Sorella Morte, la recensione

Se la scena horror spagnola è così tanto acclamata e riconosciuta da gran parte degli appassionati del genere come l’isola felice del vecchio continente, la maggior parte del merito di tale gradimento va ricercata nell’abilità degli autori iberici di acquisire la lezione proveniente dagli horror mainstream, allo scopo però di proporre film con una personalità propria e con un’estetica che rifugge da quella che sarebbe una semplice e sterile copia. Ne sono un esempio pellicole come la saga di Rec, Possession – L’appartamento del Diavolo, La Abuela e Veronica, titoli nei quali i filoni degli zombie, delle possessioni demoniache e delle case infestate sono rielaborati con modalità e approcci registici molto vicini al gusto e alla tradizione dell’horror europeo. Gli ultimi due film citati, inoltre, sono firmati da uno dei maestri del cinema spagnolo di genere contemporaneo: Paco Plaza.

L’autore Valenciano, infatti, insieme al suo ex socio Jaume Balaguerò, è uno dei nomi più apprezzati dai fan grazie alla sua capacità di servirsi degli stilemi del genere, senza per questo risultarne schiavo e ricavando anzi da essi immagini iconiche e atmosfere agghiaccianti, messe al servizio di storie originali e mai banali. Attitudine, questa, che gli ha consentito di creare una cifra autoriale ben riconoscibile grazie alla quale ogni suo lavoro è atteso con trepidante hype.

Tutte qualità apprezzate già nel precedente horror Veronica del quale Plaza, dopo una breve incursione nel crime thriller con Occhio per occhio, propone un prequel, dal titolo Sorella Morte, la cui protagonista è la misteriosa ed inquietante Sorella Narcisa, la suora dagli occhi bianchi che mette in guarda la giovane Veronica dal demone che ha risvegliato e che sta per incombere su di lei.

Un viaggio negli abissi del male da cui ne viene fuori un film per larghi tratti convincente, caratterizzato da un’estetica distante anni luce dai modelli attualmente in voga di film sulle “suore maledette”, cosa che conferma la piacevole indipendenza e anarchia stilistica dell’autore spagnolo. Certo, non mancano i difetti che si palesano in alcune incertezze dello script nella prima metà del film, ampiamente dimenticate da un finale dirompente e fatto di immagini che riempiono gli occhi dello spettatore.

Nel 1939, un villaggio sperduto della Spagna diviene di colpo celebre per merito di una bambina dai presunti poteri divini. Dieci anni dopo, la stessa bambina, ormai divenuta una giovane donna, ha preso i voti e si reca come novizia in un ex convento dismesso, ora adibito a scuola femminile, per svolgere l’attività di maestra. Ben presto, però, Suor Narcisa toccherà con mano le terribili presenze e maledizioni che aleggiano sulla struttura, legate ad un passato funesto e alle reali cause della chiusura del convento.

Una premessa è d’obbligo: non siamo difronte al miglior film di Plaza e, con ogni probabilità, Sorella Morte rappresenta un lieve passo indietro rispetto ai suoi precedenti nel campo del cinema del terrore. Tale considerazione scaturisce dal fatto che il film, nella prima metà, fatica a prendere forma e ritmo, stenta e trovare una sua dimensione e la sceneggiatura, scritta a quattro mani con Jorge Guerricaechevarría non sempre conferisce alla visione quella scorrevolezza e quella linearità che avrebbero reso il film un piccolo cult del genere.

I primi 40-50 minuti, infatti, sono contraddistinti da una storia a tratti pasticciata e senza mordente, quasi scontata e noiosa, e, soprattutto, una grave e sorprendente incapacità di creare scene di suspense e paura che riescano a infondere genuino terrore nello spettatore. Quest’ultimo, dunque, resta sbalordito nel ravvisare una svogliatezza e indecisione poco conformi alla carriera di Plaza ed ancora più evidenti se si pensa all’anonimo e poco incisivo sfruttamento degli interni del convento, il cui fascino orrorifico non viene meno perfino nelle opere meno meritevoli.

Queste criticità, tuttavia, vengono quasi del tutto spazzate via da una lunga frazione finale la cui forza visiva e narrativa avvolge chi guarda e lo conduce in una spirale di visioni oniriche, immagini al limite dello splatter e un crescendo rossiniano di tensione grazie alle quali Sorella Morte si trasforma in una discesa negli inferi in cui la protagonista e gli altri personaggi, fino a quel momento impalpabili, acquistano consistenza e impatto scenico. Il tutto, poi, senza ricorrere ai soliti mezzucci del genere e impreziosito da un’inaspettata ispirazione che permette a Plaza di dare vita a sequenze persino disturbanti e in linea con il marciume della storia del convento e della Suora Narcisa la cui figura resta sempre in bilico tra il bene e il male, confermando la percezione trasmessa in Veronica. L’impressione che si ricava dal gran finale è quella che Plaza si sia liberato dalle catene che si era autoimposto e scatena il suo talento per sfruttare un personaggio, come detto, ambiguo e dal grande potenziale che non ha nulla da invidiare ai suoi omologhi americani.

Sorella Morte, in conclusione, è un film di assoluta qualità e pregio il cui apprezzamento è direttamente proporzionale alla sensazione di un’occasione non sfruttata del tutto, almeno sotto il punto di vista visivo, narrativo e iconografico.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Il gran finale presenta scene di tensione e visioni oniriche ben realizzate.
  • Il personaggio di Suor Narcisa viene fuori alla distanza e resta nel limbo tra il bene e il male.
  • La sceneggiatura alla lunga ha una sua coerenza e si lega in maniera egregia alla storia di Veronica.
  • I primi 40 minuti evidenziano una svogliatezza e una sciatteria registica poco conformi agli standard di Paco Plaza.
  • Location interne non sfruttate a dovere e una prima metà in cui la storia stenta a prendere ritmo e forma.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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