Natale da Chef, la recensione
Da più di trent’anni a questa parte non è Natale se nelle sale non arriva il solito cinepanettone, filone cinematografico che, nel bene e nel male, ha segnato, e continua a farlo, un’epoca e a dividere pubblico e critica che da sempre si è schierata contro questo genere di comicità tutta basata su gag volgari e dinamiche da commedia dell’arte. Due dei personaggi più importanti di questo genere sono sena dubbio Massimo Boldi e Neri Parenti, rispettivamente attore e regista, che timbrano il cartellino anche nel 2017 con questo nuovo film dal titolo Natale da Chef. Una commedia, come da tradizione, leggera nei toni, molto banale dal punto di vista narrativo e basata su un umorismo rivolto ad un pubblico occasionale e commerciale, proprio come quello che affolla le sale nel periodo delle feste.
Nulla di nuovo sotto il sole, insomma, soprattutto se si pensa al cast composto da volti noti del settore come Paolo Conticini, Biagio Izzo, Maurizio Casagrande, Enzo Salvi, Dario Bandiera, Barbara Foria, accompagnati dalle new entry Francesca Chillemi, Milena Vukotic e Rocio Munoz Morales.
Gualtiero Saporito sogna di diventare un cuoco, ma la sua buona volontà non viene supportata dal talento. Dopo aver combinato gli ultimi danni nella cucina del ristorante che gestisce con la moglie Beata, però, l’uomo ha davanti a sé l’occasione della vita: Furio Galli, proprietario di una famosa agenzia di catering, decide di partecipare alla gara d’appalto per preparare i pasti al prossimo G7 e nomina proprio il protagonista per guidare il suo team. Gualtiero vede realizzarsi il suo sogno, ma Galli in realtà lo sceglie in quanto è costretto a perdere per salvare la sua azienda dai debiti. Riuscirà Gualtiero e il suo scalcagnato team a superare questa avversità?
Il grande difetto della comicità proposta dai cinepanettoni, in particolare quella di Boldi, è di non essere al passo con i tempi e con i nuovi gusti del pubblico, risultando così stantia, prevedibile e di conseguenza poco divertente. Assistiamo così, come detto, a gag basate sui soliti scambi di persona, doppi sensi e situazioni oltre i limiti del surreale che vanificano un plot che, seppur poco credibile e mal equilibrato tra lungaggini e dialoghi poco utili, possiede quantomeno uno spiccato senso del ritmo rispetto ai titoli degli ultimi anni, su tutti il meno che mediocre Natale al Sud che forse ha rappresentato il punto più basso per l’attore milanese. Natale da chef, dunque, è un decalogo di tutto ciò che si può e deve aspettare da un film di questo tipo, cosa che lo rende un’operazione onesta e lineare nel suo essere banale e omologata a un genere ormai saturo.
Eppure alcune note liete ci sono e vengono rappresentate da un cast in cui qualche interprete bravo e ben calato c’è, come ad esempio Maurizio Casagrande e Dario Bandiera i quali sono gli unici a dare vita a sketch con un minimo di verve e a strappare qualche sana e genuina risata.
Tutto il resto, tuttavia, è noia e mediocrità che rendono questo Natale da chef un film dimenticabile e destinato a disperdersi nel mare magnum delle sale cinematografiche e la folla di gente che le popolano.
Vincenzo de Divitiis
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