Old, la recensione

Old

C’era un tempo, all’inizio del nostro millennio, in cui il cinema di M. Night Shyamalan stava dando vita a un nuovo modo di raccontare storie di genere. Erano i tempi che da Il sesto senso (1999) andavano fino a The Village (2004), passando per Unbreakable – Il predestinato (2000) e Signs (2002). Un cinema fieramente di genere, horror con virate fantascientifiche, ma che utilizzava un personalissimo linguaggio autoriale. Nonostante Shyamalan ha continuato a donarci grandi film rielaborando il genere fantastico (Lady in the Water ed E venne il giorno), il pubblico e la critica non hanno risposto positivamente; sono seguiti due sonori flop (L’ultimo dominatore dell’aria e After Earth) e una rinascita in piccolo, rivangando gli esordi più horror (The Visit e Split), fino all’ambizioso Glass che ha ridato al regista di origini indiane quel favore del pubblico che era andato a scemare negli anni.

Siamo nel 2021, la carriera di Shyamalan è cambiata e, tutta in salita, è tornata quasi al punto di partenza, ma la sua ultima fatica, Old, è una splendida parabola fanta-horror sulle derive in cui si può incorrere quando l’uomo si sostituisce a Dio.

Guy, Prisca e i loro due figli, l’adolescente Maddox e Trent di 6 anni, si concedono una rilassante vacanza in un resort di lusso, prenotato attraverso una vantaggiosa offerta online. È tutto perfetto in quel luogo e quando la famiglia ha occasione di passare una giornata di puro relax in una spiaggia segreta avvolta dagli scogli, sembra un sogno che si avvera. Ma in quella spiaggia c’è qualcosa di strano, il tempo sembra scorrere in maniera innaturale…

Night Shyamalan adatta per il grande schermo la graphic novel Castello di sabbia di Pierre-Oscar Lévy e Frederick Peeters, una storia minimale e inquietante che al cinema si arricchisce di elementi e di un contesto più corposo. Materiale perfetto per lo stile asciutto di Shyamalan che si concentra su un qui ed ora, pochi personaggi e un crescendo di tensione che deflagra in un ultimo atto davvero sorprendente.

Al di là dell’high concept molto originale e sicuramente intrigante, che sarebbe stato adatto anche a un episodio di Ai confini della realtà, Old riesce a tenere l’interesse dello spettatore lungo tutte le quasi due ore di durata. In realtà non c’è molto oltre l’incipit che conosciamo e il film presenta una costruzione da survival movie in cui la sopravvivenza è contro l’ineluttabile trascorrere del tempo, che tutto logora e consuma. Seguiamo il tragico susseguirsi dei minuti e delle ore, che diventano anni e decenni per i personaggi in scena, nel repentino processo di invecchiamento che li investe. Tutto è sottoposto a una grottesca accelerazione: le cellule invecchiano, si decompongono, le rughe si sviluppano, le malattie si presentano all’improvviso, le ossa diventano fragili, la vista va via, così come l’udito, le gravidanze durano solo pochi minuti. Su quella spiaggia che sembra essere fuori dal mondo e dalla logica terrestre vige solo la regola virgiliana del tempus fugit.

«Sed fugit interea fugit irreparabile tempus».

Leggevamo nel terzo libro delle Georgiche, così irreparabilmente fugge il tempo sulla spiaggia di Old in un crescendo di disperazione e terrore che si trasforma, pian piano, in rassegnazione.

Fa un certo effetto seguire le vicende di questo gruppo di turisti travolti dall’avanzare repentino del tempo. Shyamalan è abile nel creare empatia con questo sparuto gruppo della classe medio-alta americana, in cui ognuno ha problemi pregressi, questioni da risolvere, psicosi e fobie. È abile nel donare al film un ritmo sempre molto alto, nel farci temere per l’assurda situazione a cui sono stati condannati tutti loro e ci incuriosisce tanto per le l’esito della storia quanto per le motivazioni che vi sono dietro.

Old è cinema di genere fatto con grande classe e con una professionalità narrativa invidiabile, è cinema in cui lo sguardo del regista, che a un certo punto diventa incredibilmente e ironicamente diegetico, segue i personaggi con dei movimenti di macchina intelligenti e perfino poetici, cela dettagli e ne sottolinea altri, segue il fare degli elementi naturali e poi deflagra in movimenti isterici, impazziti.

Così come accadeva nei suoi primi film, Shyamalan in Old trova quella sintesi necessaria tra cinema d’autore e soluzioni di puro genere, con momenti fortemente horror ed elucubrazioni filosofiche che mettono faccia a faccia l’essere umano e la sua volatilità con l’inspiegabile ira vendicativa della Natura.

Sicuramente Old non convincerà tutti i palati proprio a causa di questa schizofrenica visione del cinema che ha accompagnato l’iter di Shyamalan in rischiose avventure come The Village e E venne il giorno e in cui anche il suo ultimo film si inserisce, ma non lascia assolutamente indifferenti perché sa come parlare al pubblico, come creare emozioni. E questo non è poco.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’idea di partenza e il modo in cui è gestita.
  • Ottimi attori, a cominciare dai giovani Thomasin McKenzie e Alex Wolff.
  • Ritmo incredibilmente alto.
  • Cerca una sintesi tra spessore e intrattenimento, ma tutto sembra sbilanciato verso il secondo elemento, prestandosi a facili critiche.
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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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