La seconda stagione di Suburra: lo spaghetti crime di Netflix

Netflix, ormai famigerata “tagliateste” di serie troppo “fuori dalle righe”, il 22 febbraio ha pubblicato la seconda stagione di Suburra, stavolta con la direzione artistica di Andrea Molaioli (La ragazza del lago, Slam – tutto per una ragazza, Il gioiellino e già regista di quattro episodi della prima stagione di Suburra – La serie) e Piero Messina (L’attesa) che sostituisce i registi della prima stagione, rilasciata a ottobre 2017: Michele Placido (Romanzo Criminale, Vallanzasca – Gli angeli del male, La scelta) e Giuseppe Capotondi (La doppia ora).

Il cambio effettuato dalla produzione ha inciso sullo stile di questa seconda stagione, che si presenta più lineare e meno concitato: i tre protagonisti, e giovani promesse del cinema italiano,  Aureliano Adami (Alessandro Borghi), Spadino (Giacomo Ferrara) e Gabriele Marchilli (Eduardo Valdarnini) sono costretti a riunirsi e a fare squadra un’altra volta per ribellarsi ai ricatti del “Samurai” (Francesco Acquaroli) che punta a governare i territori di Ostia grazie al suo protetto e aspirante sindaco  Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro).

Se nella prima stagione il rapporto di collaborazione fra i tre giovani criminali era ancora labile, in questa esso si trasforma in un’amicizia sincera che sopperisce alla perdita degli affetti più cari che colpisce ciascuno dei tre protagonisti: Spadino cerca di scrollarsi di dosso il ruolo del fratello minore all’interno del clan degli Anacleti, Aureliano deve proteggere il proprio territorio e Gabriele liberarsi dalla tela  del crimine per seguire il sogno di essere un bravo poliziotto come il defunto padre.

L’oggetto del desiderio di questa seconda stagione è il giovane Cinaglia che intesse una rete di contatti sia con i vecchi capi della Malavita organizzata che con i nuovi, a lui si aggiunge l’altrettanto arrivista Sara Monaschi (Claudia Gerini), reduce dalla sconfitta politica subita nella prima stagione e intenzionata a riprendersi un posto di prestigio in Vaticano grazie alla sua onlus per l’accoglienza dei migranti.

In questo secondo atto la politica italiana degli ultimi anni entra di prepotenza nell’intreccio della trama: alcuni temi caldi come la questione dei migranti, il dilagare della criminalità nelle periferie  della Capitale, le influenze dei fatti di cronaca sulle elezioni politiche danno un affresco abbastanza verosimile del nostro Paese, di certo non più crudele rispetto ad altre serie americane come House of Cards, col divino e dannato Kevin Spacey.

A ciascuno dei nostri antieroi si affianca una controparte femminile degna di rispetto: Angelica (Carlotta Antonelli) acquista sempre più sicurezza nel suo ruolo di moglie di Spadino e di futura matriarca del clan degli Anacleti, Nadia (Federica Sabatini) fa la sua comparsa come figlia di un piccolo boss che si ritroverà assieme ad Aureliano per proteggere Ostia dalle mire espansionistiche del Samurai e Cristiana (Cristina Pelliccia) sarà la nuova collaboratrice di Gabriele; non mancano nemmeno le “cattive” della situazione, come la madre stessa di Spadino, Adelaide Anacleti (Paola Sotgiu) che cercherà di soffocare l’entusiasmo del figlio in attesa del risveglio di Manfredi (Adamo Dionisi), la contessa Sveva Della Rocca Croce (Elisabetta De Palo),  acerrima rivale di Sara Monaschi, dalle insospettabili amicizie.

Nonostante la storyline si articoli sulla rivalità di due fazioni contrapposte, non mancherà il colpo di scena finale e la suspance galoppante degli ultimi episodi che lasceranno lo spettatore col desiderio di vedere come si evolverà la trama nella prossima stagione.

Suburra è vittima del costante confronto con le altre serie tv italiane famose all’estero quali Gomorra e Romanzo Criminale che hanno saputo giocarsi bene la carta dell’Italia “spaghetti-mafia-mandolino” senza cadere in personaggi macchiettistici; tuttavia, la prima serie nostrana targata Netflix cerca di ammorbidire la crudezza della trama rispetto alle serie Sky, probabilmente in vista della distribuzione mondiale e quindi di un pubblico non omogeneo.

Gli attori hanno ciascuno un talento fuori dal comune: l’iconicità che Giacomo Ferrara ha saputo donare al personaggio di Spadino riesce a pareggiare l’aurea folgorante di Alessandro Borghi, tanto quanto lo sviluppo e l’espressività del personaggio interpretato da Eduardo Valdarnini contrasta con la posatezza agghiacciante del Samurai di Francesco Aquaroli.

I curatori della fotografia e dalla scenografia hanno saputo risaltare le azioni dei personaggi con una luminosità tenue e delle location di alto impatto visivo.

Se Suburra è in qualche modo debitrice e rivale di Gomorra, potremo dire che la serie è a sua volta debitrice e rivale della stessa città di Roma che, come ne La Grande Bellezza, è “un’attrice non protagonista” davvero temibile che con la sua fisicità millenaria rischia di catalizzare il plauso degli estimatori della serie; ma questo non è il nostro caso.

Ilaria Condemi de Felice

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