Apes Revolution – Il Pianeta delle Scimmie, la recensione

A tre anni dal bellissimo prequel/reboot L’alba del pianeta delle scimmie, tornano i primati guidati dallo scimpanzé Cesare nel riuscitissimo Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie, che ci racconta l’inizio della guerra che metterà l’uomo e le scimmie uno contro l’altro, con la vittoria dei primati.

Era il 1968 quando Franklin J. Shaffner portava sul grande schermo Il pianeta delle scimmie, tratto dall’omonimo romanzo di Pierre Boulle. La storia del cinema di Fantascienza aveva un nuovo fondamentale tassello e le avventure dell’astronauta George Taylor, interpretato da un iconico Charlton Heston, erano destinate a fare scuola e ad entrare nell’immaginario collettivo per molte generazioni.

Al capolavoro di Shaffner hanno fatto seguito quattro film, una serie televisiva nel 1974, una serie animata nel 1975 e un remake nel 2001 per la regia di Tim Burton. La Fox, infine, ha deciso che i tempi erano maturi per tentare di nuovo la fortuna ma, invece di raccontare per la terza volta la storia dell’astronauta che, a causa di un vortice spazio-temporale, si ritrova su un pianeta abitato da scimmie parlanti, ha intelligentemente tentato la carta del prequel, che raccontasse come la situazione ha avuto inizio nel presente. L’alba del pianeta delle scimmie, diretto da Rupert Wyatt nel 2011, oltre ad aver riscosso un grande successo al botteghino, ha rappresentato un perfetto esempio di come si possa raccontare nuovamente una storia senza ripetersi: tutti sapevamo come sarebbe andata a finire, ma l’arguzia dello script ci ha permesso di scoprire un universo completamente inedito. E con Apes Revolution si è continuato giustamente nella stessa direzione: nulla di nuovo ci viene raccontato, eppure tutto ciò che vediamo sullo schermo non l’abbiamo mai visto né sentito. Seppure una storia simile fosse stata già al centro di uno dei sequel meno brillanti della saga originaria, 1999: Conquista della Terra (1972), la strada intrapresa da questa nuova installazione riesce a costruire una mitologia e un contesto che variano e funzionano a meraviglia, accompagnandoci in maniera credibile e coerente nei meandri della storia che tutti conosciamo.

In Apes Revolution, si fa un balzo in avanti di dieci anni in confronto al film precedente e troviamo un Pianeta ormai sconvolto dall’Influenza delle Scimmie, il virus accidentalmente creato dall’uomo per curare il morbo di Alzheimer, che ha subito una mutazione letale. Buona parte della popolazione è deceduta e i pochi immuni si sono rifugiati in città appezzamenti, in una situazione vicina a uno scenario post-apocalittico. Nel frattempo, la comunità di scimmie contagiate dal virus e rese più intelligenti, si sono rifugiate fuori da San Francisco creando un’ampia colonia, capeggiata da Cesare e intenta a condurre una vita pacifica lontano dagli umani. Ma un’escursione capeggiata da Malcom (Jason Clarke) spinge alcuni umani ad avventurarsi nella zona delle scimmie per riattivare una centrale idroelettrica. Bisognerà scendere a un accordo di collaborazione, e non interferenza, tra le due razze; anche se, sia dalla parte degli uomini che da quella delle scimmie, ci sarà qualcuno pronto a infrangere il patto.

Lo script curato da Amanda Silver e Rick Jaffa, già al timone creativo del capitolo precedente, con l’aggiunta di Mark Bomback (Wolverine – L’immortale e Total Recall), è un sequel naturale e narrativamente coerente con ciò che è stato raccontato nel film di tre anni fa. La situazione introduttiva conduce lentamente a quello scenario apocalittico del film di Schaffner, in cui l’umanità comincia a diventare una minoranza. La decisione di dare narrativamente più spazio alla comunità scimmiesca è un segnale lapalissiano della direzione che prenderà la Storia (quella con la “s” maiuscola) ed è lodevole il lavoro fatto sulla costruzione dei personaggi “animali” che, per lo più, vengono dal precedente capitolo. Se Cesare, il leader a cui dà le movenze l’esperto Andy Serkis, era già una figura sfaccettata e carismatica, la rivelazione di questo sequel è Koba, visto di sfuggita nel terzo atto e ora personaggio di gran rilievo. Inoltre, è protagonista di alcune delle più belle scene di Apes Revolution, come quelle in cui si prende gioco dei soldati facendo finta di essere una “semplice” scimmia.

Fiore all’occhiello di questo film, che porta la firma di Matt Reeves, già regista di Cloverfield e Blood Story, è il rapporto tra razze e le naturali difficoltà che si incontrano nel gestire un’integrazione. In entrambi i gruppi incontriamo personalità che spingono verso la cooperazione e la convivenza, come Malcom e la sua compagna Ellie (Keri Russell), o Cesare e il suo amico Orango Maurice. Ma, allo stesso tempo, abbiamo controparti belligeranti che predicano l’odio come riflesso di un evento luttuoso, come capita al personaggio interpretato da Gary Oldman, o despoti che predicano la rivolta per la sete di potere, come fa lo sfregiato Koba.

Le dinamiche interattive che vengono a crearsi in Apes Revolution sono una chiara metafora della difficoltà di convivenza tra razze umane; da questo punto di vista, vedere nella guerra che scaturisce un riflesso della contemporaneità è cosa piuttosto ovvia. Colpisce, in questo senso, la rassegnazione con cui Cesare vive questa situazione: dapprima prodigo di principi ben precisi (Famiglia, Casa, Futuro), si ritrova, alla fine, a constatare come la guerra sia inevitabile, perché “gli uomini non perdonano”, e il rammarico che a cominciarla siano state le scimmie.

Alla forza e all’incredibile intensità del personaggio di Cesare (e delle scimmie in generale) non abbiamo, però, una controparte sufficientemente forte tra gli umani. Jason Clarke non è James Franco, e il suo personaggio sembra quasi nascere da un “dovere” piuttosto che da reale ispirazione; lo stesso si dica per suo figlio interpretato da Kodi Smit-McPhee e dal personaggio della Russell. L’unico a distinguersi è Oldman, non solo per l’innegabile carisma dell’attore, ma anche per una più approfondita costruzione e funzionalità del personaggio che, paradossalmente, compare meno degli altri.

Apes Revolution è un tripudio di effetti speciali, di una complessità e perfezione da lasciare a bocca aperta, e regia a tratti realmente molto ispirata, come nelle scene di battaglia finali. Anche il 3D funziona a dovere, senza risultare invasivo e offrendo alcuni ottimi scorci immersivi.

Ora è doveroso aspettarsi un terzo capitolo, sperando che raggiunga gli standard qualitativi dei due precedenti che, a conti fatti, sono tra gli esempi più felici di cinema fantascientifico degli ultimi tempi.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Narrativamente coerente con il precedente e capace di condurre la storia nella giusta direzione.
  • I personaggi delle scimmie sono ottimamente costruiti.
  • Effetti speciali sbalorditivi.
  • Storia intelligente e ben scritta.
  • I personaggi umani non sono all’altezza delle scimmie per carisma e intensità.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Apes Revolution - Il Pianeta delle Scimmie, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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