Venezia 72. Viva la sposa, la recensione

Viva la sposa è la seconda prova registica di Ascanio Celestini, artista eclettico da sempre impegnato in più campi, come i documentari, la scrittura ma soprattutto il teatro. Quest’ultimo ha una forte incidenza anche in Viva la sposa, dove il Quadraro, noto quartiere della periferia romana, sembra una scenografia a cielo aperto di brechtiana memoria. E tali appaiono gli attori che prendono parte al film, in bilico tra una recitazione verace (“alla romana”) ma allo stesso tempo straniante.

Il film in questione è un racconto corale, dove i personaggi più che incontrarsi si scontrano, letteralmente. Infatti sembra partire come una commedia scanzonata, quando la cruda realtà colpisce lo spettatore come un pugno nello stomaco: il protagonista Nicola (interpretato dallo stesso Ascanio Celestini) investe col proprio furgone un vecchio, Sabatino, che “per lavoro” inscena finti incidenti. Solo che stavolta ci rimette la vita.

A partire da questo momento intuiamo subito la china che va prendendo l’opera di Celestini; il regista infatti utilizza l’espediente, chiamiamolo così, del bastone e la carota, regalandoci scene contornate da una certa dose di humour che diventa improvvisamente nero e macabro. Chiaramente Celestini voleva mostrare senza edulcorazioni la dura realtà presente nella periferia romana, ma alcune delle scelte compiute in questo senso si rivelano, a lungo andare, troppo forzate. In svariati punti si ha l’impressione di assistere più a un concentrato di cronaca nera che ad un film vero e proprio.

Tutti i personaggi descritti in Viva la sposa presentano un rovescio della medaglia: nonostante non siano cattive persone, compiono cattive azioni. Sono dei poveri diavoli, degli eterni perdenti, nonostante provino a sollevarsi vengono buttati giù dagli ostacoli della vita. La differenza sta nella coesione e gli aiuti che si danno l’un l’altro: la compassione c’è, ed è un elemento forte nell’opera di Celestini, è un diamante in mezzo al letame. Un po’ come la Sposa Americana, bionda e virginale nel suo abito, che compare in tv tra le macerie di Roma e L’Aquila per dare un ristoro allo sguardo dei disperati. Ma la Sposa fa parte di un altro mondo, come la Spagna, dove vuole andare Sofia (interpretata da Alba Rohrwacher, alias la prezzemolina del cinema italiano), stanca di vedere sempre le stesse facce.

viva la sposa 2

Tra dolore e disincanto il film procede lungo un percorso di indubbia originalità, il cui principale merito è il discostarsi dal tipico buonismo all’italiana. Nonostante molte scene siano travolte da un’amarezza senza pari, bisogna riconoscerne dunque la distanza da un modello abusato; in questo mondo dagli echi pasoliniani non si giudica nessuno, la morale si lascia, se vogliono, agli spettatori.

Viva la sposa è in concorso alla 72° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Uscirà nelle nostre sale ad ottobre, distribuito da Parthénos.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
  • Il film presenta un’indubbia originalità, lontana da ogni buonismo di sorta.
  • Alcune scelte registiche si rivelano forzate, dando vita a un film che sembra più un concentrato di cronaca nera.
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