The Hateful Eight, la recensione

A distanza di soli tre anni da Django Unchained, Quentin Tarantino torna dietro la macchina da presa e lo fa ancora una volta con il western, genere a cui è particolarmente legato e già omaggiato in più riprese nella sua impeccabile filmografia. The Hateful Eight, però, non è un western canonico… a tratti non è neanche un western! Piuttosto ci troviamo dinnanzi a un film personalissimo che urla tarantinismo in ogni inquadratura e in ogni dialogo e si contamina con il giallo e con l’horror/splatter.

Ma al di là del discorso di genere, di cui Tarantino è sempre stato un evasore d.o.c., The Hateful Eight si ricorda e si farà ricordare per un uso meravigliosamente cinefilo della pellicola. Il film è stato infatti girato nel “glorioso” formato Ultra Panavision 70mm, appartenente a una visione del cinema caratteristica del kolossal d’antan, e distribuito nello stesso formato in alcuni cinema selezionati (in Italia sono tre: il Teatro 5 di Cinecittà a Roma, La Cineteca di Bologna, il cinema Arcadia di Melzo). L’alta definizione si unisce a un’ampiezza del formato d’immagine che ci consente di vedere un po’ tutto quello che accade sulla scena, lasciando così la parola a quei bellissimi campi lunghi che valorizzano la scenografia.

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Ma The Hateful Eight possiede una particolarità nella particolarità: il film è per tre quarti girato in interni, in una locanda immersa nella neve, così che lo sguardo d’insieme va ad applicarsi quasi interamente in una stanza. Così facendo, siamo di fronte a un film di fortissima impostazione teatrale e lo spettatore, come se osservasse gli “odiosi otto” dal vivo su un palco, ha costantemente tutto e tutti sotto controllo: mentre due personaggi parlano, gli altri fanno altre cose sullo sfondo, restituendo un’esperienza che riesce ad andare oltre la classica fruizione cinematografica. A questo scopo gioca anche la scelta di ambientare il film in tempo reale, con un intervallo intra-diegetico volutamente lungo (per la copia distribuita in 70mm) al termine del quale è realmente passato quel tempo anche per i personaggi del film.

Una suggestiva overture sulle note di Ennio Morricone introduce una diligenza diretta a Red Rock su cui viaggiano il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell), soprannominato Il Boia, e la sua prigioniera Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh), spietata fuorilegge sulla cui testa grava una lauta taglia. La carrozza si ferma a raccogliere un viandante, il Maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson), ex soldato di colore dell’Unione e ora cacciatore di taglie, diretto anch’esso a Red Rock per riscuotere la taglia di quattro criminali di cui sta trasportando i cadaveri. Una temibile tempesta sta per arrivare e la diligenza decide di sostare alla locanda di Minnie, ma prima della mèta incontrano un ulteriore passeggero, Chris Mannix (Walton Goggins), nuovo sceriffo di Red Rock in viaggio proprio verso la sua cittadina.

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Giunti nella locanda di Minnie, i quattro trovano altrettante persone ad attenderli: l’inglese Oswaldo Mobray (Tim Roth), boia atteso a Red Rock per giustiziare Daisy, il mandriano Joe Gage (Michael Madsen), che invece deve andare a trovare sua madre che non vede da tempo, l’anziano Generale Sanford Smithers (Bruce Dern) e Bob (Demian Bichir), un messicano che ha preso in gestione la locanda di Minnie. Costretti a convivere finché la tormenta di neve non sarà passata, tra gli otto comincia a insinuarsi il tarlo del dubbio che tra di loro ci sia un impostore interessato alla prigioniera.

Come d’abitudine per il cinema di Quentin Tarantino, anche The Hateful Eight è un film basato sul dialogo e sull’interpretazione. La sceneggiatura – scritta dallo stesso regista – è densa di eventi, ma è proprio sulle chiacchiere tra protagonisti che trova un particolare compiacimento. Su oltre tre ore di durata (il che ne fa il film più lungo di Tarantino, considerando Kill Bill due film separati), la prima metà di The Hateful Eight è completamente affidata ai dialoghi (leggermente sforbiciati per la versione tradizionale da sala), quei magnifici ed elaboratissimi dialoghi che hanno fatto dei film di Tarantino quasi un genere a sé.

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Qualcuno potrebbe trovare sfiancante un così fitto stuolo di chiacchiere, a volte anche poco utili allo sviluppo della storia ma indispensabili per farci conoscere i riuscitissimi personaggi, ma quando si entra in sala a guardare un film di Tarantino si firma un patto tacito votato anche alla “sopportazione” di una enorme mole di parole. Nel mentre John Ruth, Marquis Warren e Chris Mannix disquisiscono di cavalli, taglie e fantomatiche lettere scritte dal Presidente Lincoln, si comincia a sviluppare anche una trama gialla vicina agli intrecci di Agatha Christie. La fine del “primo tempo” crea un cliffhanger che trasforma il secondo in un gioco al massacro, e attraverso un sanguinossissimo bodycount siamo accompagnati a un lungo flashback che ci spiega l’antefatto alla vicenda, mostrandoci la soluzione del giallo.

Un incastro realizzato a regola d’arte dove l’emoglobina è così copiosa e ha un senso dell’esagerazione talmente stilizzato da avvicinare The Hateful Eight a un horror/splatter. Ma non sono solo i litri di sangue versato, le teste che esplodono e gli arti mozzati ad horrorizzare la vicenda degli otto, perché c’è anche un prepotente richiamo al capolavoro di John Carpenter La Cosa. E probabilmente non è un caso che in entrambi i film ci sia Kurt Russell tra i protagonisti e i brani di Morricone nella colonna sonora, visto che poi Tarantino immerge la sua vicenda tra la neve e intrappola i personaggi in un luogo chiuso dove un “individuo” misterioso fa il doppio gioco e la paranoia tra i superstiti sale sempre di più. Ma, in fin dei conti, già Le Iene era fondato su un principio simile e Tarantino ammette di essersi anche autocitato e noi, assistendo alla sorte di alcuni personaggi, non possiamo che capire il perché.

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Ma se il film di Carpenter è presente a più riprese, è il grande western all’italiana manifestarsi in molte occasioni. A differenza di Django Unchainend, però, non c’è nessun richiamo diretto o esplicito, ma l’ambientazione innevata riporta senz’altro alla mente Il grande silenzio di Sergio Corbucci e la situazione che costringe alla convivenza uno sparuto gruppo di personaggi, con le loro tensioni, non può che richiamare Prega il morto e ammazza il vivo di Giuseppe Vari.

Se consideriamo The Hateful Eight un grande film è anche merito al magnifico parco attoriale di cui Tarantino dispone. Agli ormai rodati amici Samuel L. Jackson, Tim Roth e Michael Madsen, si unisce e contraddistingue una stupefacente Jennifer Jason Leigh nei panni della prigioniera Daisy, un ruolo che sicuramente la farà ricordare nel tempo. Fenomenale anche Kurt Russell, per la seconda volta con Tarantino dopo A prova di morte, che interpreta lo spietato “Boia” con un’etica John Ruth, mentre a completare il quadro ci sono Walton Goggins – che avevamo già visto in Django Unchained -, Bruce Dern (Nebraska), nei panni dell’anziano Generale razzista, e un irriconoscibile Demian Bichir (Machete Kills) nei panni del messicano Bob. C’è anche brevemente Channing Tatum, che, dopo Foxcather, ci sta quasi convincendo di saper recitare!

THE HATEFUL EIGHT

Con i suoi eccessi splatter, il suo stile impeccabile, l’adorabile logorrea e uno stuolo attoriale impeccabile, The Hateful Eight è un bellissimo apologo sull’America post-bellica che riflette sulle proprie colpe e mette alla berlina una nichilistica misantropia paradossalmente propria dell’essere umano. In una carriera costellata di capolavori, The Hateful Eight è il più riuscito e personale tra i più recenti film di Tarantino.

Se potete, gustatevi lo spettacolo in una proiezione integrale 70mm… è così che il film è stato pensato.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una sceneggiatura magnifica.
  • Personaggi caratterizzati in maniera memorabile.
  • Tutti gli attori sono bravi.
  • Lo splatter, santiddio, lo splatteeeeer!!!!
  • Dura più di tre ore e non si sente.
  • Troppe chiacchiere nella prima ora.
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Valutazione: 9.0/10 (su un totale di 1 voto)
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The Hateful Eight, la recensione, 9.0 out of 10 based on 1 rating

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