Il Grinch, la recensione

Se oggi dovessimo scegliere delle immagini da associare al Natale, al fianco di prevedibilissime icone popolari, religiose e culinarie, rientrerebbe senza ombra di dubbio il ghigno verdastro del malvagio Grinch. Creato nel 1957 da Theodor Seuss Geisel, meglio noto come Dr. Seuss, il Grinch è il protagonista di un celebre racconto in versi in rima, destinato ai ragazzi ma con un acuto sotto testo molto che fa satira sul potere commerciale e consumistico del Natale.

La notorietà del Grinch, essere dalla peluria verde, scontroso e profondamente avverso al Natale, è stata alimentata dal lungometraggio d’animazione Il Grinch e la favola di Natale! (1966) di Chuck Jones e Ben Washam, diventato in breve tempo un classico del palinsesto televisivo natalizio in tutto il mondo, fino al film live-action di Ron Howard del 2000, dove Jim Carrey interpretava la creatura con “il cuore di due taglie più piccolo”.

Ora il Grinch torna protagonista di un lungometraggio, nuovamente d’animazione, e a riportarlo in vita sono i registi Yarrow Cheney e Scott Mosier sotto l’egida produttiva di Illumination Entertainment.

Probabilmente non poteva esserci Studio più adatto ad occuparsi di una nuova trasposizione del racconto di Dr. Seuss perché i creatori di Cattivissimo Me e Pets, che nel 2012 avevano già attinto all’opera dello scrittore statunitense con Lorax – Il guardiano della foresta, riescono a far loro il noto materiale narrativo adattandolo in maniera perfetta allo stile dei Minions & Co. pur tenendo intatta la perfida magia del racconto.

In un fatiscente castello, situato sulla sommità del monte che sovrasta il paese Chissarà, vive il Grinch, creatura scontrosa e solitaria che ha come unico amico il cane Max. Il Grinch odia il Natale, momento di felicità e bontà, ma lo odia a tal punto che decide drasticamente di rubarlo agli odiosamente allegri Chinonsò. Il suo piano consiste nell’intrufolarsi nelle case di tutti i paesani la viglia di Natale, conciato come Babbo Natale, e portar via addobbi e regali. Ma la piccola Cindy-Lou si è messa in testa di sorprendere Babbo Natale per chiedergli un regalo speciale e questo potrebbe compromettere i perfidi piani del Grinch.

Prendendosi molte libertà narrative, mirate soprattutto ad arricchire la storia, Il Grinch della Illumination nasce già con l’intento di diventare un classico dell’animazione natalizia per bambini, così come lo sono stati i suoi predecessori. Svecchiando la formula anticonsumistica in una chiave meno satirica e più genuinamente comica, a portata di bambino, il nuovo Grinch punta tutto sulla simpatia del personaggio verde che in questa versione oltre al fidato cagnolino Max ha un altro socio, l’alce obeso Fred, assoldato per far da renna alla slitta. Se l’ubbidiente Max è naturalmente tenerissimo, l’ingombrante Fred non è da meno e dà vita a gag molto riuscite che sottolineano la giusta sinergia che c’è tra tutti i personaggi. Lo stesso Grinch, pur partendo da un presupposto di perfidia innata, è qui descritto con tratti meno estremi, e pur rimanendo profondamente cinico è la sua simpatia a prevalere e l’avversione al Natale trova anche una giustificazione in una backstory sulle origini.

Forse proprio qui risiede il maggior limite de Il Grinch, mostrare il protagonista in un brontolone che in fondo è un buono, facendo apparire meno netta la trasformazione che subisce alla fine della storia.

A dividere la scena con il Grinch c’è Cindy-Lou, bambina intraprendente del popolo dei Chinonsò che vive in una famiglia molto contemporanea e si pone un obiettivo importantissimo: incontrare Babbo Natale per chiedergli di persona il suo regalo. Cindy-Lou organizza il piano insieme a degli amichetti, tre dei quali sono praticamente i Minions dell’omonimo film (notare il character design), e questa cosa finisce per far confluire la sua storia con quella del Grinch in un finale ben architettato che riscrive l’originale pur rimanendone fedelissimo.

Con un ritmo ben sostenuto che fortunatamente non scende a compromessi con il trend attuale di trasformare in indiavolate montagne russe i film d’animazione per bambini, Il Grinch offre quello che promette e sa intrattenere grandi e piccini con gusto e simpatia.

Da notare l’ottima scelta di doppiaggio per l’edizione italiana in cui a dar voce al Grinch è stato scelto Alessandro Gassmann, soluzione sensata per sostituire il tono profondo dell’originale doppiato da Benedict Cumberbatch.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Riscrive il racconto di Dr. Seuss adattandolo allo stile Illumination ma rimanendo fedele allo spirito dell’originale.
  • Molte gag riuscite.
  • Il doppiaggio italiano è frutto di scelte ben ponderate e delle mode del momento.
  • Il Grinch è troppo buono fin da subito e fin troppo simpatico.
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