Regression, la recensione

Sfogliando le pagine dell’enciclopedia, alla voce “regressione” nella fattispecie della psicanalisi leggiamo:

l’uso, da parte del terapeuta, dei fenomeni regressivi che avvengono durante il processo psicoterapeutico come modalità di accesso e di ricostruzione di passate fasi dello sviluppo.

Molto semplicemente si tenta, di consuetudine attraverso l’ipnosi, di scavare nella mente di un individuo traumatizzato per scovare dettagli che la mente cerca di rimuovere per sopire l’esperienza traumatica. Ed è proprio sul concetto di “regressione” che si poggia il nuovo thriller di Alejandro Amenàbar, che molto direttamente si intitola proprio Regression.

Il regista spagnolo torna ai territori a lui più consoni, quelli del thriller, e dopo la parentesi drammatica di Mare Dentro (che però gli è valsa un Oscar) e Agorà, va ad affrontare nuovamente temi e atmosfere con cui ha esordito e raggiunto il grande successo di pubblico. Se infatti il film d’inizio carriera è stato il thriller sul mondo degli snuff movies Tesis (1996), l’affermazione è avvenuta con Apri gli occhi (1997) e il successo commerciale con il bellissimo horror The Others (2001), ora con Regression tenta di fondere il thriller da cronaca nera all’horror demoniaco con un’efficacia alterna. Se la componente horror è minoritaria in Regression, è anche la cosa più genuinamente riuscita, a scapito di un impianto da thriller poliziesco che mostra più di una lacuna.

"Regression" Day 32 Photo: Jan Thijs 2014

Minnesota, 1990. Il detective Bruce Kenner sta indagando sul caso della giovane Angela Gray, violentata e ferita da uno sconosciuto durante quello che sembra essere un rito satanico. Dell’accaduto si auto-incrimina John Gray, il padre della ragazza, anche se i suoi ricordi sono fin troppo confusi. Per far chiarezza sui fatti, il detective Kenner decide di avvalersi della consulenza del dottor Raines, uno psicologo che attraverso il meccanismo della regressione tenta di far ricordare a John come si sono svolti i fatti durante la notte del rito. Ma dalla seduta emerge che l’uomo era un semplice spettatore e l’esecutore era un’altra persona!

Partendo da questa intrigante premessa, Amenàbar, anche sceneggiatore dell’opera, gioca tutto il tempo con il detto e il celato, con l’apparenza e la realtà dei fatti, nascondendo la verità dietro i meccanismi occulti della mente. Così facendo ci rendiamo immediatamente conto che il ricordo è un’arma a doppio taglio, estremamente fallace e difficilmente verificabile. A tal proposito, lo spettatore – e il detective con lui – non può fidarsi delle parole di nessuno per risolvere il suo caso e, a piano a piano, anche la mente del protagonista comincia a vacillare, forse influenzata dai racconti che ascolta o forse posseduta dalla stessa forza che si nasconde dietro i fatti delittuosi a cui sta indagando.

"Regression" Day 10Photo: Jan Thijs 2014

Anche i mezzi di comunicazione contribuiscono al clima di isteria, ricordandoci quanto possano giocare un ruolo fondamentale nella creazione di convinzioni e ricordi indotto.

Regression si immerge pian piano in un clima di crescente paranoia che fa dubitare di tutto e tutti e se lo stesso Amenàbar ha ammesso di essersi ispirato a certo cinema thriller anni ’70, non si fatica a vedere in questo film influenza dal Polanski più inquietante, quello di Rosemary’s Baby e, soprattutto, L’inquilino del terzo piano.

Quando il regista gioca con le atmosfere più prettamente orrorifiche, fatte di scene oniriche raccapriccianti, di visioni demoniache e riti sanguinosi, il film funziona a meraviglia: la scena del sacrificio del neonato, dell’amplesso o del fienile sono esempi di grandissimo cinema del terrore. Ma Regression cade nel momento in cui vuole essere anche un poliziesco con impianto da giallo e questo perché è altamente prevedibile, fondato su un twist finale che non si fatica a intuire già dalle prime battute del film.

"Regression" Day 30 Photo: Jan Thijs 2014

Ottimo il lavoro svolto dal cast con un bravissimo, come sempre, Ethan Hawke nel ruolo del detective protagonista, un sorprendente David Dencik e la reunion harrypotteriana di David Thewlis e Emma Watson, con la differenza che il primo è un attore dalla grande versatilità e talento, la seconda si fatica ancora a vederla senza la divisa di Hogwarts.

Con questa sua doppia anima, Regression si fa gustare e allo stesso tempo delude perché se ci fosse stata più attenzione nell’intreccio o, semplicemente, una maggiore consapevolezza di genere, Amenàbar avrebbe fatto un altro centro come The Others. Allo stato dei fatti, Regression è “solo” un buon film, inquietantissimo quando deve e poco incisivo quando mette in atto la logica.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Le scene più prettamente horror sono di una inquietudine rara.
  • Cast ben assortito e in parte.
  • Ottimo lavoro sulle atmosfere decadenti.
  • La componente “gialla” funziona poco.
  • Prevedibilità nella risoluzione.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Regression, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.