Maleficent, la recensione

Debutta nelle nostre sale l’attesissimo Maleficent, rivisitazione live-action del celeberrimo classico Disney La Bella Addormentata nel Bosco e interpretato da una protagonista d’eccezione: l’ammaliante Premio Oscar Angelina Jolie. Di fronte a operazioni cinematografiche del genere, sempre più frequenti da qualche anno a questa parte, lo spettatore tende a reagire dapprima storcendo istintivamente il naso ma, al tempo stesso, con un’innegabile dose di stimolante curiosità. Somiglia a una sorta di attrazione masochistica quella generata dalla già citata serie di moderne pellicole, coronata da Maleficent, che tira in ballo a cuor leggero i capisaldi della nostra infanzia. Se, da una parte, siamo sicuri che usciremo dalla sala con la sensazione di aver subito uno stupro morale, dall’altra non riusciamo proprio a fare a meno di cedere al fascino del nuovo e chiederci: “Sarà valsa la pena di scomodare le intoccabili fiabe con le quali siamo cresciuti?”

In questo caso, la risposta è ‘ni’. Ma facciamo un passo indietro e cominciamo con un consiglio spassionato: una volta in sala, dimenticate il delizioso film d’animazione del 1959, o non avrete speranze di apprezzare quanto state per vedere. La versione Disney 2.0 della romantica fiaba di Charles Perrault, infatti, è una rilettura tutta incentrata sull’antagonista, Malefica: giovane fata dalle ali forti e dal cuore generoso, che vive circondata da buffe creature e meravigliosi paesaggi nella foresta del regno. Essendo la fata più potente, assume con coraggio il compito di proteggere l’armonia di quei luoghi dagli attacchi degli avidi umani, alla testa di impetuose battaglie. Ma quando colui che credeva un amico sincero la tradirà, vendendola al nemico, dal suo animo svanirà ogni barlume di tenerezza, per lasciar posto a una creatura tetra e assetata di vendetta al punto da scagliare una terribile maledizione contro la neonata principessina Aurora. A nulla varranno i tentativi del sovrano di nascondere la figlioletta in campagna e farla allevare dalle tre fatine ‘in borghese’ Fiorina (Lesley Manville), Giuggiola (Imelda Staunton) e Verdelia (Juno Temple): Malefica terrà costantemente d’occhio la fanciulla per assicurarsi che la sua profezia si compia. Ma, si sa, i sentimenti sono imprevedibili e le cose non andranno come da lei previsto…

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Maleficent, prodotto che urla “Disney” da ogni poro, è un film orientato prevalentemente verso un pubblico giovane o molto giovane. L’umorismo lezioso e spesso infantile, la linearità dell’intreccio e il classico impianto narrativo tipico della fiaba rassicurante marciano dichiaratamente in questa direzione. Ciononostante, la pellicola è ben orchestrata e retta da una sceneggiatura dinamica ed equilibrata, che vede scene d’azione e momenti di stasi alternati con maestria, mantenendo la soglia dell’attenzione sempre su un buon livello. Dal punto di vista visivo, siamo di fronte a una scenografia maestosa e a uno sfizioso impiego della computer graphic, che lo sfruttamento della terza dimensione aiuta senza dubbio a valorizzare e apprezzare a pieno. Avvolgenti e straordinariamente evocative le atmosfere, tra il dark e il gotico, che si respirano nelle numerose sequenze ambientate nella foresta che, con i suoi colori e le sue ombre, puntualmente rispecchia lo stato d’animo di Malefica.

Le pecche, tuttavia, sono altrettanto evidenti: a fronte di qualche spunto tematico interessante, la trama si dipana per lo più tra trovate al limite del buon gusto (si veda, ad esempio, la scena finale, nella quale Malefica somiglia più alla versione in gonnella di Spider-Man) e fiacche soluzioni narrative, senza mai coinvolgere davvero dal punto di vista emotivo. La miglior sequenza, l’unica realmente gravida di suspance e tensione, è quella dell’apparizione di Malefica durante il Battesimo di Aurora. Una delle pochissime, se non l’unica, ricalcata precisamente sul classico d’animazione. Coincidenze?

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Diamo un’occhiata ai personaggi. Ok, ma quali? A onor del vero, la monumentale presenza di Angelina Jolie vale da sola la visione del film. L’attrice è assolutamente perfetta nei panni di una delle ‘cattive’ migliori che la Disney abbia mai concepito, e lo è tanto dal punto di vista interpretativo che da quello estetico. Il suo accecante e ambiguo sorriso, incorniciato da labbra rosso fuoco e dal sinistro look total black, è destinato a rimanere impresso a lungo. Conseguenza inevitabile dello spessore e del carisma della figura principale è, però, una dilagante inconsistenza dei comprimari. Non si allude soltanto alle tre irritanti fatine dalla vocetta stridula (che, a suo tempo, fecero la fortuna del film del ’59 e che è un vero peccato veder ridotte a sciocche e umilianti figure sullo sfondo), ma anche alla Principessa Aurora (Elle Fanning), scialba presenza che si limita a mostrarsi spaesata o a sorridere radiosamente e per la quale lo spettatore difficilmente riuscirà a provare simpatia. Stendiamo un velo pietoso sul Principe Filippo (Brenton Twaithes) ma spezziamo una lancia in favore di Sharlto Copley e Sam Riley, rispettivamente nei panni di re Stefano e Fosco, servo di Malefica; questi ultimi, a loro modo, riescono a ritagliarsi un proprio spazio narrativo e far emergere le proprie psicologie.

È interessante notare, da parte della Disney, la volontà, con questa pellicola ma non solo, di mettere in discussione se stessa e il proprio dictat che, per anni, ha voluto le principesse in balia di pericoli e incapaci di cavarsela se non con l’aiuto del prode cavaliere senza macchia e senza paura. Senza voler anticipare nulla, accenniamo solo che gli eventi di Maleficent prenderanno una piega insolita non solito rispetto alla fiaba originale ma, come si diceva poco sopra, rispetto alla solita politica della major.

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Maleficent è una pellicola della quale si consiglia la visione non solo per la magnetica performance di Angelina Jolie, cattiva dagli occhi smeraldo, ma anche per scoprire un punto di vista diverso sulle fiabe di una volta. Non necessariamente migliore, senz’altro aggiornato e che, sicuramente, offrirà molto su cui riflettere. Niente diatriba tra il rosa e il blu né menestrelli ubriachi che si addormentano sotto il tavolo di un banchetto, dunque… Unica reminiscenza della perduta innocenza, le note che accompagnano i titoli di coda: tiepido accento sulla nostalgia e su quel pizzico di amaro in bocca con il quale si abbandona la sala. Che sia la conferma che le fiabe di una volta sono intoccabili o l’amara consapevolezza che l’infanzia sia ormai solo un ricordo. Resta un dilemma: arricchire gli storici villain di sfumature inedite ne accresce effettivamente il fascino, in virtù della complessità di suddette sfaccettature? Oppure fare di Malefica una donna ferita che, suo malgrado, impara di nuovo ad amare finirà per banalizzarne la figura e penalizzare il suo appeal?

Maleficent, esordio al lungometraggio di Robert Stromberg, è nelle nostre sale dal 28 maggio, distribuito da Walt Disney Puctures.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Un’Angelina Jolie in stato di grazia.
  • Visivamente grandioso e affascinante.
  • Script dinamico ed equilibrato.
  • Offre un punto di vista inedito sulle classiche fiabe Disney.
  • Comprimari privi di spessore.
  • Qualche trovate narrativa di gusto eccepibile.
  • Prevalentemente orientato verso l’infanzia.
  • Questa versione 2.0 di una delle cattive migliori della Disney non piacerà a molti.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +6 (da 6 voti)
Maleficent, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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