Torno da mia madre, la recensione

Nel 2014 il regista Eric Lavaine raccontava sui nostri schermi, con la commedia corale Barbecue, le sfumature scomode e paradossali dei rapporti d’amicizia. Due anni dopo, il cineasta d’oltralpe non rinuncia a indagare la complessità delle dinamiche interpersonali, ma sposta la propria sfera d’interesse direttamente nel centro nevralgico del nucleo familiare: il confronto madre/figlia.

Il duetto messo in scena da Lavaine in Torno da mia madre è tra una vedova ormai matura (Josiane Balasko) e la figlia quarantenne divorziata (Alexandra Lamy). Quest’ultima, Stéphanie, si ritrova di punto in bianco senza lavoro né un soldo, ed è costretta a chiedere ospitalità a mamma Jacqueline, che la accoglie di buon grado. La convivenza, tuttavia, non lascerà soltanto emergere la difficoltà di conciliare ritmi e abitudini ma susciterà anche l’invidia e il disappunto del fratello e della sorella di Stéphanie. Sentimenti covati a lungo e sul punto di esplodere nel corso di quella che dovrebbe essere una tranquilla cena in famiglia…

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Il ‘ritorno al nido’ di stagionati figliol prodighi è un fenomeno piuttosto diffuso in Francia, sintomatico tanto dell’attuale precarietà professionale e sentimentale quanto dell’inadeguatezza (o pigrizia?) dei cosiddetti adulti nel cavarsela da soli. Tale problematica, nella commedia in questione, diviene spunto per una riflessione sulla sfuggente ambivalenza che sottende spesso e volentieri ai legami tra consanguinei. Da giovani, infatti, si è incredibilmente ansiosi di emanciparsi dalla famiglia e prendere le redini della propria vita. Eppure, quando ciò accade e non tutto va come ci saremo aspettati, si corre ai ripari proprio in quella morbida coltre di protezione e sicurezza che è la casa paterna!
Siamo davvero cresciuti, sembra chiedere provocatoriamente Lavaine? O nel profondo resteremo sempre quegli adolescenti che si mostrano spavaldi ma, di fronte al primo ostacolo, ‘vogliono la mamma’?

E’ una questione che va a toccare dinamiche psicologiche spinose e delicate, ed è un vero peccato che il film non si mostri all’altezza delle attese costruite con premesse tanto interessanti.

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Torno da mia madre adotta la costruzione drammaturgica propria della commedia degli equivoci, lasciando però spazio anche a momenti meno goliardici, dedicati agli scontri tra i tre fratelli o agli sfoghi di Jacqueline. Sul versante della comicità, per lo più le cose funzionano. Il merito va esclusivamente alla strepitosa interpretazione di Josiane Balasko, mostro di bravura che salva con le sue sole forze un prodotto altrimenti piatto e soporifero. Ne sono esempio i bizzarri espedienti con cui cerca di nascondere la relazione con l’inquilino del piano di sopra, i tentativi d’imparare a usare i social network e, sopratutto, lo svolgimento della cena! Lavaine orchestra una sequenza spumeggiante, godibile e gustosa, confermandosi – come nel già citato Barbecue – accanito amante del connubio cinema-cibo come motore narrativo e veicolo di senso.

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Per contro, il film non presenta altri pregi degni di nota: si divide tra personaggi bidimensionali e affatto accattivanti; sottotrame scontate che, nel tentativo di allungare il brodo, accendono lo sbadiglio; dialoghi incolori e prevedibili.

Ci saremmo aspettati qualcosa di più di una storia che, malgrado una discreta comicità e una protagonista eccezionale, sostanzialmente si limita a affermare: ‘la famiglia è importante: vogliatevi bene, ma ognuno a casa propria’.

Nel complesso, un’occasione semi-sprecata per far luce, anche con l’ausilio di un registro brillante, sulle ragioni per cui una consistente fetta dei quarantenni di oggi non riesca a impugnare le forbici e recidere con decisione quel benedetto cordone ombelicale.
Torno da mia madre è in sala dal 25 agosto con Officine UBU.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Josiane Balasko: strepitosa e irresistibile.
  • Qualche momento di autentico e efficace divertimento.
  • Riflessione piuttosto noiosa e dagli esiti prevedibili su una tematica, al contrario, attuale e non priva di spessore.
  • Personaggi di cui ci si stanca – e dimentica – presto, eccezion fatta per mamma Jacqueline.
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