Napoleon, la recensione del kolossal di Ridley Scott con Joaquin Phoenix

Dopo l’uscita di 2001: Odissea nello spazio, Stanley Kubrick si mise al lavoro su un biopic su Napoleone Bonaparte. Si trattava di un kolossal che avrebbe ripercorso, nella durata di 180 minuti, tutta la vita del celebre generale francese, dall’infanzia alla morte, passando per la sua formazione militare, la vita politica e le conquiste. Il Napoleon di Stanley Kubrick, oggi documentato dal ritrovamento di una sceneggiatura originale negli archivi della United Artist, non vide mai la luce e il perché è da cercare esclusivamente nella difficoltà che il regista newyorkese ebbe nel trovare finanziamenti. Pare, infatti, che gli furono chiuse molte porte in faccia anche a causa del sonoro insuccesso del film Waterloo (1970) di Sergei Bondarchuk. E così Kubrick, dopo Arancia meccanica, si dedicò a un altro film storico, Barry Lyndon.

Mezzo secolo dopo, un grande regista contemporaneo come Ridley Scott ci riprova e ci riesce a fare Napoleon! E ironia della sorte vuole che il film inizi più o meno lì dove terminava Barry Lyndon, ovvero con la Rivoluzione Francese. Se nel capolavoro di Kubrick scopriamo proprio nell’ultima scena che la vicenda si ambientava nel 1789, il film di Scott si apre nel 1793 a Place de la Révolution, dove viene condotta la regina Maria Antonietta per essere decapitata. Al grido di «Viva la Repubblica!», mentre con un falso storico un giovane Napoleone Bonaparte osserva tra la folla, si apre grandiosamente l’opera di Ridley Scott che catapulta immediatamente lo spettatore tra le cannonate e il sangue dell’assedio di Tolone. Un giovane e ambizioso ufficiale diventa un generale e ottiene il comando dell’esercito nell’ascesa al potere che rappresenta uno dei grandi focus di Napoleon.

Quello diretto da Ridley Scott e scritto da David Scarpa è un film come se ne facevano un tempo, un kolossal storico alla maniera della Hollywood del ‘900, sontuoso, imponente e in equilibrio tra spettacolarità e sentimentalismo, compreso anche di tutti quegli svarioni storici sui quali i cinefili dell’internet puntano il dito ignorando il valore narrativo del cinema.

Napoleon non ci racconta la Storia, almeno non nel senso più tradizionale, ma ci racconta una storia, quella di Napoleone Bonaparte, un uomo ambizioso e audace che arriva a indossare la corona di Imperatore di Francia. Ma non è solo il Napoleone abile stratega, condottiero, politico e regnante, ma anche il Napoleone uomo e marito, pregno di insicurezze, per lo più generate da pressioni sociali, e innamoratissimo di una sola donna, la creola Giuseppina di Beauharnais. Scott divide molto arbitrariamente il suo film tra queste due anime del personaggio, forse concedendo anche fin troppo spazio alla vita matrimoniale che finisce per catturare l’attenzione più delle imprese storiche e belliche. Osserviamo, così, gli scorci di vita a palazzo Bonaparte dove Napoleone si precipitava impaziente dopo le battaglie per riabbracciare Giuseppina e dove, di frequente, si consumavano gli adulteri della donna.

Quella che ci viene offerta di Napoleone è un’immagine inaspettatamente umana che stride con l’ambigua didascalia finale del film, quasi un atto d’accusa e di condanna, un bodycount che effettivamente vediamo sullo schermo nelle due ore e quaranta di film, ma che passa in secondo piano in confronto al ricco arco narrativo che viene raccontato.

Se il Napoleon di Scott prova a raccogliere una mole considerevole di eventi condensandoli in blocchi narrativi – scanditi, tra l’altro, da capitoli – allo stesso tempo non riesce a fornire un quadro chiaro della progressione storica. E a poco servono le didascalie che ci dicono il dove e il quando (probabilmente aggiunte in post proprio considerando questa criticità) perché c’è proprio un senso di approssimazione generale, come delle parentesi che scandiscono un momento e l’altro della relazione del protagonista con la moglie.

Questa mancanza di fluidità narrativa, che tende anche ad appesantire la visione, potrebbe essere anche un problema dato dalla versione theatrical del film poiché il montaggio finale di Napoleon è di circa 4 ore, come da versione televisiva esclusiva di AppleTv+, ridotto di 80 minuti per l’uscita anticipata in sala. Per il momento concediamo il beneficio del dubbio a questa discrepanza di versioni, rimandando a settembre David Scarpa per quello che non ci appare un lavoro proprio impeccabile.

Joaquin Phoenix, invece, è un Napoleone notevole, differente da tutte le versioni cinematografiche che si sono viste fino ad ora, misurato e umano nelle sue numerose imperfezioni, con uno sguardo glaciale in guerra ma scioglievole tra le mura domestiche. Altrettanto riuscita è l’interpretazione di Vanessa Kirby nei panni di Giuseppina, sottilmente calcolatrice eppure affezionata al marito, quell’affetto che – fantozzianamente – non è mai vero amore, ma piuttosto stima. Fa anche piacere ritrovare in un ruolo di peso Rupert Everett, che qui è Arthur Wellesley, duca di Wellington, figura chiave della battaglia di Waterloo che segnerà la fine della carriera di Napoleone.

A conti fatti, Napoleon è un film bello ma non eccezionale, un compito svolto con un’impeccabile professionalità che si ricorderà per alcune sequenze magnifiche, come la battaglia “di ghiaccio” ad Austerlitz, ma anche per una certa approssimazione generale che crea noia. Per Scott è un’altra tacca da incidere fieramente sulla cintura, per il Cinema un gradito ritorno al kolossal classico, per lo spettatore un modo per riscoprire la discussa figura di Napoleone.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Produttivamente importante e con una cura tecnica impressionante.
  • L’interpretazione di Joaquin Phoenix, ma anche di vanessa Kirby.
  • La spettacolarità di alcune scene belliche.
  • A tratti sembra sorvolare troppe cose, cadere nell’imprecisione in maniera gratuita.
  • Le due ore e quaranta minuti si sentono tutte.
  • Troppa Giuseppina e poca azione.
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