One Night in Miami, la recensione
Regina King inscena una conversazione mai storicamente avvenuta tra Cassius Clay, Malcolm X, Sam Cookie e Jim Brown.
Siamo a Miami, 1964, Clay ha appena vinto il titolo di Campione del Mondo dei Pesi Massimi a ventidue anni. Lui e i tre amici sopra menzionati decidono di festeggiare. Tutto bello se non che l’organizzatore è Malcom X. Astemio e poco dedito ai piaceri terreni, Malcolm invita tutti nella sua stanza d’hotel.
Da qui prenderà piede un confronto sul tema del razzismo.
Il confronto si basa su diverse prospettive che convergono su un solo tema: per emanciparsi gli afroamericani dovrebbero battere i bianchi competendo con loro secondo le regole dei bianchi stessi, o è più giusto stravolgere meccanismi già impostati?
Al di là di tutto, credo che la domanda non riguardi solo la discriminazione razziale, bensì i confronti in generale, o meglio la risoluzione dei conflitti.
Quante volte ci troviamo davanti a problemi derivanti dal fatto che qualcuno non la pensa come noi?
Andate a vedere One Night in Miami così da poter mettere in discussione i vostri pensieri sul tema.
Per il resto, il film, presentato fuori concorso alla 77^ Mostra del Cinema di Venezia, presenta attori abbastanza bravi (il migliore Kingsley Ben-Adir, nel ruolo di Malcolm X), scenografia ben curata, poche musiche.
Qui la musica è quella delle parole, e ancora una volta ascoltare il film in lingua originale cambia tutto (tranquilli lo potrete trovare su Amazon Prime).
La regia di Regina King è quella di un film che deve essere visto da molte persone; in tal senso è stata eseguita seguendo il cosiddetto “compitino”. Vista la tematica sarebbe stato interessante avere più giochi di specchi, ad esempio. Ma più che la regia in questo caso è importante la sceneggiatura.
Unica vera pecca di One Night in Miami è data dal fatto che la narrazione non riesce a coinvolgere adeguatamente lo spettatore medio. Specialmente se bianco. Facendo leva su una problematica ben specifica, e mostrando solo il punto di vista degli afroamericani senza prendere in considerazione anche le bestialità di alcuni bianchi razzisti, o se volete della casta che questi rappresentano, il confronto risulta incompleto. Se venisse analizzato solo il personaggio di Malcolm X allora ci potrebbe stare, ma avendo altri tre punti di vista da esplorare lasciarli incompleti contribuisce a renderli dei personaggi non così intelligenti.
Roberto Zagarese
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