In Dubious Battle – Il coraggio degli ultimi, la recensione
Il mondo dei registi cinematografici potrebbe dividersi in due grandi macro sezioni: gli “individuabili” (è sufficiente qualche inquadratura o un personaggio per riconoscerli) e gli “inafferrabili” (non hanno ancora, o non avranno mai, uno stile definito e temi ricorrenti). In questo secondo campo rientra perfettamente James Franco: sarà per il suo modo di vedere l’arte a 360 gradi o per la sua continua voglia di sperimentare, ma individuare uno stile registico dell’attore di 127 ore è davvero complicato.
Dopo progetti come Child of God e Interior. Leather Bar, Franco dirige In Dubious Battle – Il Coraggio degli Ultimi, film basato sul romanzo del premio Nobel John Steinbeck (lo scrittore di Furore da cui John Ford ha tratto l’omonimo film).
Nell’America della Grande Depressione, Mac e Jim sono due attivisti politici che lottano per i diritti dei lavoratori. Per perseguire i loro ideali, si infiltrano in un gruppo di braccianti della California per convincerli a scioperare per i salari troppo bassi.
L’interesse principale del regista è quello di fotografare ciò che accade nella mente degli uomini quando non agiscono più come individui ma come gruppo. La bellezza di In Dubious Battle si riscontra nel suo essere uno studio antropologico attento su uno sciopero alquanto normale: non accade nulla di straordinario o eccezionale durante gli eventi raccontati (“per cambiare le cose bisogna partire un frutteto alla volta”). A metà della grande Depressione, la pellicola mette in luce tutti i processi vitali dietro uno sciopero, un atto che non si voleva neanche pronunciare ad alta voce: vediamo la nascita, lo sviluppo, il decadimento e tutte le forze e le paure che animano gli individui.
Il disegno è complessivamente corale, anche se è sempre chiaro chi possiede un posto privilegiato e chi invece è destinato a rimanere nella penombra. Il film proclama l’annullamento del singolo a favore di una posta in gioco più alta, ma, in realtà, la narrazione non rinuncia mai ai suoi capisaldi. Nel corso della trama, si avverte un controsenso interno tra le idee manifesto (quelle del romanzo di John Steinbeck) e la sceneggiatura di Matt Rager la quale non lascia spazio a situazioni e personaggi secondari che avrebbero dato maggiore spessore alle idee continuamente urlate.
Si arriva a fare di tutto per perseguire lo scopo: la verità viene cambiata con “quello che gli altri hanno bisogno di sentire”. Per il 90% del tempo, il film divide nettamente i buoni dai cattivi, ma tocca i suoi momenti migliori quando questa distinzione non è più così netta.
Il Franco regista aveva a disposizione grandi soluzioni visive, ma non ha indugiato sui colori dei campi di mele e ha preferito concentrarsi sulle parole e sulle idee. Mac, interpretato dallo stesso James Franco, è il personaggio più delineato e approfondito il quale divide equamente il tempo solo con Jim (Nat Wolff). Il film vede delle donne decise circondate da uomini troppi impegnati a gridare per notarle, ma non concede a loro il tempo sufficiente per creare delle psicologie chiare. A Selena Gomez è affidata la strana sotto trama amorosa della pellicola: bocciate le scene romantiche al tramonto e i tutti i dialoghi del suo personaggio.
In Dubious Battle è una pellicola che divulgava a gran voce la forza del gruppo che, paradossalmente, non ha rinunciato a venerare i suoi protagonisti.
Matteo Illiano
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