Birds of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn), la recensione
In seguito al successo commerciale di Suicide Squad, che ha lanciato nell’universo cinematografico un personaggio iconico come Harley Quinn, per DC e Warner Bros si è posto un obiettivo di fondamentale importanza: riportare presto in scena il personaggio interpretato da Margot Robbie. Negli ultimi tre anni si sono avanzate più ipotesi, dallo spin-off che si focalizzasse sulle avventure di Joker e Harley Quinn, poi abbandonato (anche) per la rottura tra DC e Jared Leto, alla possibilità di fare un film con un gruppo speculare a Suicide Squad ma tutto al femminile, che inizialmente era stato identificato con le Gotham Sirens, ovvero Poison Ivy, Catwoman e, ovviamente, Harley Quinn. Messo da parte questo progetto specifico, l’idea è comunque rimasta ad echeggiare nelle menti dei produttori che, in fin dei conti, avevano la “pappa” pronta davanti agli occhi senza rendersene neanche conto: Birds of Prey!
La miniserie Birds of Prey nasce nel 1996 dalla penna di Chuck Dixon e la matita di Jordan B. Gorfinkel e si concentra su un gruppo di supereroine che si muovono tra Gotham City e Metropolis. Inizialmente le Birds of Prey sono solo due: Oracle, ovvero Barbara Gordon post Batgirl, e Black Canary aka Dinah Lance. Poi, col passare degli anni e dei numeri, il team si modifica e arricchisce con buona parte dei personaggi DC Comics dell’universo di Batman di sesso femminile (ad eccezione di Hawk, aka Hank Hall)… tanti, molti ad eccezione proprio di Harley Quinn!
Il film scritto da Christina Hodson (già artefice di Bumblebee) e diretto da Cathy Yan (un solo film in carriera, il da noi inedito Dead Pigs) non si pone come trasposizione del fumetto, ma ne prende liberamente ispirazione per dar vita a un prodotto tutto nuovo che si inserisce nel DC Extended Universe come sequel e allo stesso tempo spin-off di Suicide Squad.
In Birds of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn) prendiamo il punto di vista della ex ragazza del Joker… già ex, perché il film si apre proprio con una fanciulla in lacrime che è appena stata lasciata dal re del crimine di Gotham. Dopo qualche goffo tentativo di metabolizzare la situazione, Harley Quinn prende coraggio e consapevolezza di se annunciando in maniera letteralmente esplosiva la sua rottura con Joker e quindi la sua “emancipazione”, come recita il titolo originale del film. Ma c’è una complicazione: ora tutta Gotham City sa che Harley è single e quindi non più sotto la temibile protezione di Joker e dunque in molti reclamano la sua testa, compreso Roman Sionis, boss criminale conosciuto con il nome Black Mask, che si è messo alla ricerca di un diamante che contiene un prezioso codice nascosto. Proprio Harley Quinn, per riscattare i suoi debiti con Black Mask, si offre di recuperare il diamante che nel frattempo è finito nelle mani della ladruncola Cassandra Cain. Ma la strada di Harley, Cassandra e il diamante si incontrano anche con quella di Black Canary, cantante nel locale di Sionis, Renée Montoya, incorruttibile agente di polizia, e una misteriosa “cacciatrice” armata di balestra che sta decimando il mondo mafioso di Gotham.
Già dall’intro a cartoni animati, in cui il look di Harley Quinn è quello inconfondibile delle origini, capiamo che Birds of Prey ha uno stile ben definito e sopra le righe che rispecchia la personalità della folle protagonista. Colori sgargianti, invenzioni visive, anarchia narrativa, voice-over continua e inevitabile rottura della quarta parete fanno di questo film esattamente quello ci saremmo aspettati e, in fin dei conti, desideravamo, soprattutto consci della delusione di Suicide Squad. Eppure, qualcosa non ha funzionato anche nella realizzazione di Birds of Prey e nonostante i primi minuti promettano fuochi d’artificio, più passa il tempo, più il film cerca una standardizzazione narrativa e più ci rendiamo conto dell’evanescenza di questa operazione.
Lo stile colorato, folle e clownesco che a tratti ricorda inevitabilmente la serie tv di Batman degli anni ’60 è senza dubbio fortemente identitario e Cathy Yan è stata capace di dare una personalità fortissima al suo cinecomic; ma la bulimia visiva di Birds of Prey è inversamente proporzionale al suo contenuto e notiamo una carenza di scrittura davvero preoccupante.
Ad eccezione di Harley Quinn, che già conosciamo e comunque catalizza l’attenzione, nessun personaggio riesce ad emergere e questo genera disinteresse nei loro confronti e una dannosa marginalità all’interno della narrazione. La costruzione di qualcuno è semplicemente affidata a facili flashback (Cacciatrice, che ha il fisico atletico di Mary Elizabeth Winstead), qualcun altro è liquidato da un paio di scene e un background intuibile dal contesto (Renée Montoya, che ha il volto di Rosie Perez), di altri ancora non si sa proprio nulla e ci si affida al qui e ora (Cassandra Cain, interpretata da Ella Jay Basco). Ma la colpa maggiore è aver marginalizzato un personaggio importante come Black Canary (Jurnee Smollett-Bell), incapace di emergere a tal punto che quando compie una determinata azione che mostra il suo potere, lo spettatore non adeguatamente alfabetizzato può rimanere confuso sul cosa sta accadendo. In fin dei conti era lo stesso errore compiuto in Suicide Squad, con l’aggravante che in Birds of Prey ci sono in scena la metà dei personaggi! Per non parlare di Black Mask (Ewan McGregor), uno dei villain più noti e temibili dell’universo di Batman qui ridotto a ridicola macchietta, anch’esso privo di qualsiasi background e caratterizzato semplicemente da una certa propensione al capriccio da onnipotenza e una neanche troppo velata omosessualità, spalleggiato da Victor Zsasz (Chris Messina), personaggio purtroppo sempre sottovalutato al cinema.
Qui in mezzo, ovviamente, a regnare è Harley Quinn, personaggio gigantesco completamente reinventato da una Margot Robbie eccezionale (come sempre). La grandezza di questo personaggio sta nel fatto di non somigliare nessun altro personaggio femminile comparso in un cinecomic o action movie: Harley Quinn è fragile e vulnerabile, oltre che matta col botto, e utilizza proprio le sue debolezze per ricavare la forza necessaria per reagire. È svampita ma non è stupida, non è eroica ma solo incosciente, è forte ma perfettamente consapevole di vivere in un contesto in cui riesce a cavarsela. Inoltre ha stile, uno stile talmente iconico da essere riuscito a ridefinire completamente quello di partenza tanto che anche sui fumetti ora Harley Quinn ha il look di Margot Robbie! Insomma, se oggi qualcuno ricorda Suicide Squad e in futuro ricorderà Birds of Prey, state sicuri che è e sarà grazie alla Harley Quinn di Margot Robbie!
In un mix di musiche cool, colori sgargianti e ritmo che ricorda dichiaratamente quello dei Looney Toons, Birds of Prey ha comunque un pregio evidente che è quello delle scene d’azione, per lo più ben architettate e fantasiose, merito di Chad Stahelski, artefice dei tre John Wick, qui regista di seconda unità chiamato dalla Warner a girare gran parte delle scene d’azione con le quali Cathy Yan non si era dimostrata all’altezza.
A conti fatti, Birds of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn) è un parziale buco nell’acqua, una bella confezione senza contenuto che ha il merito di saper valorizzare una scatenatissima Margot Robbie ma anche il difetto di una scrittura inesistente.
Roberto Giacomelli
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