Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo: Il mare dei mostri, la recensione
Dopo un anno passato in tranquillità nel Campo Mezzosangue, il semidio figlio di Poseidone Percy Jackson è nuovamente chiamato in azione per mettersi alla ricerca del vello d’oro, unico manufatto che ha il potere di ridare energia al campo di forza che protegge Campo Mezzosangue alimentato da Talia, figlia di Zeus trasformata in albero. In seguito all’attacco di un toro meccanico, inviato dal malvagio Luke, il campo di forza è stato distrutto e ora tutti gli studenti di Campo Mezzosangue sono in pericolo. Per trovare il vello d’oro, Percy, Annabeth, Grover e la new entry Tyson, ciclope fratellastro di Percy, dovranno arrivare fino al Mare dei mostri, nel Triangolo delle Bermuda, dove il vello è custodito su Circelandia dal ciclope Polifemo.
Nel 2010, ormai prossimi alla chiusura della saga del maghetto macinabotteghini Harry Potter, in quel di Hollywood erano alla spasmodica ricerca di qualcuno che raccogliesse il testimone, così trovarono un’altra saga letteraria fantasy per ragazzi(ni), Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo, di Rick Riordan e richiamarono Chris Columbus per fare la magia. Ma i regista dei primi due Harry Potter evidentemente aveva lasciato la bacchetta a casa perché Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo – Il ladro di fulmini non si comportò al botteghino come sperato, racimolando negli Stati Uniti neanche 90 milioni di dollari con un budget stimato di 95 milioni. Eppure, imperterriti, i produttori hanno dato il via libera a un sequel, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo – Il mare dei mostri, tratto dall’omonimo romanzo, con un budget di poco inferiore e con il risultato che per il momento il film si sta comportando al botteghino americano anche peggio del precedente.
In effetti i finanziatori di questo franchise, tra cui siede lo stesso Columbus, dovrebbero farsi un esame di coscienza per individuare la mancanza di appeal di Percy Jackson verso il pubblico cinematografico perché, detto brutalmente, Il mare dei mostri è un brutto film.
Innanzitutto in ogni frase, in ogni personaggio, in ogni passaggio del film si nota palesemente che erano alla ricerca del nuovo Harry Potter, con soluzioni e intuizioni che cercano maldestramente di ricalcare la saga della Rowling: tre personaggi principali – due maschi e una femmina – di cui il “secondo maschio” serve per lo più da spalla comica, ambientazione in una scuola per mezzosangue, massiccia enfasi sulla competitività sportiva degli studenti che periodicamente si affrontano in giochi sportivi, largo uso di poteri magici che vengono acquisiti e potenziati, scoperta di legami familiari, traditori interni alla scuola, strane creature dai poteri magici, complesse sfide che fungono da processo di crescita… Sto parlando di Harry Potter, direte voi. No, di Percy Jackson.
Dunque partiamo già con il piede sbagliato perché siamo palesemente nel campo di un prodotto di imitazione. A questo dobbiamo aggiungere che Il mare dei mostri è realizzato in maniera spesso approssimativa, con una sceneggiatura a tratti confusa che fa notare il suo essere RIDUZIONE letteraria, con passaggi veloci, personaggi che compaiono e scompaiono e una troppo frequente concessione alle scene madri che vanno completamente ad annullare la costruzione di un climax finale. Personaggi per lo più non pervenuti, con lo stesso protagonista Percy Jackson (interpretato dal Logan Lerman di Noi siamo infinito) che si va a perdere tra i molti. Tra l’altro in questo secondo capitolo viene introdotto il personaggio di Tyson, fratellastro di Percy di cui quest’ultimo non era a conoscenza; nel film, però, il rapporto tra i due non viene mai approfondito, il viaggio che sarebbe dovuto essere anche un momento di conoscenza reciproca di fatto non lo è e l’antipatia che per quasi due ore Annabeth dimostra verso il ciclope si risolve con pochi secondi di spiegazione tramite flashback. Insomma, narrativamente parlando Il mare dei mostri fa “acqua” da tutte le parti.
La cosa preoccupante è che anche tecnicamente parlando questo film non è nulla di che. A tratti c’è quasi un’estetica da film low budget, con effetti visivi digitali molto modesti ed espedienti narrativi mirati a mascherare la mancanza di mezzi (Tyson che indossa gli occhiali da sole e usa la pozione normalizzante per supplire all’effetto dell’occhio unico). Anche i “mostri”, spavaldamente inseriti nel titolo, lasciano molto a desiderare, innanzitutto perché se ne vedono troppo pochi (nel Triangolo delle Bermuda c’è giusto Cariddi, mentre Scilla viene bypassata con un racconto!) e poi perché quei pochi che si vedono hanno un look bruttino, senza fantasia direi, basti guardare la Chimera simile a un licantropo e Cronos che somiglia a un satanasso di quelli da cartone animato.
3D gradevole ma non particolarmente utile, attori per lo più dimenticabili con uno sprecato Stanley Tucci insegnante gigione e una Alexandra Daddario che ogni volta che compare ipnotizza con i suoi occhioni blu.
Cliffhanger finale che urla un terzo capitolo… ma visti gli esiti modesti al botteghino non sappiamo se mai arriverà.
Roberto Giacomelli
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