TFF33: The Wave

Fuori concorso al 33° Torino Film Festival, il disaster movie norvegese di Roar Uthoag The Wave, proposto dalla Norvegia per l’Oscar al miglior film straniero, non convince la Sala del Cinema Massimo.

Norvegia, il geologo Kristian Eikjord ha una vita ordinaria normale. Una moglie receptionist in un albergo, due splendidi figli, una nuova casa in cui sta per traslocare. Praticamente, la famiglia del “Mulino Bianco”. Ultimamente, si sta occupando di uno studio importante: la montagna Åkneset, che si trova nel fiordo di Geiranger, un giorno provocherà un potente maremoto di 80m di altezza che distruggerà tutto. Eikjord prova ad avvertire i suoi superiori, ma nessuno sembra dargli ascolto.

Lo zittiscono molto superficialmente, intimandolo elegantemente di non rompere le scatole. Una situazione magari un po’ banalotta, ma purtroppo all’ordine del giorno. Quando la montagna franerà, provocando una pericolosa onda anomala, sarà troppo tardi e alla famiglia di Eikjord non resta che una corsa disperata contro il tempo, in bilico tra la vita e la morte.

Detto così sembra avvincente. Peccato che nel film le situazioni, per quanto già viste, siano piatte e assolutamente prive di forza. Ad un certo punto, non interessa già più a nessuno del destino di questa famiglia, visto che ormai si è già intuito il finale.

Se non ci sono situazioni di forza, gli effetti speciali sono inutili. Questa è la morale di The Wave.

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The Wave è il primo film catastrofico realizzato in Scandinavia, dove il panorama geologico offrirebbe importanti spunti per la formazione di questo genere. Peccato che il film non sia proprio nelle corde dei norvegesi.

Non che dovesse arrivare ai livelli di The Day After Tomorrow- L’alba del giorno dopo di Roland Emmerich, ma già The Impossible, film di Juan Antonio Bayona, aveva il merito di avere una storia interessante e dei buoni punti di forza.

C’è, poi, un altro fattore importante: i film catastrofici ormai non funzionano più. Questa era una conclusione emersa già con la disastrosa apertura dell’ultimo Festival di Venezia, avvenuta con Everest di Baltasar Kormákur, film che, appunto, non ha convinto. Roar Uthoag questo sembra saperlo e, infatti, il film è piuttosto un’operazione commerciale mal riuscita che crede di agire d’astuzia solo perché ruba le carrellate nei corridoi a Titanic di James Cameron.

Claudio Rugiero

PRO CONTRO
  • Apprezzabili i primi venti minuti.

 

  • Errori di fotografia.
  • Situazioni poco credibili.
  • Prevedibilissimo.
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