Sole a catinelle, la recensione
Checco Zalone lavora nel campo delle vendite porta a porta, nello specifico è rappresentate di aspirapolveri, un settore che gli consente di fare presto carriera grazie alle vendite ai numerosi parenti. Il tenore di vita di casa Zalone comincia a salire vertiginosamente, ma problemi con il fisco lo riportano subito con i piedi per terra. A questo si aggiunge la separazione con la moglie Daniela e la promessa fatta al figlio Nicolò che se avesse preso tutti 10 sulla pagella gli avrebbe regalato una bella vacanza. Promessa che si vede costretto a mantenere malgrado le difficoltà economiche, visto che Nicolò tutti 10 li prende davvero! Così padre e figlio si mettono in viaggio verso il Molise, da zia Rita, dove Checco spera di far divertire il figlio e di vendere aspirapolveri ai parenti rimasti. Ma il Molise non è il luogo più adatto per un bambino e così Checco decide di rimettersi in auto per un viaggio on the road che li porterà a Portofino tra la creme della società.
Non sono moltissimi i personaggi che oggi dalla tv approdano con successo al cinema. Un tempo tutti i più grandi mattatori comici del cinema italiano venivano dall’avanspettacolo e dalla tv, basti pensare a Paolo Villaggio, Renato Pozzetto, Carlo Verdone, Roberto Benigni ed Enrico Montesano, tanto per fare i nomi più noti, ma da un certo punto in poi, anche se i caratteristi sono esponenzialmente levitati grazie anche a programmi come Mai dire gol e Zelig, i comici che hanno fatto la fortuna del botteghino italiano si sono ridotti. Pensiamo al fenomeno Aldo, Giovanni e Giacomo – che però si è esaurito con una manciata di film -, alla bella rivelazione Ficarra & Picone, che hanno funzionato bene anche al cinema, o ai “casi” Fabio De Luigi e Paola Cortellesi che però hanno avuto un percorso diverso evitando di portare al cinema i loro personaggi e riciclandosi come attori più completi. Per il resto? Ci hanno provato in molti, da Ale & Franz a Giovanni Vernia, ma la risposta del pubblico non è stata delle migliori, fino al caso emblematico Checco Zalone che non solo ha trovato grande complicità da parte degli spettatori, ma è riuscito ad entrare nella storia del cinema italiano totalizzando con i quasi 44 milioni di euro di Che bella giornata il maggior incasso di sempre per un film italiano e il secondo maggior incasso della storia del nostro botteghino in assoluto (subito dopo Avatar). Un vero fenomeno che in molti non si sono riusciti a spiegare e che molti altri attribuiscono al sempre innato appeal che per i nostri spettatori ha la commedia nostrana, che muta i protagonisti ma rimane sempre molto ancorata ai fenomeni di costume dell’attualità.
Nel caso dei tre film con Checco Zalone, nome d’arte per Luca Medici, la formula è stata tanto semplice quanto furbetta: affrontare l’Italia di oggi e le questioni di maggior rilevanza con un punto di vista tanto leggero quanto personale. Cado dalle nubi si dedicava al tema dell’immigrazione interna e dell’omosessualità, Che bella giornata parlava dell’integrazione razziale e del terrorismo internazionale, ora con Sole a catinelle si affronta l’argomento che da molti mesi affolla ormai i titoli dei quotidiani: la crisi. Ma ovviamente è un argomento trattato alla maniera di Zalone, ovvero con tanta ironia dissacrante e quel tocco comico che riesce ad evitare sia la volgare demenzialità di sottoprodotti trash (ma di successo) come I soliti idioti, sia il buonismo moralistico di troppa commedia all’italiana attuale.
Come è facile prevedere, comunque, l’attualità è più delle volte un pretesto per innescare le gag e anche in Sole a catinelle, pur toccando tematiche rilevanti come la corruzione politica, il collasso aziendale e la precarietà lavorativa, il più si riduce a una cornice per raccontarci la storia di questo padre cialtrone e megalomane che si trova a vivere un’avventura con il figlio. A metà tra la commedia on the road e una storia di crescita a più livelli, Sole a catinelle diverte davvero e le gag memorabili sono molte, dall’esilarante parte in Molise, che tra parenti taccagni e assenza di passatempi innesca risate a volontà, e i classici equivoci che si generano nel momento in cui Zalone comincia a frequentare l’alta società.
In confronto ai due precedenti film si nota una crescita soprattutto a livello di scrittura, tanto che Sole a catinelle si lascia ricordare anche per una varietà di situazioni e una riuscita caratterizzazione dei personaggi, con gli ovvi dovuti limiti imposti dalla centralità da one man show di Zalone stesso. E a parte una risoluzione finale un po’ troppo frettolosa, anche la sceneggiatura a cura del regista Gennaro Nunziante e dello stesso Zalone, funziona piuttosto bene.
Buono anche il cast che, escluso il mattatore Luca Medici/Checco Zalone e Augusto Zucchi, presenta volti non troppo noti al grande pubblico ma che si dimostrano all’altezza, a cominciare da Miriam Dalmazio e il piccolo Robert Dancs, che nel film interpretano rispettivamente moglie e figlio di Checco Zalone.
Quello che non convince affatto sono le musiche in stile Zecchino d’oro, sempre a cura di Checco Zalone ma decisamente stonate all’interno del film.
Insomma, se apprezzate lo stile comico irriverente ma garbato di Checco Zalone – che qui non risparmia davvero nessuno, dai comunisti agli handicappati, vedere per credere! – il film è un “must see”, poi ovviamente se cercate un film di diverso spessore e con una determinata cifra stilistica non è di certo nell’opera di Gennaro Nunziante che dovete andare a cercare, per quello c’è, per esempio, Anni felici di Luchetti, che paradossalmente ha diversi punti tematici comuni con Sole a catinelle e quindi potrebbe essere una “vittima” ideale di Zalone.
Comunque una cosa è garantita: risate a catinelle.
Roberto Giacomelli
PRO | CONTRO |
|
|
Lascia un commento