Mickey 17, la recensione

Vivi. Muori. Ripeti. Recitava la tagline di Edge of Tomorrow, il fanta-action con Tom Cruise che raccontava un bizzarro loop temporale in cui era finito un marine del futuro. Ma “Vivi. Muori. Ripeti” è praticamente la filosofia di vita del povero Mickey Barnes, protagonista della nuova fanta-commedia di Bong Joon-ho, Mickey 17, a cui da volti e corpi Robert Pattinson.

Nel futuro la Terra non offre più molto ai suoi abitanti: le risorse scarseggiano, l’ambiente si fa sempre più inospitale e il lavoro non c’è. Per questo motivo, in molti emigrano verso colonie terrestri, come quella sul pianeta ghiacciato Niflheim, dove a dettar legge ci sono il leader Kenneth Marshall e sua moglie Qwen.

Gli amici Mickey e Berto investono in un’attività che, secondo gli analisti, dovrebbe essere la nuova frontiera del consumo gastronomico, un negozio di macarons, ma gli affari non vanno a gonfie vele e i due non riescono a pagare i loro debiti così, per non soccombere agli strozzini, decidono di lasciare la Terra in direzione Niflheim. Berto trova il ruolo di addetto ai trasporti, Mickey, che è piuttosto distratto, firma per l’incarico di expendable, sacrificabile, ovvero un manovale destinato agli incarichi più pericolosi che cede letteralmente il suo corpo alla compagnia di Marshall con la possibilità di essere “ristampato” qualora dovesse morire. E ovviamente morirà. Morirà molte volte.

Dopo la Palma d’Oro a Cannes e i tre Oscar guadagnati per Parasite, in veste di regista, sceneggiatore e produttore, il sudcoreano Bong Joon-ho ha accettato di tornare a lavorare negli Stati Uniti, dopo le esperienze di Snowpiercer e Okja, con il budget più importante di tutta la sua carriera. L’occasione si è presentata con l’adattamento del romanzo fantascientifico di Edward Ashton Mickey7, una singolare storia di clonazione e sfruttamento sociale che sembra scritta appositamente per essere rielaborata dal regista di Parasite.

Proprio come il film premio Oscar, infatti, ma anche come accadeva in Snowpiercer, il fulcro della vicenda sta nella discrepanza tra classi sociali, tra chi ha il potere e sfrutta chi invece è ai margini della società ed è mosso dal bisogno. Il potente, in questo caso, è il leader di Niflheim Kenneth Marshall, uno sbruffone che si pone a benefattore pur danneggiando chi e cosa lo circonda. A dargli volto è un Mark Ruffalo in estremo overacting che nelle espressioni e nelle movenze sembra restituire una parodia di Donald Trump; ma dietro ogni “grande” uomo c’è sempre una “grande” donna, che in questo caso è la first-lady Qwen, una Toni Collette abbastanza perfida e opportunista, fissata con le salsine.

Ogni sfruttatore esiste perché c’è qualcuno da sfruttare e in Mickey 17 sono i coloni umani, che si dividono in base alla professione che scelgono di ricoprire, tra addetti alla sicurezza, consulenti scientifici, operai, autisti e… sacrificabili. Questi ultimi sono il bidone dell’umido della colonia, coloro a cui affidare i compiti mortali perché hanno autorizzato quella che sulla Terra è considerata una pratica illegale: la stampa di un copro umano vivente. Praticamente un processo di clonazione con stampante 3D che dà vita a un doppio perfetto di chi viene scannerizzato, compresa la coscienza e i ricordi. Mickey muore, viene incenerito e “resuscitato” 17 volte, ma proprio nel momento in cui viene dato il via alla 18ª stampa scopriamo che 17 è ancora vivo.

Robert Pattinson riesce a dare una differente sfumatura a ognuno dei Mickey in scena concentrandosi, in particolare, su 17: lui è di fatto uno smidollato, quasi l’opposto di 18, che si mostra invece determinato, coraggioso e anche un po’ stronzo. Al numero 17 Pattinson conferisce espressioni e gesti da imbranato, modula la voce per farla apparire più sottile, quasi da ranocchio, tutto il contrario del dispotico 18. Insomma, quello scialbo vampiro luccicoso Pattinson se l’è lasciato davvero alle spalle dimostrando di film in film che ormai è un attore adulto e con “a” maiuscola.

Come Bong Joon-ho ha già dimostrato in altre occasioni, la sua forza sta nella contaminazione di generi e se in Mickey 17 di fondo c’è una satira alla società contemporanea, che si trasforma presto in critica alle differenze di status, è la fantascienza a incorniciare tutta la vicenda. Però il linguaggio è quello della commedia, che in più occasioni si tinge di grottesco e non mancano anche scene d’azione condite da creature extraterrestri. Insomma, Parasite + Snowpiercer (da cui prende anche l’ambientazione ghiacciata) + Okja + The Host. Mickey 17 ha influenze da tutti questi film dell’autore sudcoreano e allo stesso tempo risulta un’opera completamente diversa, pur se assolutamente riconoscibile della sua poetica.

E sono questi tratti di riconoscibilità a fare di un autore un grande autore.

Probabilmente Mickey 17 non accontenterà tutti i palati perché, effettivamente, è un oggetto abbastanza bizzarro che va letto nel modo giusto. Il tono grottesco e una ripetitività nella narrazione tendono a svantaggiarlo, a renderlo meno fluido di quanto il suo essere una commedia di fantascienza potrebbe far pensare. Ma se lo spettatore riesce ad entrare nel mood della satira sociale, della riflessione sul potere e sullo sfruttamento umano e ambientale, Mickey 17 offre davvero molte soddisfazioni mostrandosi un lavoro completo e molto più complesso della media dei prodotti simili.

Mickey 17, dopo essere stato presentato in anteprima al 75° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, è arrivato nei cinema italiani il 6 marzo 2025 distribuito da Warner Bros.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • La firma di Bong Joon-ho è molto presente e il film si inserisce perfettamente all’interno della poetica dell’autore sudcoreano.
  • Il mondo ghiacciato e le sue “adorabili” creature.
  • L’interpretazione di Robert Pattinson.
  • Il film è abbastanza lungo e ripetitivo. La propensione alla ripetizione ha ovviamente senso, ma potrebbe infastidire e annoiare qualcuno.
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