Venezia77. Dashte Khamoush (The Wasteland), la recensione

Iran, una fabbrica di mattoni. Il proprietario annuncia tristemente ai suoi dipendenti che l’azienda per cui lavorano sta fallendo. In un bianco e nero perfetto in formato quadrato Ahmad Bahrami ci porta nella vita quotidiana dei vari personaggi che abitano il microcosmo della fornace, mostrandoci via via il loro punto di vista, i loro sogni, le loro aspirazioni e le loro richieste al titolare, che vengono puntualmente scansate, posticipate o ignorate.

Tra datore di lavoro e operai si pone come via di mezzo Lotfollah, nato e cresciuto in mezzo a quella fornace e che ha lavorato lì per tutti i suoi 40 anni di vita e non conosce altro oltre quel lavoro. La notizia della chiusura della fabbrica che sconvolgerà la vita di tutti gli operai è quindi per lui ulteriormente pesante, anche perché questo porterebbe al doversi allontanare da Sarvar, donna per la quale lui ha sempre avuto un debole. 

The Wasteland

L’alienazione del luogo di lavoro, il vedere le proprie richieste deluse, la totale perdita di radici e di un posto nel mondo, il vuoto dovuto al non avere idea di cosa fare della propria vita, il dover dire addio al proprio amore, tutto questo porterà ad un finale indimenticabile, impressionante e di forte impatto emotivo. 

Ma il vero punto di forza di The Wasteland oltre il racconto, la forza del finale e le tematiche affrontate, è soprattutto dal punto di vista estetico. Un bianco e nero bellissimo da vedere, con una grande cura della composizione dell’immagine e delle luci, lenti movimenti di macchina orizzontali ad indagare su questa landa desolata, polverosa e solitaria in cui i protagonisti vivono solo in funzione del lavoro, un lavoro che presto non avranno più e una vita a cui dovranno quindi rinunciare in cerca di un’altra. Il film presenta poi delle strutture ricorsive in cui carrellate, dialoghi e situazioni si ripetono e citano all’interno dello stesso film, mostrando sia i punti di vista diversi dei vari personaggi sia il cambiamento radicale della situazione nella fabbrica dopo l’annuncio della triste notizia. 

The Wasteland

The Wasteland, per stessa ammissione del regista iraniano, è un film con uno stile “orientale”, che agli occidentali, abituati di solito ad altri ritmi, può apparire lento e difficile. Per capire di cosa stiamo parlando, durante il Q&A alla Mostra del Cinema di Venezia, il regista Ahmad Bahrami ha spiegato di aver studiato con Abbas Kiarostami e si è autodefinito un discepolo di Béla Tarr, rendendo quindi evidente il tipo di cinema che è alla base della genesi di quest’opera. 

Eletto vincitore del concorso Orizzonti alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia, The Wasteland è sicuramente tra i migliori film presentati a Venezia77, un film sul lavoro e sui rapporti tra colleghi, subalterni e datore di lavoro, ma anche sulla condizione e l’identità umana che da questo deriva.

Mario Monopoli

PRO CONTRO
  • Esteticamente perfetto.
  • Il finale.
  • Come scritto in precedenza, la lentezza non è un difetto ma una precisa scelta stilistica. È innegabile però che non sia un film facile da vedere e che, se non apprezzate questo tipo di cinema, potrebbe essere una visione difficile.
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Valutazione: 8.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Venezia77. Dashte Khamoush (The Wasteland), la recensione, 8.5 out of 10 based on 2 ratings

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