TOHorror22. Skinamarink, la recensione
Presentato in concorso alla 22ª edizione del TOHorror Fantastic Film Fest, alla sua seconda proiezione in assoluto dopo la première internazionale al Fantasia a Montreal, Skinamarink è stato introdotto in sala da un video del regista Kyle Edward Ball che, partendo in anticipo sulle aspettative dello spettatore, premette che il suo film non si prefigura come un horror tradizionale e che “you may or may not like it”.
Il film segue, attraverso riprese found footage estremamente sgranate in stile vhs, le esperienze di due bambini, fratello e sorella, che si risvegliano nel pieno della notte: i genitori sono spariti, assieme a loro porte e finestre non ci sono più.
La trama semplice funziona purtroppo solo su un primo livello e per quanto corto a causa della sua impostazione stilistica, anche un’ora e quaranta di minutaggio risultano estremamente pedanti. Ci si trova davanti a riprese dal sentore di vhs che riempiono lo schermo con i loro rumori video, il sonoro molto vintage e il montaggio che alterna continuamente tra riprese che dovrebbero richiamare il “found footage” e riprese dei cartoni animati vintage, espediente che contribuisce a costruire un melting pot visivo e sensoriale che richiama a tutto l’immaginario spooky e creepypasta dei primi anni 2000.
Questa impostazione visivo-acustica mescolata a una scelta di narrazione e regia che si dividono tra video arte, avanguardie primonovecentesche e horror contemporaneo portano a un risultato estremamente mediocre e noioso. I pochi jump-scare presenti nel film funzionano forse solamente perché inseriti in un mare di nulla e silenzio. La trama estremamente minimalista e ridotta all’osso non aiuta in alcun modo a far digerire una pellicola che parte con delle premesse interessantissime ma che si riduce in un tentativo goffo.
Coinvolgente solo il lavoro, forse sommario, di esplorazione dell’oscurità e del buio come luogo contemporaneamente sconfinato e claustrofobico. C’è anche una ricerca interessante sull’uso della casa come device narrativo di un luogo liminale che è forse vero protagonista e unico personaggio interessante del film.
Se l’intento del regista era quello di creare una “supercazzola” prematurata postmoderna che unisse found footage, jump-scare internettiani e horror sofisticato alla A24 allora questo film sarebbe assolutamente un capolavoro indiscusso. Il suo più grande difetto è quello di sperimentare troppe cose contemporaneamente cercando di rinnovare un genere forse ormai, per buone ragioni, lasciato nel dimenticatoio. Skinamarink è un flop su tutti i fronti: non intrattiene, non inquieta e non rinnova nulla. Dietro una confezione patinata e ricercata si cela un prodotto estremamente vuoto.
Emanuele Colombo
PRO | CONTRO |
Se si è grandi fan dei found footage, potrebbe essere un film curioso. | Fin troppo lungo e insopportabile nonostante la breve durata. |
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