Robin Hood – L’origine della leggenda, la recensione

A metà strada fra storia e leggenda, Robin Hood è uno dei personaggi più influenti nella Storia della letteratura britannica. Per alcuni bandito e per altri nobile sassone decaduto. Stando ad alcuni credi leggendari, invece, si è arrivati persino ad identificarlo come l’incarnazione del dio della foresta capace di assumere le sembianze di una volpe (vi ricorda nulla?). Oltre ad aver ispirato tantissima letteratura, il mito di Robin Hood ha generato un numero inquantificabile di trasposizioni cinematografiche che si sono succedute, quasi ad intervalli di tempo regolare, dagli inizi del novecento (il primo adattamento per il cinema risale al 1908 per la regia di Percy Stow, Robin Hood and his Merry Men) fino ad oggi. Ultimo di questa lunga lista di opere cinematografiche è Robin Hood – L’origine della Leggenda, esordio sul grande schermo per il regista Otto Bathurst e attualmente nelle nostre sale.

Robin di Loxley è un giovanissimo nobile della Contea di Nottingham pieno di sogni, valori ed ideali. Ma soprattutto, Robin è innamorato della bella Marian e spera di riuscire a edificare con lei un futuro sereno e speranzoso. Il suo sogno, tuttavia, è destinato ad essere interrotto nel momento in cui il ragazzo riceve la chiamata dell’esercito con obbligo immediato di arruolarsi per le guerre Crociate. Tempo dopo, al ritorno dalle armi e creduto morto in battaglia da molti, Robin scopre che l’intera Contea di Nottingham è schiacciata dalla corruzione, il popolo è ridotto in miseria e tutti i suoi possedimenti sono stati confiscati dallo Sceriffo di Nottingham. Anche Marian si è rifatta una vita e adesso vive con Will Scarlet.

Incapace di sottostare a questa situazione e dispiaciuto per le condizioni disumane in cui versa la sua gente, Robin decide di tramare una rivolta contro la Corona d’Inghilterra. Per fare questo, tuttavia, ha bisogno di un mentore che possa metterlo in forma e addestrarlo all’ottimo uso delle armi e così si rivolge a John, un rancoroso comandante saraceno conosciuto in guerra e un tempo suo nemico.

Ce n’era proprio bisogno?

È questa la domanda su cui ci si interroga prima, durante e dopo la visione di Robin Hood – L’origine della Leggenda. Una domanda retorica a cui non serve trovare una risposta dal momento che il mito di Robin Hood ci è stato raccontato così tante volte e in tutte le salse possibili (compresa la versione parodistica a firma Mel Brooks, Robin Hood – Un uomo in calzamaglia) da offrire l’idea che il mito davvero sia stato spremuto fino all’osso. Se consideriamo, poi, che le gesta dell’arciere della foresta di Sherwood ci sono state narrate in almeno due film importanti, ovvero il cult Robin Hood: Principe dei ladri con Kevin Costner e soprattutto il capolavoro d’animazione a marchio Disney Robin Hood, il tentativo di aggiungere qualcosa di nuovo che possa motivare quest’ennesimo adattamento diventa ancora più arduo.

A convincerci che c’era ancora qualcosa che meritava d’esser raccontato ci prova Otto Bathurst, regista con alle spalle molteplici esperienze in serie di successo (tra cui Black Mirror) ma ancora a “digiuno” per ciò che concerne l’intrattenimento da grande schermo. Bathurst, insieme all’egida produttiva dell’Appian Way Production di Leonardo Di Caprio, pensa bene di re-inventare l’origine della leggenda andando a raccontare quel frangente temporale che precede la nascita del Robin Hood come ce lo hanno sempre raccontato.

Un film sulle origini, dunque, proprio come vuole la tradizione del sempre più espanso mercato dei cinecomics. Diverte ed incuriosisce al tempo stesso questo tentativo, anche in parte riuscito, di trasformare Robin Hood in un “moderno” Batman. Dunque, un’autentica evoluzione per l’arciere di Sherwood che da ladro diventa gentiluomo e da gentiluomo viene eletto a super-eroe. Proprio come il Pipistrello di Gotham City, infatti, Robin Hood è un ricco di belle speranze – e senza superpoteri – che si vede costretto ad indossare la “maschera” non per sua volontà ma per salvare la condizione della sua gente, messa in ginocchio dal dilagare della corruzione e della criminalità. Nottingham come Gotham, dunque, e con la stessa esigenza di offrire un simbolo che possa esaltare la plebe ed essere temuto, al tempo stesso, dai “malvagi”. Proprio qui il secondo elemento interessante dell’opera di Bathurst, ossia quello di identificare questo nuovo eroe con un simbolo facilmente riconoscibile alla pari, ancora una volta, del bat-segnale. E nella banalità dell’oggetto consacrato a “simbolo”, il cappuccio ovviamente, c’è una scelta ben precisa e rispettosa ancora una volta di tutta quella tradizione del cinema fumettistico.

Robin Hood viene eletto a nuovo rivale dei beniamini provenienti dall’universo Marvel o DC, scelta bizzarra ma a suo modo affascinante, così come appare decisamente interessante il mondo che il regista si diverte a ricreare. Probabilmente ancora influenzato dagli insegnamenti di Black Mirror, Bathurst sprigiona i suoi protagonisti in un “universo” sospeso e fuori da qualunque tempo. Siamo in un’epoca passata, questo lo sappiamo e tutto ce lo suggerisce, eppure si percepisce continuamente una modernità spiazzante in tutto che esplode in un finale persino futuristico. La Contea di Nottingham, soprattutto nelle sequenze finali, diventa un luogo assolutamente distopico in cui infuriano rivolte popolari così accese che non hanno nessun tratto distintivo delle antiche lotte fra classi. Al contrario, vengono portate in scena attraverso uno sguardo assolutamente moderno, figlio di tutte quelle ribellioni politico-sociali di oggi, con feroci conflitti tra popolo e forze dell’ordine che tanto ci ricordano gli scontri armati tra manifestati e celerini cui siamo abituati ad assistere nei nostri giorni. La ribellione popolare che anima il finale di Robin Hood – L’origine della Leggenda non viene combattuta solo con arco, frecce e spade ma soprattutto con bombe molotov lanciate contro gli scudi blindati delle forze dell’ordine che avanzano con andamento robotico e senza fermarsi davanti a nessuno.

A rinforzare questo look un po’ pazzoide che si respira dalla prima all’ultima scena del film ci pensa anche l’interessante scelta di ispirarsi ai famosi dipinti dell’artista statunitense Shepard Fairy, nome d’arte Obey, per tutto ciò che riguarda la componente strettamente grafica del film (dai volantini “dead or alive” mostrati nel film alla bella animazione che accompagna i titoli di coda).

Otto Bathurst, dunque, vince la sfida e dimostra che Robin Hood può essere ancora raccontato con una sfumatura che sa di nuovo. Ma questo, purtroppo, non basta a fare di Robin Hood – L’origine della Leggenda un film perfettamente riuscito. Tanti passi avanti rispetto all’ultimo Robin Hood portato in scena goffamente da Ridley Scott, con un Russell Crow che sarebbe stato più adatto ad impersonare Little John che l’iconico arciere, eppure anche qui sono riscontrabili diversi ingranaggi che non hanno girato correttamente a partire da una certa incompiutezza per ciò che riguarda la scrittura. Poca cura nella delineazione dei personaggi, principali e secondari, così come si possono evincere diversi buchi di sceneggiatura che rendono molti passaggi eccessivamente frettolosi ed inverosimili.

Se Otto Bathurst si dimostra abbastanza abile nel portare in scena le sequenze d’azione, alcune davvero molto belle e pronte a ricordarci da vicino il celebre videogame della Ubisoft Assassin’s Creed, non fa lo stesso per ciò che riguarda la direzione degli attori che sembrano abbandonati a loro stessi senza una vera linea comune da seguire. Taron Egerton è un Robin Hood assolutamente poco carismatico e non troppo convincente così come Jamie Foxx dà vita ad una variante di Little John molto stereotipata e poco incline al mood del film. Ne esce bene Eve Hewson, nel ruolo di Marian, così come il sempre bravo Ben Mendelsohn, qui chiamato ad interpretare lo Sceriffo di Nottingham, anche se appare ancora leggermente intrappolato nel ruolo di Orson Krennic che fu suo in Rogue One: A Star Wars Story.

In conclusione, Robin Hood – L’origine della Leggenda è un action movie che sa intrattenere e ricco di buone trovate ma, purtroppo, cade vittima di una scrittura superficiale ed alcune scelte di casting non proprio azzeccate. La palese intenzione di questo film è avviare un franchise pronto a tradursi in una nuova “saga” cinematografica. Se mai questo accadrà, siamo curiosi di vedere quali ulteriori innovazioni verranno apportate alla leggenda di Robin Hood dal momento che la “genesi” dell’eroe è ormai conclusa.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Colpo di scena: il film di Otto Bathurst riesce a raccontare una leggenda trita e ritrita apportando uno sguardo abbastanza innovativo.
  • Robin Hood come nuovo supereroe del cinema. Scelta stramba ma interessante.
  • Alcune sequenze d’azione.
  • Una sceneggiatura piena di momenti superficiali e frettolosi.
  • Alcuni attori, Egerton e Foxx su tutti.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Robin Hood - L'origine della leggenda, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.