Lights Out – Terrore nel buio, la recensione

L’impero che si sta formando attorno alla personalità di James Wan è una delle più felici dimostrazioni della rinnovata vitalità del panorama cinematografico horror contemporaneo. Parliamo di una vitalità legata principalmente al botteghino, ovviamente, con piccole somme investite capaci di generare rosei guadagni che poi danno vita a sequel, prequel, spin-off. E se i film leader di questa ondata, firmati rigorosamente dallo stesso Wan, sono in pratica dei nuovi classici del cinema del terrore, ciò che vi orbita attorno è quel tipo di cinema che una volta si sarebbe definito “di cassetta”, in cui Wan ci mette il nome in qualità di produttore. Lights Out – Terrore nel buio rientra in questa categoria e porta la firma di David F. Sandberg, autore anche dell’omonimo cortometraggio datato 2013 da cui questo lungo è tratto.  

Il corto aveva il classico high concept che ben si adatta all’esiguo minutaggio per cui è stato pensato: una donna da sola a casa si accorge che la realtà del suo appartamento cambia con la luce spenta e una misteriosa donna compare minacciosa solo al buio. Neanche tre minuti di durata, una buona atmosfera e qualche sano brivido. Vi mostriamo qui di seguito il Lights Out originale.

Il corto, che ha anche vinto alcuni premi, è stato notato da James Wan che ha deciso di assoldare Sandberg per trasformare il suo film in lungo (e per dirigere Annabelle 2, ma questa è un’altra storia). In effetti l’inquietante sagoma che compare solamente con la luce spenta ben sembra legarsi all’immaginario fatto di tenebrose suggestioni waniane e il risultato ottenuto da Sandberg si inserisce con grande coerenza all’interno di questo rinnovato filone di horror su boogeymen e affini. Il problema di Lights Out lungometraggio, però, è che l’idea rimane vistosamente legata a una narrazione da short movie e la sceneggiatura di Eric Heisserer (specializzato in horror grazie agli script di Final Destination 5, il remake di Nightmare e il prequel di La Cosa) non ha quell’ampio respiro sufficiente a un film da 80 minuti.

Lights out

Il piccolo Martin è terrorizzato da una presenza che si manifesta solamente quando si spegne la luce. Il patrigno di Martin è recentemente deceduto in circostanze misteriose e sua madre Sophie ha seri problemi psicologici, per questo motivo l’assistenza sociale affida il bambino a sua sorella Rebecca, che in passato era entrata in contatto con la stessa inquietante presenza. Indagando sugli eventi, Rebecca scopre che quella creatura non solo è responsabile della morte del loro patrigno, ma ha un legame particolare con Sophie e non ha nessuna intenzione di lasciare in pace la loro famiglia.

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Lights Out è costruito su macrosequenze, delle magnifiche scene di terrore che fanno auspicare un’ottima carriera per Sandberg, capace di dar vita a momenti di tensione molto ben architettati. La presenza di Diana – perché così si chiama la boogeywoman del film – è costante per l’intera durata dell’opera e le sue apparizioni riescono a far scorrere sempre un brividino sulla schiena.

Se il film riesce comunque a creare una buona suggestione orrori fica, c’è da dire però che dal punto di vista narrativo è scarsissimo. Si ha la sensazione che manchi un collante tra le belle sequenze di paura di cui si paralava e l’intreccio architettato per far quadrare il cerchio è molto esile e poco fantasioso, nonché a tratti anche un po’ confuso.

L’impressione generale, dunque, è che il team creativo abbia lavorato di fretta e preoccupandosi poco dell’investitura narrativa, concentrando tutto l’impegno sulla coreografia delle scene di spavento.

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Nel cast spicca per intensità la sempre brava Maria Bello, che veste i panni della madre di famiglia, seconda come investitura attoriale Teresa Palmer, vista di recente nel remake di Point Break e in Codice 999. Curioso trovare l’unica attrice del corto, Lotta Losten, in un piccolo ruolo nel prologo del film.

Lights Out 2 già in cantiere.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Le scene di tensione sono molto bene costruite.
  • Diana funziona come boogeywoman.
  • Narrativamente esilissimo.
  • Si evince la sua provenienza da un cortometraggio.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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