Barry Seal – Una storia americana, la recensione

C’era una volta Tom Cruise, divo di Hollywood che ha conquistato il cuore di milioni di ragazzine a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e ha sfiorato l’Oscar grazie al soldato storpio di Oliver Stone. Quel Tom Cruise divenuto icona di un certo glamour da tabloid per le relazioni con altre star e per (discutibili) scelte di credo di cui si è fatto massimo portavoce, ha negli anni oscurato un talento e un’intelligenza lavorativa che invece sono ammirevoli. Ad oggi, 2017, Cruise è uno dei divi di Hollywood più completi e coerenti, capace di gestire la sua vita professionale con estrema professionalità… e Barry Seal – Una storia americana ne è l’ennesima prova.

Divenuto auto-marchio di una vera e propria factory che controlla ogni passo della gestazione dei suoi film, Cruise riesce a portare avanti la sua carriera con intelligenza: circa due film all’anno che possano catturare ampi pubblici e capaci di alternare il prodotto da pop corn con quello più “alto”. Guardate quest’anno: a giugno il blockbuster La Mummia, forse meno fortunato di quando la Universal si aspettasse ma sostanzialmente riuscito, a settembre Barry Seal, satira dell’America delle opportunità che, con ogni probabilità, farà guadagnare a Cruise un’altra nomination agli Oscar.

Ma veniamo al film.

Barry Seal – Una storia americana (in originale più sottilmente American Made) è il biopic di uno degli esponenti più controversi del cosiddetto Sogno Americano. Adler Berriman Seal è stato un pilota di aerei di linea che ha sentito il richiamo del brivido e del guadagno facile quando ha iniziato l’attività di contrabbandiere in Colombia, unendosi al cartello Medellin dove incrociò anche il non ancora celebre Pablo Escòbar. Ma il dato curioso e paradossale è che Seal è finito nelle braccia del narcotraffico grazie a un ingaggio da parte della CIA, che l’ha reclutato per scattare foto aeree dei rivoluzionari sandinisti in Nicaragua. Insomma, una storia intricata, piena di risvolti arzigogolati che testimonia una serie di doppi e tripli giochi sia da parte del “furbetto” Seal che vuole fregare il Sistema, sia da parte del Governo stesso, che manda praticamente alla cieca in missioni suicide i suoi “uomini”. Una storia vera difficilmente raccontabile con tanta chiarezza e appeal pop come lo ha fatto invece Doug Liman, regista di The Bourne Identity e ormai nel team di Cruise dall’ottimo Edge of Tomorrow.

Barry Seal – Una storia americana, infatti, prende il via dai VHS che lo stesso protagonista ha lasciato come testimonianza della sua folle storia e da lì partono lunghissimi flashback che ricostruiscono la sua vita dopo le dimissioni dalla compagnia aerea TWA. Una vita avventurosa che lo porta in Nicaragua in veste di spia per il Governo, mentre gli Stati Uniti vedevano Jimmy Carter proclamare alla nazione l’ormai storica “crisi di fiducia” e Reagan si preparava a salire al Potere ereditando la caccia ai comunisti che da tanto tempo ormai caratterizzava i vertici del governo americano. Barry Seal è la classica persona giusta capitata nel momento e nel luogo giusto e quella che sembrerebbe una proposta folle per chiunque, diventa per lui l’opportunità di fare una fortuna inaudita. In casa Seal girano tanti di quei soldi che, letteralmente, non è più sufficiente un edificio per contenerli tutti. La parabola ascendente dell’uomo che ha visto esaudire il suo “Sogno Americano”, che ha condiviso molto generosamente con amici e parenti, è solo il preambolo a una discesa “encomiabile” che metterà a rischio la sua vita: infatti Seal si trova al centro di una situazione in cui i nemici sono nascosti ovunque, tra le alte sfere del governo, nella sua stessa famiglia, e nel cartello Madellin, ovviamente.

Con una chiarezza d’esposizione lodevole, che si deve alla sceneggiatura di Gary Spinelli, e un ritmo serratissimo a cui contribuisce un montaggio molto pop e una colonna sonora variegata e perfettamente aderente alle immagini (si va da You Sexy Thing degli Hot Chocolate a Wah Wah di George Harrison passando per A Fifth of Beethoven di Walter Murphy), Barry Seal – Una storia americana si rivela una vera sorpresa. Un film capace di ridere dell’America e delle sventure altrui facendo satira senza urlare mai il proprio scopo e per far questo Doug Liman adotta uno stile schizofrenico che sembra voler unire autori agli antipodi come Martin Scorsese e Guy Ritchie.

Neanche a dirlo, ma Tom Cruise è mattatore indiscusso del film, un ruolo sentito e voluto che dimostra la versatilità di questo attore dal sorriso sornione, ma molto buone anche le performance di Domnhall Gleeson, che impersona il misterioso Mr. Schafer della CIA, Sarah Wright, che è la bella moglie di Barry, e Caleb Landry Jones che è il di lei fratello bifolco.

Insomma, un film vincente, che si lascia guardare con piacere e rende nota una vicenda vera che si fatica a credere tale, testimoniando anche uno spaccato della Storia americana con sagace piglio satirico. Da vedere!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un film ben scritto, ben montato e ben musicato.
  • Riesce a rendere dannatamente avvincente una storia arzigogolata.
  • Tom Cruise alla sua migliore interpretazione dopo molto tempo.
  • Il suo stile pop-compiaciuto è “vincere facile” piuttosto spudorato.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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