TFF35. The Scope of Separation, la recensione

Torino Film Festival 2017. Come ogni anno e come in ogni concorso che si rispetti, c’è sempre un film che proprio non riesce a sfuggire all’etichetta di “insignificante” e quest’anno tocca curiosamente ad un film cinese (l’anno scorso a trionfare era stato proprio un film della stessa nazionalità, lo stupendo The Donor di Qiwu Zang).
Opera animata da intenti troppo debilitanti per un esordio alla regia, The Scope of Separation si avvale di un solo personaggio interpretato da un attore di nessuna presenza scenica.
Respinto da Wang Yuzi, la ragazza di cui si è inutilmente innamorato, Liu Shidong conosce finalmente l’amore grazie a Yao Ye. Quando le strade dei due si separano, per il giovane arriva il momento di farsi strada nel mondo degli affari e degli adulti.
Realizzato in condizioni alquanto difficili, The Scope of Separation vorrebbe essere una riflessione sulla condizione umana in una società in cui “tutti parlano di soldi”.
Il film di Chen Yue riesce ad essere triste e rilassato come vorrebbe il regista con atmosfere degne di un buon Philippe Garrel, ma The Scope of Separation è completamente sbagliato già a partire dalla sua scrittura scenica. Le sequenze di azioni che vediamo sullo schermo non trasmettono quello che dovrebbero, non tanto ad un mero livello emotivo quanto piuttosto a livello schiettamente narrativo. Ci si interroga sul senso di questo film, sul suo significato per tutta la visione senza tuttavia giungere ad una conclusione umanamente soddisfacente. Ma il pessimo risultato era purtroppo inevitabile. Il film non ha una meta fissa e finisce in poco tempo per attorcigliarsi perdendosi in sé stesso e nella propria malinconia.
“Il risultato è un po’ imbarazzante, ma penso che le persone troveranno istintivamente il modo per affrontare questo imbarazzo”, dice il regista. E qui mi fermo e lascio ai posteri l’ardua sentenza.
Claudio Rugiero
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