The Unhealer: incontro con il regista, lo sceneggiatore e il direttore della fotografia del revenge-horror

The Unhealer

Il 14 luglio è arrivato in Italia The Unhealer – Il potere del Male, un curioso mix tra revenge-horror e superhero movie che Blue Swan Entertainment ha distribuito in DVD e, contemporaneamente, a noleggio e vendita sulle piattaforme TVOD Chili, Timvision e Prime Video Store. In occasione dell’uscita italiana del film abbiamo incontrato il regista Martin Guigui, il co-sceneggiatore e produttore Shaw Harris e il direttore della fotografia, l’italiano Massimo Zeri, che ci hanno raccontato davvero molte curiosità sul film.

A spiegare la genesi dell’opera è intervenuto Shawn Harris, rivelando che il film è ispirato a una storia vera:

La storia di The Unhealer – Il potere del Male si basa su due differenti articoli che ho letto. Il caso di picacismo deriva da una rivista, nella rubrica di posta che si chiama Dear Abby ho letto di questa persona che spiegava di ingerire circa trentadue pastelli alla settimana e si preoccupava del fatto che potesse ingrassare, mentre la curatrice della rubrica rispondeva che non è un problema di dieta ma psicologico. Poi ho letto la storia di una ragazza che non riusciva a provare dolore. Non è stato difficile sviluppare l’idea perché ho unito queste due storie.

Shawn Harris – sceneggiatore e produttore di The Unhealer

The Unhealer introduce anche il tema dello sciamanesimo e del folklore dei nativi americani…

Quando abbiamo iniziato a sviluppare il tema abbiamo coinvolto Adam Beach, un attore di origini native americane con cui avremmo sempre voluto lavorare (nel film interpreta lo sceriffo Adler. Ndr), ed è stato lui a dare indicazioni precise e aiutarci nel processo creativo.

Il regista Martin Guigui aggiunge:

Lo stato dell’Arizona, in cui abbiamo girato il film, ha questa cultura dei nativi americani intrinseca al territorio e per loro era importante mantenere il realismo girando nelle location, questo ci ha aiutato a dare un’immagine coerente ai temi che abbiamo trattato, anche per non restituire un’immagine stereotipata che l’uomo bianco ha della tradizione dei nativi.

Interviene il direttore della fotografia Massimo Zeri che elogia il cast film, a cominciare da Lance Henriksen, un attore che ha sempre ammirato e riesce ad adattarsi con grande professionalità alla situazione in cui si trova a girare.

Martin prende la parola sulla questione attori:

Quando vengono coinvolti attori che capiscono subito il personaggio che vanno a interpretare viene data loro totale libertà e viene anche chiesto di potare la propria esperienza nella performance. Il tema principale del film è la guarigione e questo ha dato la possibilità a un attore come Lance Henriksen di aggiungere molto alla performance. Lui, ad esempio, dava suggerimenti al mattino, mentre facevamo colazione prima di andare sul set, e la scena del confronto che Lance ha con Branscombe Richmond è stata in parte improvvisata prima di iniziare a girare.

Per quanto riguarda i due giovani protagonisti, Elijah Nelson e Kayla Carlson, abbiamo provinato moltissimi attori ma quando ho conosciuto loro non ho avuto dubbi che fossero i mei protagonisti anche perché l’alchimia tra loro era perfetta e questo ci ha anche consentito di girare pochi takes perché era sempre quasi tutto buono.

A proposito degli effetti speciali, di cui The Unhealer fa ampio uso ma rigorosamente live, come si faceva una volta, Massimo Zeri afferma:

Con gli effetti dal vivo è tutto più immediato e anche la storia acquista più carattere, senza dover dire questo lo mettiamo dopo in post-produzione; io stesso, quando faccio la color correction, devo intervenire in post aspettando che le riprese del film siano concluse, invece quando facciamo cose dal vivo, come nel caso di The Unhealer, posso intervenire immediatamente sul set.

Massimo Zeri – Direttore della fotografia di The Unhealer

Sono orientato più verso gli effetti pratici – aggiunge Shawn Harris – come accadeva nei film degli anni ‘80. La scena della roulotte che prende fuoco, per esempio, è stata realizzata dal vivo. È stato possibile restituire un senso di realismo senza ricorrere a eccessivo CGI o al green screen”.

Riguardo le ispirazioni che sono alla base di The Unhealer, soprattutto per il cinema horror fondato sulla vendetta, Shawn Harris dice che un importante punto di partenza è stato il cinema di Stephen King, come Carrie o Christine, con un concetto posto al centro di tutto: un potere assoluto che non può essere controllato. “Il potere del nostro protagonista può indurre dolore al contrario. È un potere atipico e bisogna essere intelligenti per utilizzarlo”.

Martin Guigui aggiunge:

Io sono stato attratto nella sceneggiatura soprattutto dal tema del bullismo perché ho sempre disprezzato questo fenomeno, fin da quando ero piccolo. E il potere di Kelly è un forte innesco all’orrore ponendo anche una sfida nel personaggio per poter superare il suo stato di vittima. Il film non è identificato in un’epoca precisa, questo ci ha aiutato a gestire meglio il realismo e poi se vediamo in The Unhealer molte sfaccettature è anche perché non abbiamo voluto ancorarci a un genere solo: si tratta di un horror, c’è la componente soprannaturale, ma c’è anche una storia d’amore e di rivincita.

Martin Guigui – Regista di The Unhealer

Infine Massimo Zeri approfondisce l’aspetto della fotografia:

Film di questo genere ne ho fatti pochi, conosco Martin da oltre vent’anni, io non adoro questo genere ma avevo già fatto un horror, quindi mi sono approcciato a The Unhealer con una certa consapevolezza, seguendo anche l’insegnamento di un maestro come Storaro secondo il quale i colori rossi danno una sensazione differente dai colori blu. Ogni colore dona una sfumatura caratteriale alla scena, ad esempio io adoro il colore paglia, che viene dato da un filtro specifico e dona un carattere unico all’immagine. Ho usato questo filtro per certe scene più emotive perché dava proprio l’effetto che volevamo, un feeling di dolcezza verso quello che accadeva.

Se volete sapere di più su The Unhealer – Il potere del Male, a questo link c’è la nostra recensione.

A cura di Roberto Giacomelli

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