The Trip, la recensione

Tra i diversi rimedi a disposizione dei registi per rimediare all’ormai congenita e atavica crisi del panorama horror contemporaneo, quello che ha ottenuto maggior consenso di pubblica e critica è la commistione di generi, pratica in voga da tanti decenni, ma applicata negli ultimi anni con sempre più maggiore cura e con un approccio sperimentale, volto a scovare dinamiche e stilemi nuovi. Un esempio, in tal senso, è rappresentato dall’unione, sempre più vincente, tra horror e commedia: un sodalizio che ha dato vita a diverse pellicole divenute cult tra gli appassionati, in particolar modo tra quelli dei film su gli zombie. Titoli come L’alba dei morti dementi, London Zombies e Juan of the Dead, infatti, hanno dimostrato come mostri e litri di sangue possono ancora tenere incollati alla poltrona, strappando tanti sorrisi e stimolando finanche a riflettere con metafore e battute sferzanti.

Un regista che fa parte di questa corrente è il norvegese Tommy Wirkola il quale, fin dai suoi esordi con il gioiello Dead Snow, ha deliziato le platee con i suoi toni scanzonati, accompagnati da immagini splatter e cruente, zombie nazisti dal make-up ben curato e un comparto visivo nel complesso accattivante e molto portato all’accesso. Ebbene, dopo la parentesi ad Hollywood con i poco riusciti Hansel e Gretel: Cacciatori di streghe e Seven Sisters, l’autore scandinavo torna nella sua terra e dimostra che per lui l’adagio latino “nemo propheta in patria” non ha alcun valore. Anzi, il suo nuovo film, dal titolo The Trip e disponibile sulla piattaforma Netflix, rafforza l’idea che l’aria di casa gli fa più che bene in quanto il suo lavoro è una commedia brillante, grottesca e cinica al punto giusto e arricchita da immagini violente, splatter e una componente action che ricorda tantissimo la cifra stilistica dei suoi primi film.

Lars, mediocre regista di soap opera televisive, e Lisa, attrice di spot pubblicitari alla ricerca della grande occasione per sbarcare il lunario, decidono di passare un fine settimana in una baita di montagna per staccare la spina e cercare di recuperare il loro matrimonio in crisi…ma nella maniera più assurda: ammazzare il proprio coniuge e disfarsene per sempre. Il weekend dai contorni spietati e surreali, tuttavia, si trasforma ben presto in un incubo per i due protagonisti che si ritrovano ad affrontare una minaccia comune che rinsalderà il loro legame in maniera inaspettata.

Come già ampiamente dimostrato nei suoi primi lavori, Wirkola è un regista che non ama particolarmente preamboli, né tantomeno qualsivoglia forma di buonismo e di ipocrisia ma, al contrario, ama giocare sui contrasti e la voglia di provocare attraverso un’ironia sempre pungente e immagini granguignolesche. Tutte caratteristiche che ritornano con grande veemenza in The Trip nel quale il regista norvegese si diverte a smontare e rimontare non solo gli stilemi del genere, ma anche il concetto di amore e di unione matrimoniale nel senso classico del termine. Una volontà che si tramuta nella rappresentazione di una giovane e inquieta coppia il cui rapporto, ormai logoro e tenuto in piedi dall’ultimo sussulto della suddetta ipocrisia, viene scosso e rinvigorito dalla cattiveria e la spietatezza di delinquenti assetati di violenza e senza scrupoli.

Il tutto trova il suo naturale sfogo in una sceneggiatura, scritta dallo stesso regista insieme ai suoi collaboratori, che, dopo un’introduzione dai toni solo in apparenza tenui e garbati, con il passare dei minuti carbura grazie a dialoghi sagaci tra Lars e Lisa, battute e frecciatine continue fra i due e, come se ciò non bastasse, personaggi secondari che conferiscono al plot un ritmo pimpante e la giusta dose di cattiveria in pieno stile di Wirkola. Oltre ai due coniugi, infatti, funzionano a meraviglia i tre villain che come caratteristiche ricalcano schemi sempre ben collaudati – il capo banda, quello muscoloso ma stupido, il belloccio della situazione – e il padre di Lars che con la sua goliardia e la sua spigliatezza domina la scena nei momenti meno attesi.

Ciò che convince di meno, invece, sono le quasi due ore di durata che, mai come in questo caso, rappresenta un difetto non da poco in quanto in alcuni momenti si ha la percezione che il racconto venga portato per le lunghe e che il film risulti leggermente ripetitivo nella sua prima metà.

Insomma, Wirkola è tornato e c’è da divertirsi non poco!

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Ironia pungente e battute sagaci e intelligenti.
  • Personaggi che funzionano a dovere.
  • Tante immagini splatter in pieno stile Wirkola della prima ora.
  • La durata eccessiva rischia di rendere ripetitiva e monotona la prima parte del film dai ritmi fin troppo tenui e pacati.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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