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Jumanji: The Next Level, la recensione

Due anni fa il successo planetario di Jumanji – Benvenuti nella giungla colse un po’ tutti di sorpresa, Sony Pictures compresa che di certo non si aspettava di raccogliere 965 milioni di dollari worldwide nonostante la presenza nel cast del beniamino-del-botteghino Dwayne Johnson.

Era, dunque, necessario proseguire le avventure all’interno del videogame Jumanji, che a sua volta derivava dal vecchio gioco da tavola che stava alla base del film di Joe Johnston del 1995, ed era necessario farlo in tempi rapidi, così da battere il ferro finché caldo. Nasce così Jumanji: The Next Level che si muove in territori sicuri… ma talmente sicuri da somigliare in maniera un po’ sospetta a Jumanji – Benvenuti nella giungla con sospetto che gli sceneggiatori Jeff Pinkner e Scott Rosenberg abbiano in fin dei conti riciclato la loro stessa sceneggiatura del film precedente.

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Jumanji: Benvenuti nella giungla, la recensione

Quella di Jumanji è la storia di un cult per ragazzi, un film che è riuscito a sopravvivere alla crescita del suo pubblico di allora e ai progressi della tecnologia che oggi ne fanno apparire gli effetti visivi datati. Perché Jumanji riusciva a parlare efficacemente al suo pubblico (ma anche agli adulti), ha i giusti tempi cinematografici, personaggi con cui è facile empatizzare e una storia coinvolgente; tutti elementi che ne hanno fatto, alla sua uscita nel 1995, un ottimo successo al botteghino e ancora oggi viene ricordato con piacere come una parentesi felice del fantasy cinematografico hollywoodiano.

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Krampus, Piccoli Brividi e Daddy’s Home: un tris di DVD Universal Pictures

Tra le numerose uscite targate Universal Pictures arrivate negli scaffali delle videoteche nelle ultime settimane, abbiamo esaminato tre titoli nello specifico, due con più di un elemento in comune, il terzo completamente differente. Si tratta dell’horror/fantastico Krampus, del fanta/horror (ribaltiamo la definizione) tratto dai romanzi di R.L. Stine Piccoli Brividi e l’esilarante commedia con Will Ferrell e Mark Wahlberg Daddy’s Home.

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Kung Fu Panda 3, la recensione

L’animazione è cambiata e di questo ormai ne sono tutti consapevoli. Erano in molti che, in un tempo non troppo lontano, etichettavano tutta l’animazione con la frase “è solo un film per bambini”. Non serve andare molto lontano per trovare le prove di questa trasformazione ma è sufficiente osservare la categoria “miglior film d’animazione” agli Oscar di quest’anno. Si passa da Inside Out, gioiello Pixar che unisce un coloratissimo stile a una profondità psicologica mai vista prima, al disturbante e completamente adulto Anomalisa di Charlie Kaufman. E se anche i classici Disney come Frozen e Zootropolis regalano riflessioni di carattere identitario, sessuale e razziale, allora è chiaro che abbiamo bisogno di un nuovo paio di occhiali per analizzare l’animazione cinematografica. In questo graduale passaggio dell’animazione verso tematiche reali (da Persepolis a Valzer con Bashir) è curioso notare anche il procedimento inverso che riguarda il cinema dal vero che si circonda di mondi fantastici alla Star Wars e Avatar.

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