Short Skin, la recensione

Sin da quando è piccolo, Edoardo convive con un grande problema: una malformazione al prepuzio che non gli ha mai consentito un approccio sereno alla sessualità e che lo ha reso un ragazzo timido e fortemente insicuro con l’altro sesso. Dopo aver nascosto per anni questo problema ai suoi genitori e dopo una serie di goffi stratagemmi per raggirare la difficoltà, Edoardo decide che è finalmente arrivato il momento di affrontare le sue paure e di trovare una soluzione a questa sofferenza che lo tormenta da sempre.

Dopo il fresco Fino a qui tutto bene del pisano Roan Johnson, un’altra commedia tutta toscana approda sul grande schermo. Il film è Short Skin – I dolori del giovane Edo e la firma è quella del fiorentino Duccio Chiarini che qui esordisce con la lunga metratura dopo una serie di fortunati cortometraggi apprezzati in festival nazionali e internazionali.

Realizzato nell’ambito di Biennale College – Cinema e presentato nel corso della 71.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film in questione ha l’aspetto di una commedia totalmente fuori dal comune rispetto alle storie solitamente raccontate dal nostro cinema. Ciò che fa cadere l’attenzione su questo film è senza ombra di dubbio la volontà di voler raccontare la sessualità di un’adolescente attraverso un punto di vista totalmente originale, ossia quello di un diciassettenne che, anziché farsi annebbiare la vista dal testosterone, appare terrorizzato dall’eventualità di riuscire a fare sesso con una ragazza. Il nostro Edoardo, interpretato da un bravo Matteo Creatini qui al suo debutto, non ha nulla da spartire con i soliti adolescenti arrapati a cui il cinema ci ha abituati, ma è un ragazzo che incarna tutte le possibili debolezze e fragilità del sesso maschile abbattendo qualunque tipologia di stereotipo devoto al machismo.

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Chiarini pone al centro del suo racconto un giovane dalla vita sessuale disastrata, potremmo definirlo asessuato, affetto da un problema reale ed anche più diffuso di quanto si possa immaginare che si esprime in una malformazione del prepuzio tale da non permettere la fuoriuscita del glande. Consapevole della delicatezza della tematica trattata, l’autore fiorentino realizza una commedia – perché di questo si tratta – in cui però, alla fine, c’è davvero ben poco da ridere o da sorridere. Ecco dunque che quello che era il punto di forza diviene, al tempo stesso, il più grande limite di un film costantemente indeciso sulla strada e sul linguaggio da adottare. Quei pochi momenti capaci di strappare qualche sorriso sono troppo spesso interrotti da situazioni e da scelte registiche piuttosto morbose che poco, anzi per nulla, si addicono al linguaggio della commedia.

Con troppa frequenza siamo costretti a vedere, in dettaglio, il protagonista che si spalma la crema al cortisone sul pene ed anche la scena in cui Edoardo spera di risolvere il suo problema facendo sesso con un polipo non ha nulla di quella goliardia che ha reso celebre il tortino di American Pie o la recente anguria del già citato Fino a qui tutto bene. Più il film avanza con la narrazione e più ci si abbandona a toni drammatici, carichi di angoscia, generando nello spettatore un senso di confusione davanti ad un film che, a conti fatti, non è né carne e né pesce. Troppo serioso e morboso per una commedia ma eccessivamente leggero e disinvolto per un dramma d’autore.

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Un vero peccato per questa mancata calibrazione, gli elementi per realizzare un originale ed agrodolce racconto adolescenziale c’erano un po’ tutti, occorreva solo assemblarli con maggior attenzione. Duccio Chiarini si è dimostrato, ad ogni modo, un autore interessato a raccontare storie poco convenzionali. La curiosità di vedere quale sarà il suo prossimo passo c’è ed è innegabile.

 Giuliano Giacomelli

Pro Contro
  • Una tematica originale sulla quale valeva la pena spenderci un film.
  • Tra professionisti dello spettacolo e giovani talenti, il cast è sicuramente interessante.
  • Troppa indecisione nel linguaggio. Commedia o dramma? Finisce per non funzionare né come l’una, né come l’altra.
  • Alcune scelte appaiono eccessivamente morbose e fuori luogo.
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