L’uomo dal cuore di ferro, la recensione

L’uomo dal cuore di ferro (HHhH) di Cédric Jimenez con Jason Clarke, Rosamund Pike, Mia Wasikowska, Jack O’Connell, Jack Reynor.

Prima di tutto, occorre fare una premessa: il 27 gennaio si celebra il giorno della memoria per ricordare l’Olocausto e commemorarne le vittime. Anche il cinema partecipa a questo momento di riflessione proponendo in sala, ogni anno, almeno un film dedicato all’argomento. Per questo motivo, da giovedì 24 gennaio verrà distribuito sul grande schermo il film L’uomo dal cuore di ferro; in altri paesi è già uscito da un paio d’anni e ora approda anche in Italia.

Siamo a Praga; l’anno è il 1942. La Cecoslovacchia è occupata dalle truppe tedesche. Un uomo corre in mezzo alla strada ed estrae un fucile per puntarlo contro una Mercedes che sta sopraggiungendo. Sull’auto è seduto uno dei gerarchi più importanti del Terzo Reich: Reinhard Heydrich. Per sapere se l’attentato avrà sortito l’esito voluto è sufficiente leggere i libri di storia oppure attendere semplicemente la fine del film.

Heydrich (insieme ad Adolf Eichmann) fu uno dei più fidati sottoposti di Heinrich Himmler ovvero il braccio destro di Adolf Hitler. Pare che lo stesso Hitler abbia assegnato il soprannome “l’uomo dal cuore di ferro” ad Heydrich che è interpretato da un glaciale Jason Clarke. Dopo essere stato congedato con disonore dalla Marina Tedesca (per condotta moralmente inaccettabile) Heydrich venne ripescato da Himmler che lo nominò leader delle SS. La sua carriera militare fu inarrestabile; divenne ben presto il Viceprotettore di Boemia e Moravia e, di conseguenza, fu trasferito a Praga con la famiglia al seguito. Il suo obbiettivo era, naturalmente, fare “pulizia” ovvero eliminare fisicamente ebrei, invalidi e dissidenti interni ed esterni. La storia è tristemente nota a tutti. La resistenza cecoslovacca era guidata dai cosiddetti “Tre Re” e riuscì a spedire due giovani in Gran Bretagna affinchè venissero formati adeguatamente per organizzare un attentato contro Heydrich.

Nel 2008 Bryan Singer diresse Operazione Valkiria per raccontare la storia di uno tra i tanti tentativi (falliti) di attentato contro la figura Hitler. Singer puntò molto sul carisma di Tom Cruise e su una drammatizzazione spettacolare in stile hollywoodiano. Cédric Jimenez si concentra, invece, sugli avvenimenti e sulla descrizione minuziosa di come si formò la personalità criminale del gerarca nazista; sempre freddo, distaccato, cinico, insensibile anche nei confronti della moglie e del figlio.

L’uomo dal cuore di ferro non è patinato come fu il film di Singer. Anche la scelta di una fotografia dai colori più tenui acclara l’intenzione di calare lo sguardo sugli avvenimenti prima che sulla loro spettacolarizzazione. Ciononostante rimane un film ben riuscito con una costante tensione narrativa e una serie di salti temporali che colmano i vuoti e chiariscono meglio le diverse situazioni.

La sceneggiatura è tratta da un romanzo di Laurent Binet: HHhH. Quattro lettere per un acronimo tedesco che sintetizza bene il concetto: Il cervello di Himmler si chiama Heydrich.

Marcello Regnani

PRO CONTRO
Accurata ricostruzione storica. Narrazione lenta per raccontare episodi di guerra.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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