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Commedie d’autore in home video: Dio e’ donna e si chiama Petrunya e La Belle Epoque

Tra le recenti offerte home video di CG Entertainment, sempre molto variegate fra loro, segnaliamo la presenza di due piccole opere d’autore che hanno saputo smuovere un certo entusiasmo sia da parte della critica che del pubblico, emergendo anche in prestigiose vetrine festivaliere di tutto il mondo. Due film capaci di riflettere e far riflettere su problemi esistenziali, su quanto possa essere fallimentare la condizione umana così come su tematiche di stretta matrice sociale. Vi parliamo di Dio è donna e si chiama Petrunya, singolare coproduzione tra Macedonia, Francia, Slovenia e Croazia, e La Belle Epoque, agrodolce commedia francese accolta con un notevole plauso un po’ da tutti.

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La Belle Époque, la recensione

Storicamente parlando, con l’espressione “belle époque” possiamo definire quel periodo che va dall’ultimo ventennio dell’800 fino ai primi quindici anni del ‘900, ovvero finché non scoppiasse la Prima Guerra Mondiale, localizzando il centro del un fermento culturale e tecnologico nella capitale francese. Idealizzazione nostalgica di un periodo fiorente per la Parigi dell’epoca, ma anche di altre capitali europee in una manciata di anni in cui l’arte e la scienza avevano notevolmente alzato gli standard di benessere e culturali della classe borghese. Una valutazione retroattiva, ovviamente, coniata quando la povertà e la guerra avevano lasciato molti di quei luoghi in cumuli di macerie, sedati da morte e disperazione.

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Remi, la recensione

Remi è un bambino di dieci anni che vive nelle campagne francesi assieme a sua madre, la signora Barberin, e suo padre Jérôme. Quando a causa di un incidente quest’ultimo perde il lavoro e la moglie si vede costretta a vendere il loro bene più grande, la mucca da latte, Jérôme rivela a Remi che loro non sono i veri genitori e di averlo trovato, quando era ancora neonato, in un vicolo di Parigi. Non potendo più garantire al piccolo un futuro, Jérôme si vede costretto a portare Remi all’orfanotrofio. Giunto in città, il piccolo Remi viene notato da Vitalis, un anziano musicista di strada italiano che si esibisce per le piazze dei paesi assieme al suo fedele cane Capi e la scimmietta Joli-Couer. Vitalis decide di comprare da Jérôme il piccolo per sottrarlo al suo destino in orfanotrofio e da quel momento Remi finisce sotto l’ala protettiva di Vitalis che presto insegnerà al bambino a leggere, a scrivere e a cantare in pubblico unendo cuore e tecnica. Quando Remi avanza la volontà di voler scoprire le proprie origini e conoscere i veri genitori, il viaggio di questa “bizzarra” compagnia di girovaghi subisce una deviazione di rotta che li condurrà fino all’Inghilterra.

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In nome di mia figlia, la recensione

Quanto lontano può spingersi l’amore di un padre per una figlia? È forse possibile porre dei limiti (temporali etici di opportunità) al desiderio di giustizia?

In nome di mia figlia è costruito sulla ripetizione ossessiva di domande scomode in cerca di risposte soddisfacenti, risposte che per quanto non arrivino mai a delinearsi in totale compiutezza conservano tuttavia una capacità di suggestione malinconica e agghiaccianti risvolti di verità.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Il Cecchino e L’Ipnotista in home video

Tra le più recenti uscite home video targate 01 Distribution ci sono due thriller che fanno della qualità la loro parola d’ordine; parlo della co-produzione Italia-Francia Il cecchino, diretto da Michele Placido, e dello svedese L’ipnotista, tratto dal celebre romanzo di Lars Kepler.

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