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Biancaneve, la recensione del remake live-action Disney

Quando nel 1937 uscì al cinema Biancaneve e i sette nani si stava facendo la Storia del cinema. Quella con “S” maiuscola. Si trattava, infatti, del primo lungometraggio d’animazione nonché primo Classico Disney, un’opera che conquistò immediatamente un posto speciale nel cuore di critica e pubblico, grandi e piccini, e che fece guadagnare a Walt Disney uno speciale Oscar Onorario (unico nella storia del Premio) due anni dopo l’uscita del film.
Oggi ricordiamo giustamente Biancaneve e i sette nani come un capolavoro, un film seminale che ha dettato le coordinate per lo sviluppo di una tecnica ben precisa, segnando anche la nascita di un genere cinematografico. Da allora i classici d’animazione Disney sono arrivati a quota 63 (l’ultimo, nel momento in cui scriviamo, è Oceania 2) e la fiaba dei Fratelli Grimm Biancaneve è stata adattata innumerevoli volte, anche in versioni parecchio audaci destinate a un pubblico adulto.
Dopo quasi 90 anni, la Disney ha ritenuto che i tempi fossero maturi per riprovarci, stavolta trasformando quel primo indimenticabile Classico d’animazione in un film con attori in carne ed ossa. Arriva così Biancaneve, dopo una genesi parecchio travagliata che ha portato a riscritture e una lunga post-produzione, nonché assurde polemiche razziste ormai all’ordine del giorno tra i numerosi haters della casa di Topolino.
Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, la recensione

Quando Hollywood rimette mano a un franchise a distanza di soli otto anni dalla conclusione effettiva di quel franchise c’è da farsi qualche domanda. Otto anni sono troppi per dar vita a un “semplice” proseguo che faccia leva sulla curiosità e la foga dei fan di allora, ma sono anche troppo pochi per puntare sull’effetto nostalgia o acchiappare un nuovo pubblico attraverso un reboot. Otto anni non hanno dato modo né di sentire una mancanza né di aprire la strada a spettatori più giovani cresciuti nel “mito di”. E infatti Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente è un film dal fiato cortissimo e destinato a un veloce oblio, un’opera che non si capisce se prodotta fuori tempo massimo o semplicemente troppo presto.
Shazam! Furia degli dèi, la recensione

Sono passati tre anni e mezzo da quando ha fatto esordio per la prima volta al cinema il super-eroe DC Comics Shazam, uno dei più “antichi” personaggi acquisiti dall’etichetta di Superman e Batman che ha trovato corpo grazie alla simpatia di Zachary Levi e all’approccio scanzonato e originale di David F. Sandberg. Un lasso tempo relativamente breve quello che separa Shazam! da Shazam! Furia degli dèi durante il quale, però, abbiamo assistito a un vero terremoto nella divisione Warner Bros. dedicata all’adattamento dei fumetti DC che, unito ai posticipi causati dalla pandemia, hanno messo seriamente in pericolo l’esile ossatura fino ad ora costruita nel DC Extended Universe e della quale Shazam! è stato uno dei più felici e riusciti esponenti.
Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente: il teaser trailer italiano

Sta per tornare la saga di Hunger Games con un reboot che funge da prequel alla storia che già conosciamo. Nel novembre del 2023 arriverà nei cinema, in Italia distribuito da Notorious Pictures, Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, adattamento del best-seller di Suzanne Collins, al numero uno nelle classifiche del New York Times.
A far parte di questo film un nuovo cast tra cui spiccano Hunter Schafer, che abbiamo visto tra i protagonisti della serie Euphoria, Rachel Zegler, già ammirata in West Side Story e prossima Biancaneve nel nuovo film Disney, e Tom Blyth.
Alla regia Francis Lawrence, che ha già diretto due dei precedenti episodi della saga.
West Side Story, la recensione

Sessant’anni esatti sono passati da quando esordiva sul grande schermo West Side Story di Robert Wise, primo adattamento cinematografico dell’omonimo musical di Leonard Bernstein, Stephen Sondheim ed Arthur Laurents, composto quasi dieci anni prima e liberamente ispirato a Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Ben dieci Oscar vinti dal film, una marea di repliche in teatro, eppure West Side Story torna a nuova vita, sessant’anni dopo, grazie all’uomo che oggi meglio di chiunque altro è sinonimo di Cinema con “C” maiuscola, Steven Spielberg. Il regista di E.T. e Indiana Jones, infatti, ne realizza un remake filologicamente fedelissimo che rappresenta per lui l’ennesima sfida professionale: cimentarsi per la prima volta, all’età di 75 anni, con il genere musical.