La Pazza Gioia, la recensione

Tra gli autori del cinema italiano professionalmente nati un ventennio fa, Paolo Virzì si distingue come uno dei più interessanti e completi. Appartenente a quella poco simpatica cerchia di artisti “politicamente impegnati”, Virzì ha però il pregio di saper fare cinema nel senso più assoluto del termine, con estrema malleabilità di generi e con un crescente perfezionamento del mezzo tecnico. E La Pazza Gioia è semplicemente l’apice di questa crescita.

Presentato al 69° Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des réalisateurs, La Pazza Gioia riporta Virzì nella sua amata Toscana dopo la trasferta brianzola de Il Capitale Umano: se nel film precedente c’era una particolare esplorazione del thriller a mosaico con un tono corale, qui c’è una fusione pressoché perfetta tra commedia e dramma, concentrando l’intera vicenda su due personaggi. Per la precisione Beatrice Morandini Valdirana e Donatella Morelli: la prima è una sedicente contessa, logorroica e impicciona caduta in disgrazia in seguito a uno scandalo politico; la seconda una giovane madre, fragile e insicura, a cui è stato tolto il figlio in seguito a uno spiacevole episodio. Entrambe sono ricoverate a Villa Biondi, una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali e il film racconta della loro amicizia e dell’improbabile fuga organizzata da Beatrice per far sì che Donatella possa rivedere suo figlio.

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Una commedia sui “matti” che si trasforma in avventura on the road, con uno sguardo sempre attento verso il dramma, ma mai e poi mai teso a facili patetismi, La Pazza Gioia scorre veloce lungo le quasi due ore di durata affidandosi a una varietà di situazioni e un intreccio narrativo che riesce a tenere sempre desta l’attenzione dello spettatore. A tal proposito va spezzata una lancia a favore dell’ottima sceneggiatura scritta dallo stesso Virzì insieme alla sodale Francesca Archibugi (che compare anche in un cammeo nei panni di sé stessa in una scena metacinematografica follemente suggestiva e in cui ci sono anche Corrado Fortuna e Jasmine Trinca) che oltre a tessere un intreccio interessante nella sua varietà di situazioni, riesce a costruire una coppia di personaggi davvero riusciti.

La follia manifesta di Beatrice, che si traduce in estrema estroversione cadenzata da picchi di rabbia, è contrapposta ai silenzi e alla voglia di solitudine di Donatella. Entrambe hanno un passato tragico, in maniera differente, legato alla crisi dei valori e delle finanze una, alla perdita l’altra. Inoltre entrambe vivono una situazione famigliare borderline fatta di genitori menefreghisti e disillusi, sicuramente specchio della fragilità mentale delle figlie e dei loro errori.

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È chiaro che hanno contribuito moltissimo alla riuscita di questi due personaggi le meravigliose protagoniste, che palesemente hanno trovato un’adeguata immedesimazione, vestono i loro vissuti alla perfezione e probabilmente li hanno costruiti insieme agli autori. Valeria Bruni Tedeschi, che con Virzì aveva già lavorato ne Il Capitale Umano, domina la scena con la sua esuberanza e la continua parlantina, dando una perfetta immagina a questa donna che vuole piacere a tutti i costi facendo leva sulla sua bellezza sfiorita ma ancora efficace. Micaela Ramazzotti, ormai abitué nei film del marito, bissa la già ottima prova data in La prima cosa bella e riesce a trasmettere una tenerezza che difficilmente si riuscirebbe a provare per una persona che comunque si è macchiata di una grave colpa, seppur legata alla depressione.

Poi ci sono piccoli dettagli che contribuiscono a far grande questo film, dal brano di Gino Paoli Senza fine, che Donatella ascolta tutte le sere prima di addormentarsi credendo di essere opera di suo padre, al momento sul set di un film che fornisce l’innesco per una (involontaria?) citazione di Thelma & Louise.

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Da Ovosodo a Il Capitale Umano, passando per Tutta la vita davanti e La prima cosa bella, Virzì migliora film dopo film e La Pazza Gioia, ad oggi, è la sua opera più matura e completa.

Forse da un po’ di mesi a questa parte il cinema italiano davvero si sta risvegliando.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Passa con estrema naturalezza per diversi generi cinematografici.
  • Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti bravissime.
  • Un’ottima sceneggiatura.
  • In qualche momento si abbandona ai facili sentimentalismi.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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La Pazza Gioia, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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