Archivio tag: David Dastmalchian
Late Night With the Devil, la recensione
Se si andasse per strada a chiedere alla gente comune di tratteggiare un’iconografia dell’universo horror, il quadro che ne verrebbe fuori sarebbe composto da tutte quelle entità che da secoli popolano gli incubi dell’uomo di ogni epoca, cultura e classe sociale. Vedremmo scorrere davanti ai nostri occhi, dunque, vampiri, zombie, streghe e assassini mascherati armati di coltelli, tutti protagonisti dei più grandi successi del cinema del terrore. Eppure, a pensarci bene, la grande e assoluta star di questo palcoscenico orrorifico dovrebbe essere il diavolo, l’incarnazione del male per antonomasia e il motore indistruttibile ed eterno di ogni azione ed evento nefasto dell’umanità.
Una divinità della morte così carismatica e potente da stuzzicare la fantasia di generazioni di registi i quali, a partire dal grande successo de L’esorcista del 1973, si sono cimentati nell’approfondire una figura resa ancora più inquietante dal fatto di essere pericolosamente attigua all’animo umano e al mondo circostante. Da qui ne è nato un vastissimo panorama narrativo e iconico che ha attraversato numerosi linguaggi cinematografici con l’obiettivo di rinnovare e rendere dinamico un sottogenere, quello demoniaco, che vive costantemente sul filo del rasoio e con l’incombente rischio di diventare prevedibile e stantio.
Demeter – Il risveglio di Dracula, la recensione
<<Ieri notte, durante il turno di guardia, l’ho visto, è simile a un uomo, alto e sottile, pallido e spettrale. Era a prua e guardava fuori. Piano piano gli sono arrivato alle spalle e l’ho colpito col coltello. Ma il coltello l’ha attraversato da parte a parte, come se fosse aria.>>
Nel settimo capitolo del suo Dracula, in una manciata di pagine, Bram Stoker racconta – attraverso il diario di bordo del Capitano della Demeter – il viaggio che il vampiro ha compiuto dalla Romania all’Inghilterra nascosto nella stiva della goletta, massacrando durante la notte l’intero equipaggio. Poche battute sufficienti a descrivere una situazione drammatica e un’atmosfera spettrale che aggiunge una carica letale all’iconico Dracula, per la prima volta in azione fuori dalle mura del suo castello.
The Suicide Squad – Missione suicida, la recensione
La travagliata esistenza del DC Extended Universe è ormai costellata da tentativi che ne minano la coerenza narrativa, ci abbiamo fatto l’abitudine. Se i fan reclamano a gran voce di “ristabilire lo Snyderverse”, la Warner continua a gettare semi che suonano sempre come nuovi inizi, una sperimentazione in itinere che sta dando buoni frutti soprattutto quando il DCEU tenta la strada dell’intrattenimento per adulti discostandosi il più possibile dall’intento che, qualche anno fa, mandò a monte lo stesso concetto di universo condiviso con il flop della Justice League di Joss Whedon, ovvero cercare di fare il verso alle produzioni Marvel Studios. Per questo motivo, se la versione originaria della Justice League, quella a firma di Zack Snyder, ristabilisce quell’ordine andato perso alzando l’asticella dell’ambizione, della qualità artistica e dei toni adulti, non sono da meno quelle coraggiose schegge impazzite fuori dalla continuity come Joker di Todd Phillips, capace di vincere 2 Oscar, 2 Golden Globe e un Leone d’Oro, o bizzarri sequel che odorano di reboot come The Suicide Squad – Missione suicida di James Gunn.