Il vizio della speranza, la recensione

Nel 2016 Edoardo De Angelis si era assicurato un posticino di tutto rispetto nell’Olimpo dei giovani registi italiani da “tenere d’occhio” grazie al bellissimo Indivisibili, storia neo-realista e allo stesso tempo surreale di due gemelle siamesi cantanti che sognano la libertà. Prima di quello c’era un percorso di tutto rispetto fatto di cortometraggi e lungometraggi dal sapore sia leggero (Mozzarella Stories) che noir (Perez.), ma sempre incredibilmente coerente nel raccontare la periferia campana e Napoli con un occhio fuori dal comune, lontano dagli stereotipi a cui l’industria culturale e la cultura popolare ci hanno abituato.

Oggi con Il vizio della speranza De Angelis continua imperterrito per la sua strada calcando la mano sul binomio tra degrado ambientale e voglia di emancipazione. Il risultato è un film estremamente affascinante, una fiaba nera tanto cruda e dura quanto ricca di luce e di speranza, un’opera sicuramente non “per tutti”, complessa e stratificata e, proprio per questo, incredibilmente avvincente.

Maria vive nei pressi di Castel Volturno, si prende cura di sua madre malata di cancro e lavora per una misteriosa signora che ha un traffico di donne incinte. Maria, infatti, traghetta queste donne gravide – per lo più prostitute – attraverso il fiume per compiere parti clandestini e far si che i nascituri siano acquistati da persone che figli non possono averne. La stessa Maria, sempre pitbull al guinzaglio, non può rimanere incinta, a causa di problemi all’utero di non chiarissima origine.

Aggiudicandosi il Premio del Pubblico BNL alla tredicesima Festa del Cinema di Roma, Il vizio della speranza ha forse dimostrato di essere effettivamente meno ostico di quello che potrebbe apparire a una prima occhiata. Si tratta di un dramma molto intenso, sia per tematiche trattate che per la messa in scena incredibilmente potente che si porta sulle spalle. De Angelis, in perfetta continuità con Indivisibili, decide di ambientare la sua storia nella periferia di Castel Volturno, provincia di Caserta, in un luogo visivamente indefinibile, quasi fuori dallo spazio conosciuto, avvolto dal degrado più estremo con spiagge desolate e desolanti addobbate da baracche e manti di spazzatura. In questo scenario si muovono anime dannate in cerca (quasi tutte) di redenzione, prostitute e aguzzini, orchi, principesse e principi ranocchio. Perché il bello de Il vizio della speranza è che in una storia che visivamente vuole essere iperrealistica, narrativamente si affida ai topoi della fiaba, con freaks (la giovane figlia della prostituta, scartata dal “mercato” perché nata con un handicap) e animali guida; non manca, poi, un sottotesto neanche troppo velato che si ancora all’allegoria religiosa.

Se vogliamo trovare un difetto nel rigorosissimo film di De Angelis, infatti, è proprio questa insistenza nel creare un parallelismo tra Maria, la protagonista, e il suo omonimo biblico, con sprazzi da martire che denotano una lettura abbastanza controversa della vicenda. Dettagli, che da un certo punto di vista arricchiscono un film già pieno di suggestioni, ma dall’altra lo intrappolano in una lettura che per qualcuno potrebbe essere “stonata” e poco originale.

Grandissimo pregio sono invece gli interpreti. Pina Turco, già vista (e apprezza) in La parrucchiera, è una protagonista eccezionale: sguardo corrucciato ma dolce, interpretazione intensa, forte e fragile allo stesso tempo. Si nota un grande lavoro sul personaggio fatto di sottrazione e contrasti, aiutato da un’ottima direzione. Ma non sfigurano anche i comprimari, dal giostraio Massimiliano Rossi (già visto in Indivisibili) alla mamma malata Cristina Donadio (la Scianel di Gomorra, che realmente ha avuto il cancro!), fino al boss Zì Marì Marina Confalone. Un cast praticamente perfetto!

Molto suggestive anche le musiche originali di Enzo Avitabile, che con De Angelis aveva già collaborato in Indivisibili.

Portando avanti un discorso sulla periferia campana iniziato in Mozzarella Stories ma con lo stile di Indivisibili, Edoardo De Angelis con Il vizio della speranza fa un altro centro, confermando il suo grande talento e posizionandosi tranquillamente tra i migliori registi italiani della nuova generazione, insieme a Sorrentino, Garrone e Sollima.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Attori bravissimi, con Pina Turco in testa.
  • Location tanto squallide quanto affascinanti e ben fotografate.
  • La bella colonna sonora curata da Enzo Avitabile.
  • Narrativamente ricco di sfumature.
  • L’allegoria religiosa che regge una buona parte della storia potrebbe banalizzare la lettura della vicenda.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Il vizio della speranza, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.