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Parthenope, la recensione del film di Paolo Sorrentino

Come per alcuni dei più importanti e discussi registi della storia del Cinema, nella filmografia di Paolo Sorrentino c’è un ingombrante spartiacque, un punto di non ritorno capace di influenzare tutta la carriera successiva dell’autore. Ovviamente parliamo de La Grande Bellezza, opera che è valsa all’autore un Oscar e che è entrata di diritto tra i film italiani più influenti del XXI secolo. È da quel momento che Sorrentino ha rinforzato il suo èpos e consolidato il suo stile, uno stile così forte e riconoscibile da attirare immancabilmente su di sé tante lodi quante più critiche.

Non sfugge alla regola Parthenope, decimo lungometraggio per il cinema del regista napoletano, quarto post-La Grande Bellezza. E molto più di Youth, Loro ed È stata la mano di Dio, Parthenope si specchia nel successo del 2013 mostrando un prepotente parallelismo stilistico e narrativo con La Grande Bellezza. Ma sarebbe ingiusto, nonché superficiale, bollare Parthenope come “La Grande Bellezza a Napoli”, perché ha una sua filosofia, una particolare sensibilità, una visione molto intima dei rapporti personali e delle esperienze vissute e, soprattutto, arriva chiaramente dopo un importante percorso autoriale, assorbendo umori e suggestioni anche dalle altre opere recenti dell’autore.

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E’ stata la mano di Dio, la recensione

L’adorazione di Paolo Sorrentino per Maradona ormai è ben nota a tutti, dalle continue citazioni nei suoi film fino ai ringraziamenti nella notte degli Oscar, quando vinse la statuetta per il miglior film straniero grazie a La grande Bellezza. Un legame, quello tra Maradona e la città di Napoli, che va oltre il semplice tifo, e che si intreccia in profondità con la vita del giovane Sorrentino. Citando il regista infatti: “A me Maradona ha salvato la vita“.

È stata la mano di Dio, il nuovo film di Paolo Sorrentino presentato in concorso alla 78ª Mostra del Cinema di Venezia, fin dal titolo non nasconde l’elogio del campione argentino, scomparso il 25 novembre del 2020, citando quello storico gol di mano che gli valse l’appellativo “la mano di Dio”. Il film però non è assolutamente una biografia di Maradona, ma un film che racconta la forza del legame tra la città di Napoli e lo stesso Sorrentino alla figura del più grande calciatore della storia.

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