Poveri ma ricchissimi di Fausto Brizzi, la recensione
Dopo il successo (in)aspettato dello scorso anno, che ha portato Poveri ma ricchi ad essere eletto come miglior cine-panettone 2016, torna a tutta carica la famiglia Tucci. Ancora una volta l’intera combriccola familiare si renderà protagonista di grottesche dis-avventure pronte a raccontare, in modo pittoresco e surreale, l’Italia di oggi così come potrebbe essere nel 2017 la vita di un simpatico manipolo di “poracci coi soldi”.
Siamo ancora a Torresecca, piccolo comune laziale nei pressi di Zagarolo. A seguito di un malessere di Nonna Nicoletta, il piccolo Kevi confessa alla propria famiglia che la truffa milanese era solo una messa in scena e che, dunque, non hanno perso nemmeno un euro della vincita alla lotteria. Tornato improvvisamente ricco, Danilo Tucci decide di far uscire dall’Italia il paesino di Torresecca e, attraverso un referendum, farlo diventare un Principato autonomo. La surreale situazione non tarderà a creare scompigli all’interno della famiglia: Danilo, sempre più fagocitato dalla scena politica, riceve la visita di una misteriosa figlia che non sapeva di avere; Loredana, sentendosi trascurata da suo marito, cede alla avances di un piacente scrittore; Marcello, invece, sposato con Valentina e nell’attesa di diventare papà, si trova alle prese con uno stravagante suocero galeotto.
A volte ritornano…purtroppo! Già, perché con la volontà di voler serializzare ogni cosa si corre spesso il rischio di rovinare ciò che di buono si era costruito con poche e semplici mosse. Ma il cinema è giustamente un’industria e dunque sarebbe stato sciocco ignorare un successo commerciale come quello di Poveri ma ricchi. Era inevitabile un sequel, messo in cantiere praticamente subito, che però non riesce assolutamente a riproporre quella freschezza che aveva animato la prima improbabile odissea della famiglia Tucci.
La regia è ancora nelle mani del talentuoso commediante Fausto Brizzi che questa volta, a differenza del precedente capitolo tratto alla commedia francese Le Tuches (O. Baroux, 2011) e inedita nel nostro Paese, si muove su un soggetto originale da lui ideato e sceneggiato con la collaborazione di Marco Martani.
Brizzi, che in più di un’occasione ha saputo dimostrare d’essere uno che la commedia la conosce bene nei tempi e nei ritmi, sembra non essere troppo a suo agio con i sequel, tant’è che insieme a Notte prima degli esami – Oggi è proprio con Poveri ma ricchissimi che firma l’opera meno riuscita di tutta la sua carriera da regista.
Dopo un’introduzione rapida e pretestuosa, in cui ritroviamo anche Giobbe Covatta nel ruolo dell’avido prete, messa in scena solo per “rimediare” al finale del primo film, il regista conduce i Tucci verso una direzione del tutto surreale e sopra le righe che tanto, troppo, ci porta alla memoria una vecchia puntata della serie animata I Griffin (nello specifico l’episodio 18 della seconda stagione, Uno contro tutti). La storia che anima Poveri ma ricchissimi, infatti, sembra più affine al mood del un cartone animato e tutto ciò che accade si muove nella direzione della farsa o della burletta. Non c’è più alcun legame con la “realtà”, il film esaspera ogni aspetto del capitolo precedente diventano una sorta di parodia di se stesso. Ma non è questo a lasciare contrariati, anzi, si lascia apprezzare il tentativo di trasformare una classica commedia fondata in buona parte sull’equivoco (il primo) in un film comico pronto a far satira sugli usi e costumi degli italiani, in particolar modo sulla scena politica. Ciò che davvero non convince è la scrittura, dal momento che si percepisce sin dai primi minuti che Poveri ma ricchissimi è un film pensato e confezionato rapidamente, senza avere nemmeno un’idea chiara alla base.
Tra personaggi vecchi e nuovi e situazioni comiche davvero poco ispirate, il film fatica a decollare e sembra non aver chiara nemmeno la propria mèta. Non c’è una storia solida alla base, il film “salta” da una situazione all’altra senza riuscire ad approfondire nulla. C’è molta approssimazione in ogni sviluppo narrativo e le storie dei vari personaggi mal si incastrano fra loro. Viene a decadere l’armoniosa coralità del primo film per concedere attenzione quasi esclusivamente a Danilo Tucci, un Christian De Sica conciato come un cosplay di Donald Trump, e sua moglie Loredana, la sempre irritante Lucia Ocone. I restanti membri della famiglia passano in secondo piano e il loro inserimento, in alcuni punti, appare quasi forzato. Un vero peccato, perché questo porta a sacrificare buona parte del talento comico di Enrico Brignano e – soprattutto – di Anna Mazzamauro, così come la frizzante simpatia di Lodovica Comello.
Tra le new entries troviamo un interessante Paolo Rossi, volto ingiustamente poco sfruttato dal cinema, che nel ruolo del suocero galeotto poteva dare innesco a situazioni brillanti e comiche ma, anche nel suo caso, sembra che in fase di scrittura non si sia creduto abbastanza sulle potenzialità del personaggio.
Poveri ma ricchissimi risulta, a somme tirate, un sequel davvero molto fiacco. Privo di verve e situazioni comiche. Quel brio che ci aveva portato a tifare per la sgangherata famiglia di Torresecca in Poveri ma ricchi, qui si trasforma in un’annoiata e poco ispirata marcia verso i titoli di coda.
Enjoy!
Giuliano Giacomelli
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