Euforia, la recensione

La piacevole opera seconda di Valeria Golino – a cinque anni dall’esordio con Miele – approda nelle sale italiane dopo il debutto al Festival di Cannes in Un certain regard.
In Euforia le interpretazioni, ottime, sono l’imponente postergale su cui si adagia un plot in effetti piuttosto esile; l’orrore della morte, dal canto suo, diviene il pretesto per raccontare la folle fragilità della natura umana e la propensione di quest’ultima all’inganno.

Matteo (Riccardo Scamarcio) e Ettore (Valerio Mastandrea) sono due fratelli profondamente diversi tra loro. Il primo è un giovane e spavaldo imprenditore; il secondo un modesto insegnante che abita ancora nella villa di famiglia. La scoperta improvvisa della malattia terminale di Ettore li porterà a riavvicinarsi, imparando nuovamente a conoscersi e volersi bene.
In particolare Matteo, la cui quotidianità è spudoratamente votata al lusso e ai piaceri, spronerà Ettore a sposare a sua volta uno stile di vita edonistico e godereccio, oltre a mentirgli sulle sue reali condizioni di salute.

Euforia, come si accennava, é un lungometraggio semplice che, lungi dallo sciorinare lezioni di etica, si concentra piuttosto sul percorso narrativo dei suoi protagonisti e le vivaci interazioni tra loro. Questa, tuttavia, rappresenta un’arma a doppio taglio: Mastandrea e Scamarcio sono abilissimi nel sostenere il film per l’intera sua durata, è innegabile. D’altro canto, però, lo spettatore difficilmente dimenticherà di stare apprezzando due attori in splendida forma per immergersi completamente ed emotivamente nella storia.

Anche il tema del trapasso – centrale, come già accadeva in Miele – non acquisisce mai reale spessore drammatico. Si risolve, al contrario, in mera scappatoia necessaria a giustificare le stravaganti iniziative di Matteo per distrarre il fratello dall’ineluttabilità della propria sorte.
Il limite maggiore del film risiede senza dubbio in questa mancata volontà registica di andar oltre l’amore per i personaggi, comprimari compresi. La Golino, probabilmente per sua scelta, non trasforma in niente più che spunti appena accennati (e in qualche buona metafora) tematiche succose come il ruolo delle illusioni o la tendenza a negare l’amara realtà attraverso futili diversivi.

La macchina da presa avrebbe potuto farsi spietato microscopio determinato a smascherare. Invece, opta per un’agile passeggiata scena dopo scena ed è prevalentemente asservita alla già apprezzata scrittura dei caratteri.
Cos’è dunque Euforia? Commedia umana? Storia di formazione? Drammatica vicenda esistenziale? Il punto non è affibbiare al prodotto un etichetta, bensì ammettere che essere “un po’ questo”, “un po’ quello” – se non si gioca adeguatamente con la commistione di diversi registri – non giova alla pellicola. Anzi, potrebbe lasciare nel pubblico la disorientante sensazione di non aver afferrato dove la narrazione desiderasse andare a parare.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
Interpretazioni godibili e degne di nota.

Brillante scrittura dei personaggi, compresi quelli di contorno.

Non ci si riesce mai davvero ad appassionare alla vicenda.

Trama esile e superficiale nei contenuti.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +6 (da 8 voti)
Euforia, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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