano soprannaturale e quasi astratto. I protagonisti della vicenda, avventurandosi nelle catacombe di Parigi, saranno messi faccia a faccia con le loro paure più intime e, tra inquietanti sette femminili e statue che prendono vita, a mettere a dura prova i nervi dei personaggi e dello spettatore sono le manifestazioni delle colpe che gravano sull’anima di ognuno di loro.

Passando attraverso una porta che recita beffardamente l’incisione “lasciate ogni speranza voi che entrate”, i nostri si infiltrano volontariamente all’Inferno e la dose di orrore e raccapriccio cresce ogni minuto che passa.

A una prima parte piuttosto statica e ripetitiva, in cui i personaggi si muovono tra rovine e gallerie risolvendo enigmi alla maniera di Indiana Jones, Lara Croft o Robert Langdon, segue una seconda piuttosto adrenalinica, con bizzarre uccisioni e un crescendo che fa pensare a un videogame sparatutto. Infatti, altra caratteristica di Necropolis è la tecnica del mockumentray con cui è realizzato. Tecnica sfruttatissima fino alla nausea nell’horror odierno, è vero, ma che in questo caso forse è un valore aggiunto perché accentua il senso della claustrofobia, su cui il regista punta tantissimo, e – una volta tanto – giustifica la ripresa continua anche nei momenti più impensabili, visto che tutti i personaggi hanno una videocamera istallata sul copricapo.

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Molto interessante il concetto della visione speculare delle cose, esibita fin dal titolo originale del film, As Above, So Below, come sopra, così sotto (in cielo così in terra, se vogliamo applicare un punto di vista cristiano), che riesce a conferire a tutto il film una particolare lettura e fornisce il pretesto per una serie di giochi labirintici che raggiungono l’apice nella “discesa” finale. Un finale che però non soddisfa in pieno e mostra qualche falla di scrittura che forse sarebbe stata evitabile se alcune cose fossero state trattate in maniera differente.

Necropolis – La città dei morti rimane un horror piuttosto riuscito, uno spettacolo di discreto intrattenimento che ha i suoi buoni momenti di tensione e si fa forte di un’idea originale e uno sviluppo che riesce a tenere le promesse di mostrare qualche cosa di differente dal solito.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Storia con spunti originali.
  • Buona tensione.
  • Senso della claustrofobia costante.
  • Finale tirato via in maniera facile.
  • Ci mette troppo a entrare nel vivo dell’orrore.
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