Lee Woo-Jin (Old Boy)

LEE WOO-JIN

Lee Woo-jin è l’erede di un impero multimiliardario. Vive nell’attico di un grattacielo, in un loft all’ultimo grido tra armadi semoventi, grandi specchi e fontane interne. Nel tempo libero pratica yoga, colleziona cineprese, osserva la lenta discesa nella follia dell’uomo che ha rapito e terrà prigioniero per quindici anni.

Il nome del prigioniero è Oh Dae-su. Beone buffoncello e donnaiolo, colpevole di aver messo in giro il pettegolezzo che ha causato la morte di Soo-ah, sorella di Woo-jin.

La storia ebbe inizio molti anni prima, nelle aule del Liceo Evergreen. Appena prima di trasferirsi in un’altra scuola, Dae-su colse Soo-ah in atteggiamenti equivoci con un ragazzo. Avrebbe potuto tenerlo per sè, invece pensò bene di raccontarlo a un amico. Passando di bocca in bocca il pettegolezzo si ingigantì, al punto che Soo-ah guadagnò la nomea di ragazza facile. In tutto il liceo girava voce che fosse rimasta incinta. Travolta dalle insinuazioni, Soo-ah sviluppò una gravidanza isterica e si lanciò giù da un ponte.

Woo-jin amava la sorella di un amore più che fraterno. All’insaputa di tutti, era proprio lui il ragazzo che Dae-su aveva scorto assieme a Soo-ah. Sconvolto dalla sua morte, decise di consacrare la propria esistenza alla vendetta. Non una vendetta qualsiasi: un lungo, convoluto, perverso contrappasso.

Passano anni prima che il piano possa avere inizio, abbastanza perché Dae-su si sposi e abbia una figlia. Il primo passo è il rapimento. Woo-jin rinchiude Dae-su in una sorta di prigione privata a pagamento, senza fargli conoscere il motivo e la durata della prigionia. Per quindici anni lo lascia ad arrovellarsi sull’identità del suo carceriere, con la sola compagnia di una televisione (dalla quale Dae-su apprende di essere ricercato per l’omicidio della moglie).

I più già la considererebbero una vendetta niente male. Non Lee Woo-jin.

Assassinata la moglie e fatta ricadere la colpa sul marito, fa crescere la bambina sotto una nuova identità, cancellando il suo passato con l’aiuto di un’abile ipnotista. Poi, senza spiegazione alcuna, lascia andare Dae-su, non prima di aver somministrato anche a lui una buona dose d’ipnosi. Sono passati quindici anni e il piano è  solo all’inizio.

Finalmente libero, Dae-su è a un bivio: ritrovare la figlia perduta o scoprire la verità sul carceriere e le sue motivazioni. Non ha dubbi: vuole verità e vendetta. All’impresa si unisce Mi-do, giovane cuoca conosciuta dopo essere svenuto in un ristorante di sushi, apparentemente per aver cercato di ingoiare un intero polpo ancora vivo. La realtà è ben più terribile: lo svenimento è stato indotto da una suggestione postipnotica, Mi-do non è altri che l’ignara figlia di Dae-su. Woo-jin ha accuratamente pianificato il loro incontro. Tutto procede secondo i piani, ma i tempi sono maturi per il passaggio più delicato: padre e figlia si devono innamorare.

Woo-jin è un genio della manipolazione, ma non è estraneo al dubbio e al timore del fallimento.

Palpabile la sua incertezza quando chiede al signor Han: “Lei pensa davvero che Mi-do sia innamorata di Dae-su? Così presto?“.

Evidente la sua soddisfazione mentre osserva i due dormire l’una nelle braccia dell’altro (non si limita a osservarli: riempie la stanza di sonnifero e, munito di maschera antigas, accarezza la schiena dell’ignuda Mi-do. Poi lascia loro un bel pacco regalo viola. Uno dei tanti tocchi di classe che distinguono il villain di razza).

Woo-jin, nel dipanarsi delle reciproche vendette, non perderà mai di vista Dae-su. Lo terrà sempre sulle spine con telefonate, messaggi, pacchi invariabilmente viola, alimentando l’ossessione dell’uomo e la sua sensazione di non essere davvero libero, ma solo “in una prigione più grande”.

Al loro primo incontro, Woo-jin si presenterà armato solo di un telecomando capace di spegnere il proprio cuore. Oltre a essere un’ottima assicurazione sulla vita (“se muoio non saprai mai la verità“), il telecomando si rivelerà essere il veicolo della beffa definitiva.

Resa dei conti. Nel lussuoso loft in cima al grattacielo, Dae-su apre l’ennesimo pacco viola e scopre di essere il padre di Mi-do. La prima reazione è violenta, ma la minaccia di far conoscere la verità alla ragazza lo porta a più miti consigli. Dae-su si umilia ai piedi di un estatico Woo-jin; in un gesto estremo arriva a tagliarsi la lingua, la stessa lingua che avrebbe ingravidato Soo-ah con le sue chiacchiere.

Woo-jin ha vinto su tutta la linea. Potrebbe essere soddisfatto. Ma ecco che il famoso telecomando sfugge dal taschino. Dae-su lo raccoglie, schiaccia il pulsante che dovrebbe fermare il cuore della sua nemesi. Woo-jin resta in piedi e la stanza è invasa dai gemiti. La registrazione del primo amplesso tra Dae-su e Mi-do.

Io e mia sorella ci siamo amati, pur sapendo ogni cosa. Ci riuscirete anche voi?

Non c’è altro da dire. Woo-jin ricorda Soo-ah  un’ultima volta e si toglie la vita.

Lee Woo-jin appartiene all’esclusivo club degli antagonisti capaci di avere la meglio sull’eroe del film, ma non solo. A renderlo uno dei cattivi più affascinanti di sempre sono la sua solare eloquenza, il gusto morboso per i dettagli, ma soprattutto l’umanità. Pur invischiato in un piano diabolico come pochi altri, in fondo rimarrà sempre quel ragazzino sul ponte, incapace di tenere stretta la mano della donna che amava.

Film: Oldboy (2003, Park Chan-wook)

Nome completo: Lee Woo-Jin

Alias: Evergreen

Età: sulla quarantina

Nazionalità: coreana

Occupazione: erede e dirigente di un’impresa milionaria

Armi: il signor Han, fido bodyguard; l’ipnotista Yoo Hyung-Ja; occasionalmente pistole e cd-rom fatti a pezzi.

Poteri: disponibilità economica apparentemente illimitata; intelligenza e dedizione tali da orchestrare una vendetta lunga decenni e conclusasi con il successo; un’indubbia propensione per il morboso.

Obiettivo: punire Dae-su e la sua lingua lunga.

Nemesi: Oh Dae-su

Multimedia: compare inizialmente nel manga Old Boy (1996-1998, testi di Garon Tsuchiya, disegni di Nobuaki Minegishi) con il nome Takaaki Kakinuma; successivamente, nel remake Oldboy (2013, Spike Lee) dove è chiamato Adrian Doyle Pryce. Le diverse incarnazioni del personaggio presentano differenze sostanziali.

Prima comparsa sullo schermo: 2003

Attore che lo interpreta: Yu-ji Tae

Citazioni: Ricorda: sia un granello di sabbia che una roccia nell’acqua affondano allo stesso modo“.

Scheda a cura di Alessio Arbustini

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