Planetarium, la recensione

Iniziamo con una domanda, necessaria, per avvicinarci alla visione e comprensione di Planetarium. Cos’è un planetario?

Il planetario è uno strumento ottico utilizzato per riprodurre in modo estremamente realistico la volta celeste, su uno schermo di proiezione (o sul monitor di un computer). Per estensione, spesso, viene usato anche per indicare l’edificio che ospita tale apparecchiatura. Fin dal più lontano passato, egizi, babilonesi, arabi ed altre popolazioni dedite all’astronomia hanno osservato il cielo, per trarne auspici e previsioni riguardo agli eventi della vita quotidiana e per motivi strettamente pratici, come la definizione di calendari precisi. Parallelamente è nata l’esigenza di rappresentare l’aspetto del cielo notturno, per questioni religiose, artistiche e di registrazione storiografica in concomitanza di eventi celesti di particolare singolarità ed interesse. 

Ed ora traiamo le nostre metaforiche conclusioni, ponendoci la seconda domanda. Cos’è il cinema se non uno straordinario planetario? La sala cinematografica stessa è una traslazione del concetto di planetario, se accostiamo l’idea del mondo del cinema e, perché no, delle star a quello della volta celeste. Il cinema raccoglie storie in una stanza, leggende, evoca buchi neri, fantasmi, stelle… meteore. Esattamente come in un planetario, nella sala cinematografica “è necessario fare buio per poter vedere meglio“. In sala lo spettatore si immerge in un racconto di cui non conosce la fine, proprio come quando l’estate ci si stende, su di un prato, con gli occhi puntati al cielo immenso, meditando sull’infinito.

Rebecca Zlotowski, classe 1980, parigina di nascita, polacca di origini, già acclamata dalla critica per Belle Epine e Grand Central, presenta Planetarium, la sua terza opera. Un film importante, difficile, in costume e ad alto Budget che si avvale della maestria di Natalie Portman, Lily-Rose Depp, Emmanuel Salinger e Louis Garrel.

Siamo a Parigi sul finire degli anni ’30. Kate (Lily-Rose Depp) e Laura Barlow (Natalie Portman) sono due spiritiste americane impegnate in una tournée mondiale. Le loro doti medianiche colpiscono l’importante produttore André Korben (Emmanuel Salinger) il quale vuole risollevare le sorti della sua casa cinematografica, compiendo un’impresa strabiliante: impressionare sulla pellicola la presenza di uno spirito.

“Il soggetto nasce dal mio desiderio di lavorare con gli attori – racconta la Zlotowski – facendoli cadere in uno stato di trance. Il legame tra cinema e spiritismo nasce da qui. Mentre lavoravo alla stesura delle sceneggiatura in Francia, come in tutta Europa, si respirava aria pregna di Antisemitismo e razzismo. Da qui l’idea di ambientare il film negli anni ’30. Volevo fare un film sull’Europa, la fede, lo spiritismo che sfocia nel cinema. Planetarium presenta la paura contemporanea del populismo estremista”. 

Il film propone due racconti fusi assieme: la storia di due sorelle e la storia di una realtà attanagliata delle leggi razziali. Il ruolo di Laura Barlow è stato cucito addosso alla Portman: una donna intelligente, indipendente, interessata a cinematografie diverse da quella hollywoodiana; mentre idono di Kate, la più piccola delle Barlow e la più “dotata”, è il dono che il cinema fa allo spettatore. Da qui la riflessione sul cinema stesso. La riflessione sul tema realtà/finzione. Quello che poteva presentarsi come un film di fantasmi, grazie anche al complesso rapporto tra le due sorelle, acquisisce un valore diverso proponendoci il ritratto di un’epoca, purtroppo, non così lontana.

Filmare l’invisibile, per Rebecca, è sempre stata un’ossessione, per questo motivo la regista utilizza la macchina da presa come strumento in grado di captare una minaccia, un “fantasma” e di cristallizzarne, per sempre, l’immagine. Il cinema è in grado di riprendere situazioni e tematiche “impalpabili”, senza doverle esporre necessariamente davanti ai nostri occhi. In questo modo Planetarium riesce alla perfezione a riprendere senza riprendere l’ascesa al potere degli estremismi. L’uso di un linguaggio cinematografico squisitamente espressionista, ricco di soluzioni visionarie, diventa quasi un’esigenza naturale per narrare la vicenda. Tutti i temi trattati nella pellicola sono approfonditi con complessità, al costo di far smarrire lo spettatore, utilizzando l’irresistibile escamotage del cinema nel cinema.

Per fortuna “gli” André Korben resistono nonostante la paura, e non hanno smesso di ricercare gli effetti speciali che tanto ci affascinano e stordiscono. Rebecca Zlotowski, moderna Korben, ci offre l’occasione per riflettere sul ruolo del cinema, su un piano che va oltre la pura rappresentazione, riuscendo, quindi, a trasformare la sala in un planetario, catapultandoci in una grande macchina dello spazio e del tempo.

Planetarium è un film chiaro nonostante il non detto, asciutto se pur di grande potenza visiva e visionaria, fortemente evocativo, metaforico, onirico ma, nonostante ciò, incredibilmente contemporaneo. Nel complesso un ottimo esperimento artistico, che ben si colloca tra le proposte di altissimo livello del cinema d’oltralpe, sempre più ricercato e di qualità.

Nelle nostre sale da giovedì 13 aprile, distribuito da Officine Ubu.

Ilaria Berlingeri

PRO CONTRO
  • Il linguaggio espressionista.
  • I costumi.
  • Natalie Portman.
  • Il neo (posticcio) sotto l’occhio di Lily-Rose Depp.
  • Nella scelta estrema del “non dire”, per asciugare la scena, a volte si perdono stralci di storia.
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