Scampoli di Venezia 73: In Dubious Battle, Tarde para la ira, Malaria e Paradise

IN DOUBIOUS BATTLE di James Franco

Annoia e non poco In Dubious Battle l’ultimo film di James Franco, tratto dal libro di John Steinbeck pubblicato nel 1936.

In piena Grande Depressione un gruppo di contadini adibiti alla raccolta delle mele è costretto dalle pessime condizioni economiche a scioperare contro i proprietari terreni.

Questa sostanzialmente la storia di un film monotono nel suo svolgimento, dato che non vi sono veri e propri colpi di scena. In Doubious Battle è infatti il continuo ripetersi dello stesso conflitto, che si ripresenta sempre secondo la stessa formula, tanto che dopo un’ora allo spettatore interessa poco che vincano i buoni o i cattivi, gli importa solo che qualcuno abbia la meglio sugli altri.

In mezzo a tanta noia e banalità, ad alzare gli standard sono i “vecchi”: Rob Duval, Ed Harris e Sam Sheppard, rispettivamente due proprietari terrieri e un vecchio matto, regalano sprazzi di gran teatro.

Voto: 5

TARDE PARA LA IRA di Raul Arevalo

tarde para la iraLo spagnolo Tarda para la ira è ambientato nella Madrid dei giorni nostri ed è un revenge movie dai tratti pulp, che mai eccede e che sempre tiene incollati allo schermo.

Il sipario si alza ed è subito azione: nella prima scena la macchina da presa è piazzata sul lunotto posteriore di una vettura, dentro cui un uomo attende qualcosa. Questo qualcosa sono i suoi due complici, che stanno rapinando una banca. Il colpo però non andrà a buon punto, e Curro (Luis Callejo) verrà arrestato. Di più è meglio non svelare, anche perché questo film è uno di quelli che sorprende cammin facendo, quando meno te lo aspetti. E se non ce la si aspetta, è in gran parte merito di Antonio de la Torre e Ruth Diaz, che non a caso ha vinto il premio della sezione “Orizzonti” come miglior attrice.

Voto: 7

MALARIA di Parviz Shahbazi

malariaMalaria è un film che sorprende perché riesce a dare uno spaccato significativo di quale sia la vita a Tehran, città dove la polizia è corrotta, gli alberghi non accettano una coppia uomo donna se questi non sono sposati o parenti, e in generale vi è uno strano mescolarsi di tradizione e contemporaneità occidentale. Tutto questo ci viene mostrato dal regista, che riprende la fuga di una ragazza con il fidanzato musicista. La ragazza un giorno chiama a casa, e informa i genitori che è stata rapita e che per riaverla indietro questi dovranno pagare un riscatto. Il motivo di questa messa in scena è che Hannah (Saghar Ghanaat) non sopporta più di vivere dentro una famiglia a dir poco all’antica, in cui un padre per educare la figlia arriva addirittura a cospargerla di benzina e a minacciare di darle fuoco. Che sia il caso di un vecchio pazzo, o che gli accadimenti nella famiglia di Hannah siano indicativi di un più ampio problema Nazionale?

Voto: 7

PARADISE di Andrei Konchalovsky

paradiseParadise è il film che sicuramente di più ha da reclamare da questa 73esima edizione del Festival di Venezia, visto che arriva al secondo posto (Leoncino d’Argento, a pari merito con La región salvaje) facendosi superare dal Leone D’Oro The Woman Who Left, pellicola dai più non considerata all’altezza. Ed il motivo è che ci sono almeno due fattori determinanti a far pendere l’ago della bilancia in favore di Paradise: il primo è che il bianco e nero scelto da Konchalovsky è migliore di quello scelto da Diaz (la pellicola sembra essere stata bruciata, con conseguente creazione di un notevole effetto di chiaro-scuro); in secondo luogo nell’opera del maestro russo (della durata di 120 minuti) non esistono scene superflue, mentre in The Woman Who Left , Diaz ci avrebbe potuto tranquillamente risparmiare tre quarti d’ora di film. Oltretutto, la modalità di narrazione utilizzata in Paradise consente di non svelare immediatamente il finale, ma allo stesso tempo piazza una bomba (in tema, dato che il film parla della Seconda Guerra Mondiale e della vita nei campi di concentramento) che esploderà al momento giusto.

Voto: 8

Roberto Zagarese

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