La Solita Commedia – Inferno, la recensione

Quando nel 2009 esordirono sul piccolo schermo di MTV con la sketch comedy di chiara ispirazione britannica I soliti idioti, sapevamo che non ci saremmo tolti di torno tanto facilmente gli autori e interpreti Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio. E infatti, tempo due anni, e quel volpone di Petro Valsecchi li contrattualizza per un film su I soliti idioti che, inaspettatamente, incassa 10 milioni e mezzo di euro pur non uscendo in un periodo di “garanzia”. Il film era terribile, un insieme mal cucito di sketch riciclati dalla tv con un’esasperazione della volgarità dettata dal pretesto di voler far satira sull’italiano medio, quindi volgare. Tempo un anno e spunta il sequel, I 2 soliti idioti, leggermente superiore perché narrativamente più compatto, ma fatto della stessa pasta del precedente. Il film esce a Natale (quindi periodo di garanzia massima) e presenta un budget ben più consistente, ma si comporta peggio al botteghino, non arrivando neanche a 9 milioni d’incasso totali.

A quasi tre anni di distanza, Biggio e Mandelli ci riprovano, grazie al cielo senza la Taodue di Valsecchi alle calcagna, sostituita dalla più sobria e sperimentale Wildside di Fausto Brizzi e Lorenzo Mieli. Niente Soliti Idioti, però, almeno non come li consociamo, perché La Solita Commedia – Inferno è sicuramente molto affine al modo di fare comicità del duo di MTV, ma ci presenta personaggi completamente inediti e una qualità ed intelligenza degli sketch che non ci saremmo aspettati.

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L’assunto di base è di quelli che da solo ti fanno il film e, infatti, Biggio e Mandelli, che il film l’hanno pure scritto e diretto insieme a Martino Ferro, si limitano a lanciare un high concept che poi si dilata in innumerevoli scenette comiche.

Minosse, il guardiano dell’Inferno, si trova in estrema difficoltà nel censire i peccatori perché, negli ultimi anni, se ne sono aggiunti tanti non catalogabili. Per questo motivo viene indetta un’assemblea straordinaria nell’aldilà che decide di mandare nuovamente sulla Terra Dante Alighieri per individuare nuovi peccati e nuovi peccatori. Ri-ritrovatosi in una “selva oscura”, Dante si incammina per le strade della metropoli alla ricerca di una guida, che individua in Virgilio, un trentenne che si sta recendo a lavoro. Ora l’uomo si trova costretto ad accompagnare per 24 ore Dante in giro per la città, illustrandogli chi sono i moderni peccatori.

Da questo spunto, senz’altro vincente, Biggio e Mandelli costruiscono un film narrativamente fin troppo frammentario che si sviluppa interamente su un accumulo di sketch, tutti interpretati dai due attori (e dai comprimari Giammarco Tognazzi, Tea Falco e Daniela Virgilio) in tante vesti e situazioni differenti e sempre camuffati dietro pesanti make-up che ne trasformano le fattezze, proprio come lo show televisivo da cui provengono ci ha abituati.

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Malgrado l’evidentissima mancanza di una grammatica cinematografica, La Solita Commedia – Inferno è un film che colpisce in positivo; innanzitutto, parafrasando l’ammiccante titolo, non si tratta della “solita commedia” a cui l’Italia contemporanea, buonista, omologata e cinematograficamente ripetitiva ci ha abituato, bensì siamo di fronte a una commedia che svincola da qualsiasi compromesso, un’opera anarchica in tutto e per tutto, quasi furiosa verso il sistema del quale fa parte. Il film di Biggio e Mandelli se la prende con tutti, mettendo alla berlina vizi e virtù dell’Italia e degli italiani con tale faccia tosta da risultare irrimediabilmente simpatico e la cosa che ci stupisce è la blasfemia di cui si fa fiero, con scenette in Paradiso di una sagacia e un’irriverenza che nessuno si sarebbe aspettati. Dio (Giammarco Tognazzi) è un vecchio fumatore cronico, alcolizzato e impasticcato, Gesù (Tea Falco) un trentenne con animo da adolescente, capriccioso, scazzato, tutto smartphone e sigarette da rollare, c’è anche il bonario “paraculo” Padre Pio e un Paradiso sospettamente adiacente all’Inferno che è scenario di assemblee simil-parlamentari con tanto di risse e viene noleggiato, di tanto in tanto, per diventare set di spot pubblicitari sul caffè.

La Solita Commedia – Inferno fa ridere, a tratti molto, e riesce a portare in scena alcuni siparietti comici che si faranno ricordare con piacere dallo spettatore: come non sbellicarsi di fronte al “coltivatore di rabbia”, all’ “incapace contro il coniuge” o all’ “incapace del wi-fi”? Poi ci sono intere sequenze architettate benissimo, come quella del supermercato o la bellissima macro-citazione da Trainspotting che è lo sketch del “Tecno Incontinente”. Poi ovvio che non tutto è riuscito e, per esempio, la scena dell’ “incapace letale” non fa ridere ed è banale e la sequenza della “pubblicità invasiva” è proprio brutta e infantile.

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Ai tempi del primo film su I soliti idioti, qualche critico si era lasciato scappare con un po’ troppa facilità il paragone con I Mostri di Tognazzi e Gassman, ma sembra che Biggio e Mandelli l’abbiano presa sul personale e La Solita Commedia sembra davvero riproporre quelle atmosfere e quegli intenti palesemente satirico-atropologici.

Senza scadere mai in volgarità, La Solita Commedia – Inferno è la felice conferma, dopo il riuscitissimo esordio cinematografico di Maccio Capatonda con Italiano Medio, che in Italia si può far commedia anche al di fuori dalla logica dei quattro soliti volti noti messi in croce, dei soliti nomi dietro la macchina da presa e dell’irritante e falsissimo buonismo dilagante.

Un non-film che definire geniale non sarebbe neanche troppo un azzardo.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il cocept è vincente.
  • Fa ridere davvero.
  • Alcune gag dissacranti sono geniali.
  • Ha una costruzione narrativa molto poco cinematografica e, alla lunga, l’accumulo di sketch può stancare.
  • Non tutti gli sketch sono riusciti.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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